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RankBrain, l’intelligenza artificiale al servizio di Hummingbird: che caratteristiche ha la SEO che funziona su Google nel 2016?

Alberto Giacobone 19 Agosto 2016 tempo di lettura: 10'

tech
Fonte immagine: https://goo.gl/jEPn4z

Torniamo sul nostro blog dopo alcuni mesi di colpevole silenzio: nel mentre, come ormai facciamo da più di un anno a questa parte, abbiamo ogni giorno condiviso novità, spunti e riflessioni sulla nostra pagina Facebook e gli altri canali social.

Torniamo per riflettere insieme su alcune importanti novità nel funzionamento di Google, il motore di ricerca che in Italia ha il 95% di quote di mercato (il dato è riferito al 2015).

Partiamo da un assunto: per molte attività essere tra i primissimi risultati naturali proposti da Google a fronte delle ricerche degli utenti è un vantaggio competitivo che può davvero fare la differenza.

Lo è anche per noi: se quando una persona cerca su Google “sottocosto” trova il nostro portale di servizio al consumatore Ultimoprezzo.com tra i primi risultati, otteniamo traffico che monetizziamo attraverso la pubblicità. Più traffico, più risultati.

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Gli inizi del SEO sono stati una sorta di “guardia e ladri” con Google (Fonte immagine: https://goo.gl/fq3NFt)

Se guardiamo agli inizi dell’ottimizzazione delle pagine per i motori di ricerca (SEO è l’acronimo di Search Engine Optimization), si può in un certo senso fare il paragone con guardie e ladri: da una parte Google che cercava di offrire risultati di qualità ai suoi utenti, dall’altra il tentativo di posizionarsi prima di altri su ricerche ad alto traffico, indipendentemente dalla qualità dei contenuti.

Per un po’ è stato un gioco abbastanza alla pari: i primi anni riempiendo di certe parole chiave una pagina (keyword stuffing), si potevano ottenere risultati di rilievo. Poi Google è intervenuto con dei cambi algoritmici, ha introdotto nuovi parametri e i “ladri” hanno dovuto trovare altre strade.

link-building
I collegamenti naturali e significativi sono quelli preferiti da Google (Fonte immagine: http://goo.gl/vqwzBl)

Il fenomeno del “link building a pagamento” (pratica vietata da Google) si è trasformato in una vera e propria industria, con migliaia di persone impiegate nello scovare modi sempre più creativi per inserire collegamenti artificiali verso questo o quel sito.

Oggi però i computer sono in grado di fare cose sorprendenti.

Ad esempio, hanno imparato a guidare automobili per 2 milioni di kilometri senza creare incidenti.

Hanno imparato a diagnosticare in 10 minuti una malattia che nessun medico aveva precedentemente individuato in maniera corretta.

Ancora, hanno imparato a ridurre del 40% i consumi di una centrale dati, gestendone i sistemi in completa autonomia oppure a descrivere in maniera accurata il contenuto di una foto.

La domanda (retorica) è: perché non dovrebbero imparare a fornire risposte ancora migliori a fronte delle ricerche degli utenti, superando i tentativi di questo o quello di posizionare meglio contenuti di qualità inferiore?

logo-hummingbird
Hummingbird è l’algoritmo “madre” con cui Google decide cosa mostrarci a fronte della nostra ricerca (Fonte immagine: Wikipedia)

Proprio in questi ultimi mesi è arrivato RankBrain, un aiutante artificiale per Hummingbird, l’algoritmo “madre” con cui Google decide cosa mostrarci a fronte della nostra ricerca.

RankBrain è un sistema in grado di autoapprendere (in inglese si parla di “Machine Learning”): aiuta Hummingbird ad interpretare la ricerca dell’utente, indipendentemente dalla qualità della stessa, comprendendo meglio l’uso che viene fatto delle parole in base al contesto generale della frase. In questo modo, Hummingbird può presentare a chi ha fatto la ricerca per primi dei risultati che magari sarebbero stati sorpassati da altre pagine, più forti su altri parametri in grado di influenzare l’algoritmo ma meno utili per la ricerca effettuata.

Hummingbird sta ad esempio imparando a riconoscere se la parola “apple” utilizzata nella ricerca è intesa come frutto o come Apple Inc. e in base a questo fornire risposte migliori: in pratica, è un motore di disambiguazione 😉

RankBrain, introdotto ad aprile 2015, oggi viene utilizzato per il 100% delle ricerche.

Attenzione però: il ruolo di “aiutante” di RankBrain non cambia l’importanza degli altri strumenti con cui Google determina il posizionamento di una pagina nei risultati di ricerca.

Alla fine, paradossalmente, RankBrain lavora per gli editori che non hanno fatto bene i compiti a casa: hanno un contenuto che è interessante per certe ricerche che normalmente rimarrebbe affossato nei risultati a causa dei tanti più bravi nell’ottimizzare, ma magari con minor qualità del contenuto. RankBrain invece migliora il modo con cui Google mette in contatto chi cerca quell’informazione con quel contenuto, aumentando le chance che avvenga il contatto.

Sebbene i fattori considerati siano letteralmente centinaia, restano centrali i due pilastri di sempre: contenuti e collegamenti (o, se vogliamo, contenuti e popolarità). Anzi, a maggior ragione, con RankBrain diventano ancora più rilevanti.

Quindi, che fare per aiutare una pagina ad essere tra i primi risultati in corrispondenza di determinate ricerche?

La risposta “antipatica” è sempre di più quella: assicurarsi che abbia tutte le carte in regola per essere la miglior risposta possibile alla ricerca dell’utente. Se non lo è, la posizione ottenuta è “usurpata” e Google è sempre più veloce nell’individuare qualcosa di più adeguato.

Andando più nel concreto, ma questo già da prima, sicuramente aiuta smettere di pensare alle attività SEO come qualcosa di posticcio. Per le stesse ragioni per cui il growth hacker dovrebbe essere coinvolto sin dalle prime fasi di sviluppo di un nuovo prodotto, gli esperti di SEO dovrebbero essere chiamati a collaborare sin dalle prime fasi di un progetto online in cui la visibilità sui motori di ricerca viene valutata come strategica.

Lo stesso contenuto può rendere 1 o rendere 100 e la differenza sta negli accorgimenti che vengono utilizzati già a partire dalla sua creazione, per continuare con la sua pubblicazione e diffusione.

Inoltre, è bene ricordare che un sito internet è in continua evoluzione e qualsiasi intervento può impattare in maniera determinante la sua capacità intrinseca di essere ben posizionato: al di là di momenti critici come restyling totali o parziali, anche piccoli interventi tecnici possono influenzare non poco il posizionamento e se non si ha la possibilità di far controllare il sito dopo ogni cambiamento è bene comunque pianificare dei controlli periodici.

teamwork
Oggi più che mai, la SEO è gioco di squadra (Fonte immagine: http://goo.gl/Zwjl5p)

Fare ottimizzazione per i motori di ricerca (SEO) nel 2016 e oltre diventa sempre più un gioco di squadra.

I contenuti vanno prodotti insieme a chi lo sa fare al meglio, la popolarità va ottenuta con il supporto di chi sa ottenerla: assumere un’agenzia pubblicitaria o di PR e un esperto SEO e non farli interagire significa lasciare sul piatto buona parte dei risultati che si potrebbero ottenere.

Tornando ai contenuti, se vogliamo individuare un elenco di domande che è utile porsi prima di impegnarsi nella loro realizzazione, potrebbe essere più o meno come questo:

  • Il contenuto che vogliamo produrre è pensato per essere fruito al meglio da una persona?
  • Il contenuto è originale e adeguato per il pubblico di riferimento?
  • Se stiamo scrivendo un testo, stiamo prestando attenzione più alla sostanza che alle keyword utilizzate?
  • Il nostro pubblico di riferimento, quando cliccherà su di un risultato di ricerca e accederà al nostro contenuto avrà motivo di fermarsi per consultarlo oppure sarà portato a cercare altro di meglio dopo poco, magari premendo il tasto indietro del browser?
  • Soprattutto, il contenuto che stiamo pensando di produrre ha le caratteristiche per diventare autorevole agli occhi di chi ne fruisce?

Quest’ultimo aspetto coinvolge non solo il contenuto stesso, ma il contesto in cui viene pubblicato: pensiamo alla presentazione di un prodotto innovativo, potenzialmente molto interessante, pubblicata in un sito amatoriale.

Per riassumere: se siamo in grado di offrire una buona esperienza di visita siamo sulla buona strada per un buon posizionamento nelle pagine di risultato di Google.

Una nota doverosa: ci stiamo concentrando sul contenuto pubblicato su di un sito, ma è bene non dimenticare che i punti di contatto con il nostro interlocutore possono essere i più disparati… Una presentazione su SlideShare, un post su Medium, un video su YouTube, un’applicazione nell’Apple Store etc.

Molti di questi punti di contatto trovano spazio nelle SERP di Google e possono essere utilmente impiegati per dialogare con i nostri interlocutori.

Tornando a RankBrain, nei prossimi mesi/anni (direttamente o insieme ad altri sistemi simili) aiuterà Google a intercettare più rapidamente eventuali tentativi di posizionare artificialmente dei contenuti di scarso valore: chi vorrà giocare ancora a guardie e ladri con gli algoritmi di Google vedrà ridursi ulteriomente i frutti raccolti, a fronte di rischi crescenti.

Non per questo chi si occupa di SEO avrà meno da fare, anzi: i professionisti del settore, lavorando a stretto contatto con chi desidera ottenere visibilità, potranno costruire sinergicamente progetti in grado di ottenere risultati più che soddisfacenti.

Nel nostro piccolo, un esempio:

axura-ppstiamo seguendo da vicino le attività di una startup nel mondo del benessere per l’infanzia, ProntoPannolino. Una delle attività strategiche di visibilità, ancora da prima che il servizio venisse attivato, è stata la produzione di contenuti di rilievo per il pubblico di riferimento, in questo caso neogenitori.

Giorno dopo giorno la visibilità organica è cresciuta fino ad arrivare a diverse migliaia di visite al mese, con alcuni articoli che hanno ottenuto la prima posizione assoluta per ricerche importanti. Continuando questo percorso, l’azienda è in grado di ottenere visibilità crescente con un costo per visita in proporzione sempre più basso, una risorsa fondamentale, al pari di altre risorse aziendali.

ricerche-organiche
Grafico della crescita dei risultati organici per il sito ProntoPannolino

Non solo: questo tipo di contenuto, se promosso, può consentire di ottenere visite a pagamento a costi davvero molto contenuti, apportando ulteriori benefici all’impresa.

E’ vero, non stiamo più parlando solo di SEO, ma oggi più che mai le diverse competenze vanno messe a fattore comune per migliorare i risultati, soprattutto se dall’altra parte ci sono macchine sempre più “intelligenti” 😉

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Categorie: Presenze internet, Riflessioni, SEO
Tag: growth hacker, Hummingbird, keyword stuffing, link building, Machine Learning, posizionamento, RankBrain, SEO, SERP

Autore

+Alberto Giacobone, classe 1975: sono un "quasi" nativo digitale mesmerizzato da internet e le sue possibilità. Tra le altre cose, ho avuto il piacere di raccontare e condividere in aziende come Google o enti come l'Università degli Studi di Pavia l'esperienza maturata nello sviluppo di progetti internet e mi sono ritrovato giurato ad un evento dedicato alle start up in quel di Monza ;)

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in inglese "Search Engine", è un servizio che consente di cercare tra le informazioni pubblicate sul web: in base alla stringa di ricerca digitata e ad altri parametri, fornisce i risultati che ritiene più pertinenti.
Link building
il link building è l'azione che mira ad aumentare il numero di collegamenti verso una determinata pagina web
Keyword stuffing
è una tecnica considerata ai limiti del Black Hat e consiste nell'“imbottire” di parole chiave una pagina web, in maniera evidentemente artificiale.