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Posizionamento sui motori di ricerca e ranking di Google: cosa conta per la SEO nel 2019?

Stella Fumagalli

Tempo di lettura: 10′

Spesso confrontandoci con i clienti ci rendiamo conto che la SEO è percepita come una sorta di “formula magica” che – in modo più o meno immediato – permette di essere tra le prime posizioni offerte dal motore di ricerca.

Di frequente l’idea che si ha della SEO è ancora legata a ciò che questa pratica era agli inizi; tuttavia la Search Engine Optimization dai suoi albori è cambiata in modo radicale e comprendere questi cambiamenti è fondamentale per capire in che direzione andare con gli sforzi per ottenere maggiore visibilità sui motori di ricerca.

Andiamo quindi a vedere brevemente com’era la SEO ieri, com’è la SEO oggi e quali sono gli accorgimenti SEO che davvero fanno la differenza nel 2019!

La SEO nel passato

La Search Engine Optimization nasce nella metà degli anni ‘90: il ranking dei siti web si basava su criteri estremamente semplici, ad esempio veniva data visibilità alle pagine che contenevano le keyword cercate dagli utenti a fronte di una determinata ricerca e venivano presi in considerazione i collegamenti ipertestuali (PageRank).

Questo sistema però era molto facile da aggirare per ottenere in modo sleale le prime posizioni: nacque così il fenomeno del keyword stuffing e si diffusero le pratiche di black hat seo.

Il risultato?

Le prime posizioni dei motori di ricerca spesso erano occupate da pagine che non davano una vera risposta alla richiesta dell’utente, quindi i risultati forniti dal motore non erano adeguati per soddisfare la necessità di chi effettuava la ricerca.

Per questo motivo fu ben presto evidente che bisognava indicizzare le pagine web utilizzando criteri più complessi che prendessero in considerazione altri fattori oltre le keyword ed i collegamenti, e che era necessario individuare e penalizzare chi realizzava pratiche scorrette.

Gli inizi del 2000 videro il sopravvento di Google sugli altri motori di ricerca: in questi anni è proprio Google a pubblicare una serie di linee guida per il white hat seo; tuttavia non si trattava di veri e propri obblighi da rispettare per ottenere maggiore visibilità ma solo di consigli e, per questo, non vennero presi molto in considerazione.

Di conseguenza il problema della qualità dei risultati proposti nelle prime posizioni continuava a persistere: Google decise quindi di passare all’azione introducendo nuovi algoritmi via via più severi e di prendendo in considerazione vari elementi per stabilire la visibilità di un sito internet (nel 2016, qui sul nostro blog, avevamo parlato anche noi di Rankbrain, un aiutante artificiale per Hummingbird, l’algoritmo “madre” con cui Google decide cosa mostrarci a fronte della nostra ricerca).

Grazie a un rapido susseguirsi di cambiamenti (tra cui ricordiamo i grandi update come Google Panda e Google Penguin) la SEO smetteva di essere solo keyword e passava ad essere molto di più.

La SEO oggi

La nostra panoramica storica non ha l’obiettivo di essere esaustiva ma di fornire una serie di dati che permettano di farsi un’idea del perché la percezione della SEO oggi è spesso ancora legata a ciò che questa pratica era ai suoi inizi, mentre lo scenario oggi è molto più complesso e sfaccettato.

Cosa conta, quindi, nella SEO attuale?

Sono tanti i fattori che determinano il ranking di Google e che fanno la differenza nella visibilità di una pagina web, ma ce n’è uno in particolare di cui abbiamo parlato spesso: i contenuti.

Proprio per essere sicuri di fornire agli utenti la risposta più utile e pertinente alla loro di ricerca l’algoritmo di Google premia i contenuti che hanno una serie di caratteristiche:

  • sono aggiornati
  • sono periodici
  • sono autorevoli (si appoggiano a siti e informazioni qualificati e competenti)
  • sono dettagliati (come i pillar article; la lunghezza consigliata di un post del blog per essere rilevante a fini SEO è di circa 1600 caratteri almeno)
  • contengono link a fonti autorevoli
  • utilizzano immagini pertinenti e ottimizzate, non pesanti
  • riguardano argomenti di alto interesse per gli utenti (in un determinato campo)
  • hanno un titolo e una formattazione del testo adeguati
  • sono in primo luogo utili per gli utenti (poi, se nell’essere utili per le persone, si “agevola” Google attraverso tecniche SEO, tanto meglio)

Cos’altro – oltre ai contenuti – è importante agli occhi di Google in termini SEO? Tra i fattori (on page e off page) che abbiamo menzionato spesso anche in passato, troviamo:

  • la velocità di caricamento della singola pagina web
  • la compatibilità con i dispositivi mobile
  • la presenza di backlink di qualità

Quelli che abbiamo appena visto sono fattori che incidono in modo diretto sull’ottimizzazione per i motori di ricerca, ma ne esistono anche altri che influenzano la SEO in modo indiretto, ad esempio:

  • la diffusione dei contenuti sui canali social (quanto più un contenuto viene condiviso sui social e la gente parla di noi più ciò che ci riguarda viene premiato da Google)
  • Google Ads ed investimenti pubblicitari online e offline (le pubblicità a pagamento possono fare molto per la notorietà di un brand; se, in seguito a una buona campagna pubblicitaria, il marchio comincia ad essere molto cercato dagli utenti anche il posizionamento naturale crescerà)
  • corretto impiego degli strumenti per l’analisi del sito, partendo dal diffusissimo Google Analytics: questa risorsa è importantissima per monitorare l’andamento del sito web e le ricerche degli utenti in modo tale da intervenire proattivamente di conseguenza e migliorare il posizionamento attraverso interventi mirati

SEO nel 2019: cosa fa la differenza?

Ci sono alcuni aspetti che stanno diventando man mano più importanti per il posizionamento sui motori di ricerca e di cui bisogna tenere conto nella SEO del 2019; questi fattori sono:

  1. l’aumento delle ricerche vocali
  2. la crescente importanza del protocollo https
  3. la crescente importanza dell’UX (esperienza utente) d’insieme
  4. la disponibilità di una versione AMP del contenuto
  5. l’implementazione della tecnologia PWA
  6. le menzioni del marchio e il sentiment

Andiamo a vedere questi punti uno per uno per comprendere qual è la loro importanza nell’ottica dell’ottimizzazione per i motori di ricerca.

1) Aumento delle ricerche vocali

Alla fine del 2018 si è registrata una crescita del 200% in più rispetto alla fine del 2017 per quanto riguarda la vendita dei dispositivi per il comando vocale e si calcola che – entro il 2022 – circa il 55% degli elettrodomestici avrà un dispositivo per il comando vocale integrato.

Questi numeri fanno capire che ottimizzare i risultati per le ricerche vocali è sta diventando sempre più fondamentale per assicurarsi un buon posizionamento sui motori di ricerca; l’utilizzo della voce per effettuare delle ricerche va ad influire sul numero di ricerche a cui una risorsa può ambire.

Ottimizzare un sito per le ricerche tradizionali (digitate) e farlo per le ricerche vocali non sempre dà gli stessi risultati; nell’ottica dell’ottimizzazione per le ricerche vocali (VSO – Voice Search Optimization) quali sono gli accorgimenti da tenere in considerazione?

  • utilizzare nomi e domini facili da pronunciare
  • utilizzare keyword longtail
  • inserire nel testo possibili domande che gli utenti potrebbero fare (e alle quale il nostro contenuto può dare risposta)
  • utilizzare frasi che riflettono il modo di parlare degli utenti
  • costruire il contenuto in modo tale che Google abbia più chance di riconoscerlo come featured snippet
  • local seo: molte delle ricerche vocali contengono l’espressione “qui vicino” (“qual è la migliore pizzeria qui vicino?”)

2) Crescente importanza del protocollo https

Da luglio del 2018 i siti che non hanno implementato il protocollo https (e che sono quindi rimasti ancora all’http) vengono contrassegnati da Google come “non sicuri”.

Https è la versione “sicura” del protocollo http: la s finale sta per “secure” e indica che qualsiasi scambio di informazioni tra il browser e il sito è criptato.

Google aveva comunicato la decisione di utilizzare il protocollo https come fattore di ranking già nell’agosto del 2014; perché, allora, ne parliamo ancora nel 2019?

Perché piano piano la maggior parte dei siti web si sta adattando e sono sempre di meno i siti a non essere ancora passati a un protocollo https: per questo motivo chi non l’ha ancora fatto rischia di essere sensibilmente penalizzato in termini di visibilità da Google, e ne risente anche come affidabilità e sicurezza percepite dagli utenti.

3) Importanza dell’esperienza utente

La user experience (UX) fa riferimento proprio all’esperienza vissuta da un utente nell’interagire con un sistema (pagina web, applicazione, programma,etc.); ad occuparsene è – anche – l’UX Designer che si prende cura della relazione con un sistema ed il raggiungimento di un obiettivo: in base alle risorse disponibili e tenendo in considerazioni i portatori d’interesse del progetto, ricerca e progetta l’esperienza che le persone vivranno, cercando di renderla il più possibile positiva.

Perché una buona esperienza utente è importante in ottica SEO? Offrire una buona user experience significa rendere la vita facile agli utenti permettendo loro di trovare senza difficoltà ciò che stanno cercando e questo – di conseguenza – ha un effetto positivo su molti dei parametri che Google e gli altri motori impiegano per determinare il ranking di una pagina (frequenza di rimbalzo, tempo di permanenza, struttura delle URL, titoli e struttura dei menu, etc.).

In questo caso è però necessaria una precisazione: mentre alcuni fattori sono importanti sia per la user experience sia per il posizionamento (ad esempio la velocità di caricamento di un contenuto), altre volte non è possibile mettere d’accordo la necessità di offrire una buona esperienza utente con l’esigenza di integrare elementi utili per la SEO.

In questo caso è necessario soppesare le opzioni a nostra disposizione e fare una scelta, decidendo se dare maggiore importanza all’esperienza utente o alla SEO.

4) Rendere disponibile una versione AMP del contenuto

Nel 2019 un aspetto tecnico che conta e che bisogna tenere in considerazione è la possibilità di mettere a disposizione una versione AMP del proprio contenuto, soprattutto per i siti di notizie.

AMP è l’acronimo di Accelerated Mobile Pages: l’obiettivo di questo progetto è quello di creare pagine di contenuto che si caricano in maniera istantanea da mobile nonostante la presenza di elementi pesanti come grafiche o video.

Perché le AMP sono importanti in ottica SEO?

  • per la loro velocità di caricamento
  • perché Google dà maggiore evidenza ai contenuti AMP e quindi vengono maggiormente cliccati

Il progetto AMP è open source, quindi tutti lo possono utilizzare gratuitamente (non solo, è anche possibile modificarlo): per creare la versione AMP di una pagina HTML, per esempio, basta seguire le linee guida sul sito del progetto; per creare la versione AMP di un WordPress, invece, è conveniente scaricare un plugin.

5) Implementare la tecnologia PWA

Fonte immagine: https://developers.google.com/web/progressive-web-apps/

PWA è l’acronimo di Progressive Web App, strumenti “a metà strada” tra le app e i siti internet con caratteristiche molto interessanti:

  • sono responsive
  • possono essere eseguiti da qualsiasi browser
  • i motori di ricerca accedono facilmente ai loro contenuti
  • funzionano anche offline
  • non richiedono installazione
  • sono sempre aggiornati
  • permettono l’invio di notifiche push (aumento dell’engagement)

Tutti questi fattori garantiscono un’ottima esperienza utente e, come abbiamo già visto, puntare sulla UX ha effetti positivi anche sulla SEO.

6) Brand, menzioni e sentiment

A fini SEO per Google è importante imparare a conoscere il nome del brand come un’entità e, per farlo, si basa sulle menzioni che un certo brand riceve online.

Per menzioni si intende la presenza del nome del marchio online, senza che questo sia necessariamente linkato a un contenuto; è quindi importante presidiare diversi luoghi della rete (blog, social, forum, etc.) in modo che il brand venga menzionato quante più volte (senza forzature).

Quando Google vede che il nome del nostro brand compare spesso online, impara che quel nome fa riferimento – appunto – a una marca a cui dare visibilità poiché popolare.

Un’altra cosa che Google è in grado di fare ed è stabilire la reputazione che un brand ha online (analizzando il contesto nel quale il nome del brand appare); anche il sentiment – quindi – diventa un importante fattore di ranking che va tenuto in considerazione (se il nome di un brand appare diverse volte ma sempre in contesti negativi, non verrà premiato in termini di visibilità).

In conclusione

E chiaro che per Google il fattore determinante a fini SEO nel 2019 è (e anche nel futuro sarà sempre di più) la qualità dei contenuti che offriamo.

Di fondo il fatto che Google migliori continuamente nell’indicizzare i contenuti di valore e penalizzare quelli scadenti si traduce in una semplice considerazione: i trucchetti funzionano sempre meno, la qualità premia sempre di più.

Qualcosa di analogo accade anche nel content marketing: fare tanti contenuti di “poco valore” (post brevi e acchiappa-click, fatti senza competenza reali, etc. ) porta poco lontano.

Facciamo un paragone per capire come si è evoluta la situazione: una volta rapinare le banche era un’impresa tutto sommato “facile”; bastava indossare un passamontagna e – se tutto andava liscio – il ladro usciva, cambiava città e spariva nel nulla.

Fonte immagine: https://scrooge-mcduck.fandom.com/wiki/Beagle_Boys_(DuckTales)

Oggi un rapinatore non potrebbe farla franca così facilmente: tra analisi del DNA, riconoscimento della struttura facciale, riconoscimento dell’andatura, telecamere, etc. il rapporto costi / benefici di un’attività come rapinare le banche è decisamente più sfavorevole.

Con Google succede la stessa cosa: le scorciatoie facili per essere tra i primi risultati del motore di ricerca sono impraticabili, quelle complicate richiedono sforzi notevoli, ma – a quel punto – già che ci stiamo sforzando (magari investendo cifre importanti) non è meglio farlo nella direzione giusta concentrandosi sui fattori che hanno valore a lungo termine?

La vera sfida nel 2019 è creare esperienze di valore che non si limitino solo al contenuto tradizionale, ma anche a servizi utili, stando attenti alle scorciatoie.

Cosa intendiamo con “esperienza di valore”? Facciamo un esempio.

Nel 2017 Google ha lanciato il loading dinamico della funzionalità “People also ask” (in italiano “Le persone hanno chiesto anche”): si tratta di quel box che appare sotto i primi risultati offerti dal motore proponendo una selezione di altri possibili argomenti di interesse legati alla ricerca che abbiamo fatto.

Il caricamento dinamico propone delle domande correlate e per vedere la risposta non veniamo reindirizzati a un sito (come accade nelle ricerche correlate tradizionali, come quelle dell’immagine precedente), ma ci basta cliccare sulla domanda affinché si apra direttamente una finestra nella quale visualizziamo la risposta sotto forma di snippet (in questo articolo c’è un video che mostra tutto il procedimento).

In questo modo Google ha soddisfatto gli utenti tenendoli agganciati al suo sito attraverso un’esperienza di qualità (che poi questo non faccia bene ai siti che pubblicano quei contenuti è un altro discorso).

Detto questo, gli aspetti tecnici della SEO comunque contano, eccome; impostare i contenuti nella maniera adeguata, formattandoli in modo che siano apprezzati da Google, utilizzabili come snippet e stando attenti ai dati strutturati (rich data) è comunque fondamentale per il buon posizionamento di un contenuto, anche nel 2019.