Essere presenti in internet con un sito web, un blog, un ecommerce o semplicemente con i nostri profili social non è abbastanza per essere visibili al pubblico: essere ben posizionati su una keyword importante ci può portare un elevato traffico di persone che – altrimenti – dovremmo acquistare (con Google Ads, sponsorizzando i post sulle piattaforme social, etc.).
Facciamo un esempio e prendiamo la ricerca “brufoletti neonati”: se cerchiamo in Google vediamo che il secondo risultato organico è una pagina del blog che scriviamo per il nostro cliente ProntoPannolino, con un approfondimento sul fenomeno dell’acne neonatale.
In questo caso la nostra visibilità è praticamente massima e abbiamo ottenuto la seconda posizione senza pagare in termini di pubblicità, ma utilizzando solo il contenuto di quel determinato articolo del blog che è stato costruito ad hoc utilizzando degli accorgimenti SEO e offrendo una serie di informazioni utili e rilevanti per gli interlocutori.
SEO vs storytelling o SEO & storytelling?
Quando parliamo di SEO pensiamo subito ad algoritmi, keyword e tecnicismi, tutti elementi che a volte vengono visti un po’ come gli ingredienti della “pozione magica” che – una volta somministrata al nostro sito web – lo farà schizzare automaticamente in testa ai risultati del motore di ricerca.
Ma l’algoritmo di Google si è evoluto in modo tale da dare sempre più importanza alla componente umana: il contenuto deve risultare interessante e rilevante per le persone, non per i robot; quindi nello scrivere i testi bisogna sì prestare attenzione agli accorgimenti SEO che permettono ai contenuti di ottenere maggiore visibilità, ma bisogna pur sempre avere in mente il dialogo con i nostri interlocutori.
Non serve a nulla padroneggiare le tecniche SEO più sofisticate e posizionarsi tra i primi risultati se gli utenti che arrivano sulla nostra pagina trovano un testo artificiale, incomprensibile, uno strumento tutt’altro che utile: questa risorsa fa bene alla nostra conversazione con il mercato?
Dall’altra parte e in ugual modo è del tutto inutile scrivere un testo bello, emozionante, redatto perfettamente ma contravvenendo alle più basilari regole di posizionamento: il risultato sarebbe che questa bellissima storia risulterebbe invisibile sui motori di ricerca e sarebbe impossibile trovarla a meno di non avere l’indirizzo di quella determinata pagina web.
Presi separatamente, quindi, SEO e storytelling hanno certe debolezze che li rendono poco adatti il primo agli occhi degli utenti e il secondo a quelli del motore di ricerca: se si riesce a farli collaborare, però, il risultato è molto interessante.
SEO e storytelling: solo keyword e storie?
E’ senz’altro vero che la SEO è un’attività piuttosto tecnica ma è altrettanto vero che quello che conta è il giusto compromesso per arrivare al risultato (essere visibili sui motori di ricerca) senza perdere di vista gli obiettivi di business e senza dedicare tutte le energie alla componente più tecnica.
La SEO, però, non è solo keyword e algoritmi: tra le componenti in grado di determinare significativamente il posizionamento di un sito web c’è la struttura interna del sito stesso, i link che troviamo nel testo (e che rimandano a pagine interne o pagine esterne), i contenuti che pubblichiamo sui nostri profili social…
Allo stesso modo il corporate storytelling non si limita ai testi e alle storie che possiamo raccontare sul nostro sito, blog o piattaforma social; la comunicazione aziendale può avvenire anche attraverso video, presentazioni, infografiche…
Tra tutte le tecniche di storytelling aziendale quella più “immediata” e che richiede meno l’ausilio di risorse esterne (e risulta, quindi, più “economica”) è la creazione di testi e contenuti; per questo motivo in questo approfondimento ci concentreremo su questo aspetto nonostante i consigli che daremo siano applicabili anche alle altre espressioni del corporate storytelling.
Per ricapitolare, quindi, abbiamo visto che la SEO è un insieme di pratiche più tecniche il cui obiettivo è “parlare” ai motori di ricerca; lo storytelling invece è un insieme di attività rivolte agli interlocutori in carne e ossa ma svolge anche l’importante funzione di “ponte” in grado di unire ciò che interessa agli utenti e ciò che interessa ai motori di ricerca (win-win!).
Come conciliare quindi storytelling e SEO? E in che modo – di conseguenza – il corporate storytelling ci aiuta ad aumentare la nostra visibilità sui motori di ricerca?
Più click = Più visibilità
Possiamo facilmente affermare che l’obiettivo di chiunque (o quasi) abbia una pagina web sia apparire tra i primissimi risultati di Google: questi sono ovviamente quelli che ottengono maggiore visibilità ma non è automatico che vengano sempre cliccati da chi fa una ricerca.
Facciamo un esempio: siamo appassionati di cucina e cerchiamo su internet la ricetta per preparare gli gnocchi alla romana; nelle primissime posizioni vediamo comparire i portali gastronomici più popolari ma, qualche risultato più sotto, riconosciamo il blog di un cuoco amatoriale che pubblica le sue idee e i suoi piatti. Conosciamo il suo blog perché ci piace molto come cucina e come racconta le sue ricette, quindi abbiamo usufruito spesso dei suoi contenuti.
Sebbene questo blog non sia in prima (né in seconda, né in terza…) posizione e nonostante sia molto meno famoso rispetto ai grandi portali di cucina decidiamo di cliccare sulla sua pagina.
Se questo comportamento venisse messo in pratica in maniera costante da un certo numero di utenti (che arrivano a conoscere quel blog e a preferirlo nelle loro ricerche di cucina) il sito in questione acquisterebbe parecchio valore agli occhi di Google che, di conseguenza, lo premierebbe facendolo salire in termini di posizionamento.
Qual è la morale? In questo caso immaginiamoci di essere noi quel cuoco amatoriale: siamo riusciti ad aumentare la nostra visibilità pubblicando con periodicità materiale utile, interessante, ben raccontato.
Per questo è importante che la nostra azienda si racconti e lo faccia pubblicando materiale informativo che dia valore ai nostri interlocutori: in questo modo aumenteranno le nostre possibilità di essere riconosciuti come utili e autorevoli, e di essere cliccati.
Scrivere storie memorabili e utili farà in modo che gli utenti si ricordino di noi e preferiscano il nostro contenuto a quello degli altri: in questo modo non si instaura solo un rapporto con gli interlocutori ma aumenta anche il click-through rate (la percentuale di clic) e, di conseguenza, la nostra visibilità.
Snippet e titolo nelle SERP
Lo snippet è ciò che il motore di ricerca mostra di un risultato (il titolo, la descrizione, etc.)
Il titolo di un articolo, di un post o di un approfondimento fanno una differenza enorme: magari non siamo fra le primissime posizioni per una determinata ricerca ma il nostro snippet è comunque in grado di attirare i visitatori in maniera efficace grazie a un titolo e una descrizione particolarmente riusciti.
In questo modo crescono le possibilità di venire cliccati dagli utenti e, nel lungo termine, crescono anche le chance di arrivare a essere tra i primissimi (se non i primi in assoluto) risultati della pagina di Google.
Siamo già il primo risultato della pagina di Google per una particolare ricerca e, in più, il nostro snippet è particolarmente efficace? Non possiamo chiedere di più: in questo modo siamo in grado di difendere la nostra posizione dagli attacchi dei concorrenti che si trovano sotto di noi.
Farsi linkare dagli altri
Abbiamo detto spesso che è importantissimo inserire nei testi che scriviamo link che rimandino ad altre sezioni del nostro sito o a pagine esterne autorevoli e che risultino rilevanti rispetto ciò di cui stiamo scrivendo.
Altrettanto importanti (ma meno facili da controllare) sono i backlink, ovvero i link che dalle pagine esterne rimandando ai nostri contenuti: essere linkati da terzi agli occhi di Google ci rende più autorevoli e credibili, di conseguenza la nostra visibilità sul motore aumenta.
Come fare per essere linkati da terzi?
C’è un’intera industria dietro alla pratica (penalizzata da Google) dei link a pagamento: come se fosse un eterno gioco a guardia e ladri, Google vieta di mettere in atto questa pratica, i suoi divieti vengono sistematicamente ignorati (anche da portali importanti), Google se ne accorge e penalizza il sito in questione e così all’infinito.
Siamo consapevoli che questa sia la realtà dei fatti ma è una strada che non suggeriamo e, se venisse presa, una decisione che non appoggiamo.
La maniera più corretta di influenzare le decisioni altrui e spingere altre pagine a linkarci è offrire contenuto di qualità, utile e interessante che si basi a sua volta su informazioni autorevoli.
Farsi raccontare dagli altri
Lo storytelling apre il dialogo con i giornalisti che desiderano raccontare storie di successo: un esempio di cui abbiamo già parlato riguarda Berto Salotti, un’azienda artigiana di Meda (MB) specializzata nella produzione di divani su misura che è diventata un case study internazionale per essere riuscita grazie alla pubblicità online, a YouTube e all’inbound marketing a quadruplicare i suoi ricavi, quintuplicare i suoi dipendenti e a trovare clienti ai quattro angoli del globo.
La sua storia di successo è stata ripresa e raccontata da tantissime testate giornalistiche: Il Sole 24 Ore, Corriere della Sera e Repubblica sono solo alcuni esempi.
Grazie a questi articoli Berto Salotti ha ottenuto link ad altissimo valore che hanno aiutato (ancora di più) la sua visibilità.
Condivisioni dei contenuti sui social
Che i nostri utenti condividano i post che pubblichiamo sulle nostre pagine social non è solo una questione di vanity metrics: non si tratta unicamente di veder salire il numero di “share” sotto al post ma di rendersi conto che le condivisioni aumentano esponenzialmente la potenziale visibilità di un’azienda.
Il post che viene condiviso (e di conseguenza il suo autore) è visibile non solo dal pubblico che abbiamo pagato per poter raggiungere, ma anche dai contatti delle persone che hanno condiviso quel contenuto.
Se mettere un like a un post è un’azione che di solito facciamo a cuor leggero, senza pensare né implicarci troppo, per condividere un contenuto è necessario un livello di coinvolgimento decisamente maggiore: l’utente deve sentirsi identificato con ciò che condivide, dev’essere un contenuto che lo fa sentire intelligente, informato, un contenuto che fa riflettere, ridere, sognare… insomma, in grado di suscitare un’emozione.
Uno storytelling efficace quindi ha risultati positivi anche sulla nostra strategia social: Google è in grado di capire se il contenuto pubblicato su una piattaforma social sta piacendo agli utenti e ne tiene conto nel posizionamento.
Contenuti interessanti = user engagement (coinvolgimento dell’utente)
Cosa intendiamo per user engagement? E’ l’opinione che un utente si costruisce di un sito internet o un servizio online, il modo in cui interagisce con il contenuto (lasciare un commento, condividerlo con un amico, etc.), il grado di “coinvolgimento” di una persona in relazione con la pagina.
Questo “coinvolgimento” porta appunto l’utente a voler spendere del tempo su un determinato contenuto, a tornarci, a consigliarlo, condividerlo, interagirci…
Perché lo user engagement è importante per la visibilità di un sito?
Come abbiamo già detto in precedenza l’algoritmo di Google premia i contenuti più rilevanti per gli utenti con l’obiettivo di offrire a chi naviga i migliori risultati per la ricerca che hanno fatto.
Come fare per aumentare lo user engagement grazie ai contenuti che scriviamo?
- Costruiamo titoli efficaci, in grado di interessare e incuriosire
- Serviamoci dello storytelling per creare un racconto che l’utente abbia voglia di leggere fino alla fine
- Scriviamo contenuti utili, ricchi di valore, appoggiandoci a fonti autorevoli
- Diamo le informazioni poco a poco, ben distribuite nel testo e facili da trovare in modo tale che i nostri utenti trovino risposta al dubbio che li ha portati a fare una determinata ricerca (l’ideale è usare il metodo della piramide rovesciata che consiste nell’organizzare le informazioni mettendo per primi i concetti principali e proseguendo poi con i dettagli in ordine di importanza).
Se i contenuti che produciamo vengono fruiti (nei caso di testi, quindi, se vengono letti) mantenendo gli utenti sulla pagina Google passerà a considerarli contenuti interessanti e li mostrerà prima tra i risultati.
Ci sono alcuni escamotage per aumentare il tempo di permanenza degli utenti su una pagina: uno di questi, per esempio, è inserire un video (prendendosi il tempo di guardarlo – se fatto bene – chi visita quella pagina vi starà per più tempo).
Anche qui, però, conta la sostanza: tempi di permanenza tenuti alti “artificialmente” non fanno bene a nessuno, né agli interlocutori che non percepiscono nessun valore aggiunto né all’azienda che non ha nessun ritorno reale in termini di user engagement.
Diversificare il traffico e i formati
Per Google non è importante solo il tipo e la qualità dei contenuti che offriamo ma anche in che modo distribuiamo questo contenuto: per premiare il dialogo multicanale e il tentativo di essere utili su più fronti, Google mette in evidenza le risorse che vengono proposte attraverso canali diversi (pagine del sito, blog, social, newsletter…) dando maggior valore alle visite che arrivano da percorsi diversi.
Lo storytelling ci permette poi di rielaborare il materiale che abbiamo e convertirlo, per esempio, in video con strumenti facili e spesso gratuiti: in questo modo possiamo aprire un canale YouTube ed essere presente con i nostri contenuti anche sottoforma di video.
Poi, magari, lo stesso contenuto lo riproponiamo di nuovo creando una presentazione con SlideShare, e un’altra volta con un’infografica… Perché diventa così importante prendere lo stesso contenuto e “tradurlo” a formati diversi?
Perché in questo modo abbiamo maggiori possibilità di essere presenti con più risultati per la stessa SERP: prendiamo ancora la nostra ricetta degli gnocchi alla romana.
Se il cuoco in questione avesse spiegato la ricetta nel suo blog ma avesse fatto anche un video caricato sul suo canale YouTube e poi avesse fatto una diretta Facebook cucinando quella ricetta potrebbe uscire in tre posizioni diverse per la ricerca “ricetta gnocchi alla romana”, togliendo spazio ai suoi concorrenti.
In conclusione
Abbiamo visto che si può puntare sul SEO più tecnico anche senza ricorrere allo storytelling ma anche che riuscire a combinare queste due tecniche porta a risultati vincenti per migliorare la conversazione delle aziende con il proprio pubblico di riferimento.
In sostanza, quindi, dobbiamo sempre ricordarci che i nostri destinatari principali sono proprio i nostri interlocutori: è per loro che stiamo scrivendo, non per un robot.
Tuttavia per fare in modo che il nostro pubblico ci trovi e poter quindi essere utili dobbiamo essere in grado di farci trovare: ecco quindi che i consigli SEO di cui abbiamo parlato in questo post entrano in gioco per raggiungere il risultato.