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Analisi del sito web aziendale: le cose utili da sapere di Google Analytics e altri strumenti!

Alessandro Fumagalli

Tempo di lettura: 13′

Nel 2018 sono ormai tante le aziende che hanno compreso le potenzialità offerte dall’avere un proprio sito internet.

(tante, anche se ancora 37 su 100 in Italia stanno rinunciando ad averne uno secondo un’indagine piuttosto recente di Doxa e Groupon)

Se questo aspetto è importante lo è altrettanto saper interpretare i dati che attraverso il sito – e gli strumenti di monitoraggio che possiamo integrare in esso – siamo in grado di raccogliere giorno dopo giorno.

La pagina dei contatti (quando c’è) è la porta di ingresso che offre in maniera molto concreta la percezione della forza di un sito internet: se un potenziale cliente ci contatta compilando la scheda contatti con i propri dati, o ci telefona dicendo “ho visto il vostro sito e…”, è chiaro che il sito è stato utile nel processo di acquisizione del cliente.

Esistono però anche altri strumenti in grado di aiutarci ad avere il polso di cosa ha fatto (e visto) chi è arrivato sulle nostre pagine, e di analizzare questi dati anche in forma aggregata.

Uno dei più completi (e, anche per questo, utilizzati) è Google Analytics: ne avete già sentito parlare?

Google Analytics è uno strumento che mette a disposizione tutta una serie di dimensioni e metriche utili per comprendere come le persone si relazionano con il nostro sito ed in base a questo fare delle scelte strategiche che impattano non solo il sito ma il nostro business nel suo insieme.

Google Analytics è gratuito, almeno nella sua versione “storica” (che è quella di cui parleremo in questo post)

Successivamente Google ha creato anche una versione ancora più completa, Analytics Solutions, che integra anche il supporto di alcuni specialisti messi a disposizione delle aziende che vogliono farsi aiutare nell’analisi dei dati per pianificare le proprie strategie di sviluppo: in questo caso, però, ci sono dei costi da affrontare.

Sempre a questo proposito, poi, segnaliamo Google Data Studio (anche in questo caso con la doppia versione, gratuita e a pagamento), un progetto che promette di trasformare i dati aziendali (compresi quelli relativi al sito) in viste sintetiche più semplicemente comprensibili e analizzabili, sempre nell’ottica di migliorare il proprio business

Cosa ci dice Google Analytics?

Grazie a Google Analytics possiamo vedere, per esempio:

  • quante persone hanno visitato il nostro sito,
  • quando lo hanno fatto,
  • cosa hanno visto e dove si sono soffermate più a lungo,
  • da quale pagina lo hanno lasciato per fare altro,
  • etc.

L’elenco potrebbe continuare molto a lungo, tante sono le risorse offerte da Google Analytics, ma in questo post vogliamo aiutare chi ancora non usa questo strumento partendo da concetti e funzioni base, sufficienti per iniziare a trarre utilità da questa risorsa.

Poi si può fare molto altro, anche se è richiesto un ulteriore impegno per arrivare a conoscere meglio questo strumento e a valutare adeguatamente i dati che è in grado di fornirci.

Il sito ha integrato Google Analytics?

Anzitutto, è importante sapere se nel nostro sito internet è stato integrato il codice (tipicamente JavaScript) di Google Analytics che permette di tracciare le visite e il comportamento dei visitatori: possiamo chiederlo a chi il nostro sito lo ha materialmente realizzato (in genere un’agenzia web), oppure verificarlo in autonomia seguendo le indicazioni offerte da Google stessa in questa pagina del centro di assistenza.

(A proposito, in fase di impostazione è utile tenere presente che nella raccolta dei dati di chi visita il sito c’è – naturalmente – un discorso di privacy da considerare: Analytics ci permette, se vogliamo, di raccogliere informazioni personali come età, sesso e altre che possiamo usare a fini di remarketing, è necessario informare i visitatori delle informazioni che si stanno tracciando)

A questo punto è importante recuperare le credenziali di accesso al proprio account di Google Analytics, o farsi dare i privilegi da chi materialmente lo ha integrato.

Fatto questo, possiamo accedere alla console di Google Analytics, raggiungibile dall’apposito sito o anche comodamente consultabile attraverso l’app dedicata (disponibile sia per iOS che, naturalmente, nel Play Store Google).

Una volta dentro non dobbiamo farci spaventare dalla mole (enorme) di dati, perché se tutti sono utili a capire come tipicamente si muove chi arriva sul nostro sito (da dove arriva, dove si ferma, dove esce…), ne bastano alcuni per farsi un’idea di massima degli aspetti su cui siamo più – o meno – forti.

Desktop, tablet o smartphone?

che dispositivo hanno usato gli utenti del nostro sito Ultimoprezzo.com nell’ultima settimana? Ecco la risposta

Una metrica importante è quella dei dispositivi con cui è stato visitato il sito (che si può raggiungere dal menù Pubblico > Dispositivo mobile > Panoramica): questa ci dice che parte degli utenti lo hanno visto da un computer, parte da uno smartphone o da un tablet.

Perché è importante? Perché se il nostro sito non è stato ottimizzato per la visualizzazione multidispositivo, ma è stato pensato (magari qualche anno fa) guardando solo a un accesso da computer, la sua resa in termini di visualizzazione ed esperienza d’uso ne risentirà negativamente.

Sarebbe una situazione a cui cercare di rimediare quanto prima, perché le statistiche dicono che ormai 6 persone su 10 in Italia navigano pressoché unicamente da smartphone e tablet (e questa percentuale è in continua crescita).

Tutto questo senza dimenticare che da luglio 2018 Google attiverà l’indice mobile-first, per cui la composizione delle pagine di risultato dei motori di ricerca (SERP) si baserà principalmente sulle versioni mobile dei diversi siti.

Considerare i dati senza tenere conto di questi aspetti può rappresentare un grosso errore strategico: se il nostro sito non è ottimizzato, infatti, rischia di essere poco visibile e quindi portarci meno visitatori di quelli che potrebbe.

I dati sulla localizzazione delle visite

Da questo diagramma possiamo sapere dove si trova chi visita il nostro sito: ecco i dati di Ultimoprezzo.com di fine gennaio 2018

Ancora, per una PMI che si interfaccia con il mercato interno ma anche con quello internazionale, è utile sapere quante sono le visite che arrivano sul sito dall’Italia e quante quelle dall’estero, e da quali Paesi o aree geografiche provengono.

Anche questo si può scoprire molto agilmente (dal menù Pubblico > Dati geografici > Località, fino al dettaglio della regione e addirittura della città di provenienza) e ci permette di conoscere dati che possono avere un impatto significativo anche rispetto al posizionamento di un’azienda nel suo complesso.

Se tante visite arrivano da una certa zona, i dati di Google Analytics diventano anche un utile spunto per chiedersi come l’azienda la sta presidiando (o scegliere di cominciare a farlo), se il distributore presente in quel territorio sta riuscendo a intercettare le tante richieste oppure fatica, e magari fatica proprio perché il sito non lo aiuta ad avere la giusta visibilità, eccetera.

Le metriche “base” per saper leggere Google Analytics

Altri dati che Google Analytics propone (e già in prima battuta) sono quelli relativi agli utenti, alle sessioni, ai canali di traffico e alle pagine viste. Cosa possono dirci questi numeri?

  • Utenti: indica quante sono le persone che, in un dato periodo (che possiamo sempre impostare a nostro piacimento), sono arrivate sul nostro sito. E’ possibile andare più nel dettaglio e scoprire, per esempio, quanti di questi sono nuovi visitatori e quanti, invece, sono “di ritorno”, ossia che in passato sono già “atterrati” su una pagina del nostro sito.
  • Sessioni: corrisponde ai gruppi di azioni fatte da un singolo utente sul sito in un dato arco di tempo. Se per esempio qualcuno arriva in homepage, passa a guardare l’elenco dei prodotti e infine si dirige alla scheda di contatto, avrà visto tre pagine nell’arco di una sola sessione.
    Per convenzione le sessioni si calcolano nell’arco della giornata e terminano dopo 30 minuti di inattività o comunque a mezzanotte.
  • Canali (Acquisizione > Tutto il traffico > Canali): come vengono acquisiti gli utenti? Da dove arrivano quelli nuovi? Digitano direttamente il nostro indirizzo, segno del fatto che ci conoscono (Direct), oppure hanno fatto una ricerca sui motori (Organic Search) e sono finiti su una delle nostre pagine, o ancora sono arrivati dai social, o da una campagna che abbiamo realizzato (Referral, un concetto su cui torneremo a breve)
  • Pagine: quali sono, all’interno del nostro sito, le pagine più viste? Corrispondono con gli obiettivi che ci eravamo prefissi? Possiamo rafforzare le pagine più strategiche per noi, in modo da aumentare anche il numero delle loro visite e la loro utilità per la nostra azienda?
Altri dati di fine gennaio 2018 riferiti a Ultimoprezzo

A questi aggiungiamo un altro parametro significativo, quello della frequenza di rimbalzo: Google Analytics considera “rimbalzo” una sessione di una singola pagina su un sito web (ossia qualcuno arriva – da solo, dai motori di ricerca, da un banner o dai social – a un certo contenuto e poi non naviga le altre pagine) e lo calcola in percentuale rispetto al totale delle sessioni. Come valutarla?

Come spiega Google stessa, non è detto che una frequenza di rimbalzo alta sia un male per un sito: se questo è stato progettato per offrire un contenuto che si esaurisce lì senza bisogno di continuare altrove la navigazione, allora una frequenza di rimbalzo alta è fisiologica.

Se le persone arrivano ad esempio da una ricerca sui motori direttamente nella pagina contatti e lì trovano un numero di telefono per chiamarci o un indirizzo email a cui scriverci, il tasso di rimbalzo sarà probabilmente molto alto, ma avremo comunque raggiunto il nostro obiettivo.

I referral

Dicevamo dei Referral: cosa sono in Google Analytics?

Rappresentano il report dei link “tracciati”, ossia di quelli che abbiamo arricchito di informazioni utili per tenere – appunto – traccia della loro provenienza.

Immaginiamo di aver acquistato lo spazio per un banner su un sito di una testata specializzata nel nostro settore e di voler capire quanto traffico questo investimento ci porta.

I nostri referral: grazie alle date, possiamo verificare rapidamente quante visite sono arrivate dalla newsletter di Ultimoprezzo.com sul sito

Un modo molto immediato di scoprirlo è creare un link tracciato e mandarlo a chi pubblicherà il banner, chiedendogli la cortesia di legarlo ad esso.

Per aiutarci Google ci mette a disposizione “Campaign URL Builder”, una risorsa grazie alla quale si possono creare dei link tracciati in pochi secondi indicando la sorgente (Campaign Source), lo strumento di marketing usato (Campaign Medium) e un nome che contraddistingue la nostra campagna (Campaign Name, per esempio “promo_di_carnevale_2018”).

A questo punto diventa facile anche vedere quanto traffico ci sta portano la campagna usando Google Analytics: andando in Acquisizione > Campagne > Tutte le campagne, vediamo quanti click sono arrivati divisi per ogni singola “Campagna” diversa.

In realtà il termine referral in sé ha un significato più ampio: sta per “rimando, rinvio, referenza” nel senso di “ho scoperto una risorsa utile e te la segnalo”, tanto è vero che viene usato nell’ambito del web marketing e designa una delle fasi del funnel dei Pirati (di cui abbiamo già parlato) ossia quella in cui le persone che ci hanno scelto diventano nostri testimonial presso la loro cerchia di conoscenti.

Il report “velocità del sito”

Google Analytics è in grado di fornirci indicazioni utili anche rispetto alla velocità del sito, dal menù “Comportamento”.

Alcune metriche sono più “tecniche”, mentre i “Suggerimenti velocità del sito” integrano anche la funzione di PageSpeed Insights di Google, che consente di vedere il punteggio (1 / 100) di ogni singola pagina e scoprire alcuni fattori di semplice ottimizzazione, come ad esempio l’ottimizzazione delle immagini (a cui abbiamo dedicato un approfondimento giusto pochi giorni fa).

Ultimoprezzo.com “in tempo reale”

Google Analytics “in tempo reale”

Anche il box “In tempo reale” può avere un’utilità rilevante per un’azienda, perché permettendo il monitoraggio con un ritardo di pochissimi secondi rispetto all’evento-visualizzazione si presta per capire, per esempio, se la pubblicazione di un post sui social genera un effetto immediato, oppure se una promozione a tempo sta ottenendo i risultati auspicati.

Collegare Google Analytics e Search Console? Fa bene!

Un altro strumento particolarmente utile di Google Analytics è la possibilità di collegarlo a Search Console (che per comodità chiameremo anche GSC).

Che cos’è Search Console lo spiega bene la guida di Google: un servizio gratuito che serve a monitorare la presenza di un sito nelle SERP.

Registrare la proprietà di un sito su GSC non serve per comparire sui motori di ricerca, però è utile per sapere in corrispondenza di quali parole chiave e ricerche il nostro sito viene trovato come risultato, e come viene visto.

Il dato può essere poi verificato in Acquisizione > Search Console > Query: lì, per ogni parola dell’elenco delle query di ricerca, abbiamo

  • Impressioni: il dato che ci dice quante volte il nostro sito è comparso come risultato per la particolare ricerca di quella parola
  • Clic: a fronte di queste impressioni, quante volte la sua presenza nelle ricerche ha dato origine a un clic, quindi a un atterraggio in una pagina del nostro sito?
  • CTR: è il rapporto tra Impressioni e Clic, tanto migliore quanto più la percentuale è alta
  • Posizione media: indica dove è comparso il nostro sito nelle SERP di un termine specifico: più o meno in alto?
fonte immagine: http://bit.ly/2nvcMsW

Se una battuta di successo (che purtroppo è rimasta ancora senza autore) diceva che “il posto più sicuro per nascondere una cadavere è la pagina 2 delle ricerche di Google”, l’impatto di avere la prima posizione naturale nelle SERP sta diminuendo e le strategie per ottenere questo risultato stanno cambiando (come abbiamo visto ad esempio parlando di Google My Business)

Riuscire a uscire lì, comunque, resta importante, e analizzando la “forza” del nostro sito rispetto ai termini di ricerca per cui vorremmo comparisse di più possiamo impostare delle strategie (come per esempio la creazione di un piano editoriale) utili a modificare la situazione a vantaggio della nostra azienda e del nostro business.

Analytics e Google AdWords: insieme per il Remarketing

Per chi utilizza Google AdWords, poi, un altro suggerimento che può servire a ottenere dati sempre più utili e precisi è collegarlo ad Analytics.

In questo modo si riesce anzitutto a tenere d’occhio i dati di una piattaforma mentre si sta usando l’altra, semplificando l’integrazione dei due diversi aspetti (investimento pubblicitario e report della resa dello stesso).

Inoltre si possono importare gli obiettivi che abbiamo definito in Google Analytics (per esempio, quante registrazioni alla newsletter ha portato una data campagna?) e le metriche come durata della sessione, frequenza di rimbalzo, etc.

Infine, ma non per importanza e utilità (anzi…), integrare Analytics e AdWords consente di affinare le campagne di Remarketing, ossia quelle in cui un’azienda può andare a sollecitare i visitatori del proprio sito (o app) mostrandogli degli annunci pertinenti che si basano sul loro percorso di visita.

Qui si inizia a entrare un po’ più nel tecnico: cominciano a servire preparazione e competenza specifiche, che comunque si possono imparare per esempio seguendo i corsi gratuiti di Google Analytics Academy o affidandosi ad altre risorse, o ancora scegliendo di rivolgersi a consulenti specializzati.

Per esempio, per chi fa eCommerce avere una certa padronanza dello strumento ed essere in grado di valutarne le metriche è praticamente indispensabile, perché la maggior parte del successo della sua attività deriva proprio da come l’esperienza di visita riesce a tradursi in una spinta all’acquisto.

Per un primo approccio a Google Analytics e ai vantaggi che l’analisi dei dati di accesso a un sito internet può portare, invece, le nozioni di base sono quella di cui abbiamo scritto in questo articolo.

I report automatici di Google Analytics

Per ricordarsi di dare periodicamente un’occhiata a quei parametri e a tutti gli altri risultati del nostro sito che riteniamo interessanti, è possibile impostare l’invio automatico di report via mail con una frequenza che può essere impostata a scelta.

Per ogni diversa vista è disponibile il tasto condividi (in alto a destra nella versione desktop), grazie al quale è possibile spedire (o spedirsi) una mail con i risultati che si ha interesse a conoscere, e così seguirli con una certa cadenza.

Poi c’è anche la possibilità di creare delle dashboard, ossia dei “cruscotti”, in cui raccogliere i rapporti e le metriche più importanti in base alle proprie esigenze. Delle sorte di scorciatoie preimpostate, insomma.

Google Analytics, e poi? Altri strumenti di analisi dei dati per un sito

Google Analytics è una risorsa molto utilizzata e molto utile, come abbiamo visto, ma non è l’unico strumento a disposizione di chi vuole guardare i dati di visita del proprio sito.

Tra le alternative a Google Analytics possiamo citare Heap, MixPanel, Kissmetrics (e tanti altri), strumenti che offrono la possibilità di seguire il percorso di visita di ciascun utente con un grado diverso di complessità.

Poi ci sono anche altre risorse che, sempre sulla base dei dati, possono darci informazioni differenti.

Per il momento, ad esempio, Analytics non offre funzioni come le heatmaps (o mappe di calore), che rappresentano in maniera grafica i movimenti del mouse su una pagina web colorandola in maniera diversa in base alla frequenza dei “passaggi” da parte degli utenti.

HotJar, Sumo e CrazyEgg sono solo alcuni esempi di queste risorse, che valutate insieme ad altri dati (per esempio proprio quelli estrapolati grazie a Google Analytics) possono darci risultati ancora migliori.

Tenerli monitorati con un minimo di attenzione (ma senza farla diventare neanche una forma di ossessione) è un’ottima base per avere sotto controllo le performance delle diverse pagine e, eventualmente, ricalibrare le proprie strategie.