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Contenuti di qualità secondo Google: cosa conta davvero? 19 domande per scoprirlo!

Stella Fumagalli

Tempo di lettura: 5′

Quante volte abbiamo detto che i contenuti sono fondamentali non solo per apparire affidabili ed autorevoli agli occhi degli utenti ma anche per aumentare la visibilità su Google?

Lo abbiamo ripetuto tante volte e continuiamo a farlo sia qui sul blog (ad esempio quando abbiamo scritto della SEO nel 2019, del nostro esperimento di content marketing, di Medium, del brand journalism e dei vantaggi del corporate storytelling per la SEO – solo per citare gli articoli più recenti) sia nella relazione con i nostri clienti.

Qualche giorno fa anche Google ha voluto ribadire questo importante concetto: l’1 agosto attraverso un post del “Webmaster Central Blog”, il canale di comunicazione tra Google e i webmaster, Google ha pubblicato una serie di chiarimenti riguardanti i suoi “core update”.

Google, i “core updates” e gli effetti sulla visibilità dei siti

I “core update” sono gli aggiornamenti di Google che vanno a interessare in modo più significativo gli algoritmi e i sistemi di ricerca e che vengono lanciati diverse volte all’anno con l’obiettivo di migliorare l’esperienza utente.

Più in generale possiamo dire che Google lancia diversi aggiornamenti in modo continuo; alcuni passano del tutto inosservati, altri – come i core update – sono invece più consistenti e possono avere ripercussioni significative sulla visibilità di un sito: proprio per questo motivo Google si occupa di comunicare attraverso i suoi canali ufficiali il lancio di questi aggiornamenti a volte con parecchio anticipo.

Abbiamo detto che i core update possono avere ripercussioni significative sulla visibilità di un sito: gli effetti degli aggiornamenti possono essere sia in positivo, sia in negativo.

Tuttavia, non è detto che il calo delle performance in seguito a un aggiornamento sia legato a una cattiva qualità della pagina; per riprendere l’esempio molto chiaro di Google, è come se decidessimo di stilare una classifica dei migliori 100 film di sempre.

Mettiamo di stilare la classifica nel 2015 e successivamente, nel 2019, di voler aggiornarla: nei 4 anni che sono passati dalla prima stesura sono usciti tantissimi film e alcuni di questi si sono guadagnati un posto nella classifica, facendo scendere di posizione alcune pellicole che nel 2015 erano nei primi posti.

Questo vuol dire che i film che hanno perso posizioni sono brutti film? Assolutamente no, vuol dire solo che nel frattempo ne sono usciti di nuovi che si sono fatti spazio nelle prime posizioni, senza che questo incida sulla qualità delle pellicole che hanno perso punti.

Non dobbiamo però pensare che le prestazioni di un sito siano “in balia” dei core update e che non abbiamo nessun controllo sulle conseguenze di questi aggiornamenti: se il nostro sito viene costruito con contenuti di qualità già dall’inizio, evitando scorciatoie e prestando le giuste attenzioni ai fattori che contano, è difficile che gli aggiornamenti abbiano conseguenze negative che incidono in modo significativo sulla performance del nostro sito.

La prima cosa da tenere a mente in questo caso è che Google premia la qualità dei contenuti: cosa si intende per qualità? E’ proprio Google a spiegarcelo e lo fa attraverso una serie di domande a cui rispondere tenendo a mente il contenuto del nostro sito.

Domande sulla qualità del contenuto

  1. Il contenuto dà informazioni originali frutto di analisi e ricerche?
  2. L’argomento è trattato in maniera dettagliata ed esaustiva?
  3. Se il contenuto si basa su altre fonti si tratta di un mero copia e incolla o sono state aggiunte informazioni di valore?
  4. Il titolo aiuta il lettore a capire l’argomento trattato?
  5. Il titolo è realistico quindi non esagerato apposta con il solo scopo di incentivare la lettura (click-bait)?
  6. E’ un contenuto che raccomanderemmo a terzi?
  7. E’ un contenuto che ci aspettiamo venga usato come riferimento da terze parti?

Con queste domande Google aiuta chi si occupa di contenuti a riflettere su quanto sta proponendo, sia a livello di sostanza che di forma.

Il fatto che vengano poste domande specifiche sul titolo e la sua natura dà l’idea dell’importanza di questo elemento, in quanto richiamato anche all’esterno della pagina su cui è pubblicato (ad esempio in una SERP o in Google News).

La pratica del click-bait è molto diffusa, soprattutto in relazione ai social, dove un titolo sensazionalistico può attirare qualche click in più, ma le conseguenze di un suo impiego, ci dichiara Google, possono essere negative per il posizionamento del contenuto a cui è associato.

Domande sulla competenza dell’autore

  1. Le informazioni sono presentate in modo chiaro, dichiarando le fonti (affidabili) e mettendo a disposizione informazioni sull’autore del contenuto (biografia, contatti, etc.)?
  2. Se risaliamo all’autore del contenuto (sia questo un’azienda o una persona fisica) abbiamo l’impressione di essere davanti a una fonte affidabile o a un’autorità nel settore?
  3. Il contenuto è scritto da un esperto o da un appassionato che dimostra di avere conoscenze specifiche e approfondite riguardo a ciò che scrive?
  4. Il contenuto è privo di errori di concetto?
  5. Ci fideremmo del contenuto se lo stessimo leggendo per risolvere problemi legati alla vita privata o al lavoro?

Le informazioni sulla titolarità del sito e su chi ha materialmente redatto il contenuto presente in una pagina (ad esempio un articolo di un blog) sono aspetti molto importanti per Google, soprattutto in relazione a contenuti YMYL (che vedremo tra qualche paragrafo), ma non solo.

Queste informazioni vengono recuperate e valutate da Google con un misto di automatismi e controlli da parte di operatori ed è quindi importante, per chi vuole migliorare le proprie chance di un buon posizionamento, dichiarare al meglio queste informazioni, assicurandosi di soddisfare le richieste di Google.

Spesso nei blog aziendali il contenuto è firmato da un generico “staff”, ma questo impedisce di sapere se a scrivere quel contenuto è stata una persona con le giuste credenziali: più segnali si riescono a fornire sull’autorevolezza degli autori dei nostri contenuti e maggiori sono i risultati che si possono ottenere; anche per questo è importante non solo dichiarare chi sono gli autori materiali, ma cercare di fare il possibile per migliorare il loro personal branding e la loro corretta visibilità in rete.

Domande sulla presentazione dei prodotti:

  1. Ci sono errori di battitura o di grammatica?
  2. Il contenuto è ben redatto o è scritto in una maniera superficiale e approssimativa?
  3. La produzione dei contenuti avviene tramite processi che coinvolgono molti autori, oppure è destinata a network di siti, con la conseguenza che i singoli contenuti / siti spesso non vengano curati con le dovute attenzioni?
  4. Ci sono molte o troppe pubblicità che distraggono l’utente dal contenuto principale?
  5. Il contenuto è adeguatamente fruibile da tutti i dispositivi, anche da mobile?

Questo elenco di domande aiuta chi produce contenuti a riflettere sull’esperienza d’insieme della loro fruizione, nelle diverse condizioni d’uso possibili.

Pensiamo ad un contenuto di qualità in un sito pieno di banner pubblicitari, popup o altre distrazioni: l’investimento fatto per produrre quel contenuto di qualità rischia di essere vanificato dal contesto in cui viene proposto.

Le domande sui processi che coinvolgono molti autori partono da un pregiudizio: sia nel caso di contenuti generati dagli utenti che nel caso di contenuti acquistati da siti che propongono contenuti a basso prezzo difficilmente quanto redatto viene innestato in un processo editoriale attento alla qualità e attendibilità del risultato finale.

Sebbene sia possibile che le persone coinvolte nella produzione di questi contenuti siano degli abili divulgatori, esperti della materia di cui scrivono e competenti nella produzione di contenuti per una corretta fruizione online, questa evenienza è tipicamente rara.

Per questo motivo Google invita a riflettere bene, soppesando con attenzione eventuali investimenti nella produzione di contenuti: dovendo scegliere, ci invita a dare precedenza alla qualità rispetto alla quantità.

Domande sul confronto con le altre pagine:

  1. In confronto ad altre pagine il contenuto offre valore aggiunto significativo?
  2. Il contenuto è redatto per essere d’aiuto agli utenti o si nota che l’obiettivo è solo quello di raggiungere le prime posizioni di Google?

In questo caso Google ci invita ad un vero e proprio esame di coscienza: riusciamo ad offrire qualcosa al mercato che gli altri non offrono?

Il problema non è da poco; spesso chi ha poca coscienza dei propri limiti si sopravvaluta, mentre chi ha maggiore esperienza si trattiene, reputando il proprio apporto ad una conversazione poco significativo; si tratta dell’effetto Dunning-Kruger, rilevante anche nella produzione di contenuti.

In realtà, anche se su di una materia è stato prodotto molto materiale di qualità, spesso è possibile comunque aggiungere del valore all’esperienza degli utenti: in alcuni casi lo si può fare cercando di rendere accessibili dei concetti complicati, in altri casi mettendo a confronto tra loro teorie diverse o ancora, facendo parallelismi tra situazioni in apparenza tra loro distanti.

Gli spunti e le possibilità sono molte, ma il tratto comune richiesto da Google è un valore aggiuntivo rispetto a quanto già presente sul mercato.

I Quality Rater e le linee guida per determinare la qualità di un sito

I Quality Rater (in italiano “i valutatori di qualità”) sono coloro che si occupano di dare feedback a Google riguardo ai risultati ottenuti tramite le ricerche dal motore: è anche grazie alle loro recensioni che Google è in grado di offrire un’esperienza sempre migliore ai suoi utenti, restituendo le risposte più adatte a fronte di una ricerca specifica.

Per valutare la qualità di un contenuto i Quality Rater si basano sulle linee guida di Google che sono raccolte in un documento molto dettagliato di oltre 160 pagine: vale la pena leggerlo per poter capire quali sono i criteri che utilizzano i Rater per valutare la qualità di un contenuto, in modo tale da poter aggiustare il tiro nel caso ce ne sia bisogno.

Per fare un esempio, i Rater assegnano ai contenuti un punteggio alto o basso prendendo in considerazione l’acronimo EAT, ovvero:

  • Expertise (competenza)
  • Authoritativeness (autorevolezza)
  • Trustworthiness (attendibilità)

Questi aggettivi fanno riferimento al contenuto di una pagina web e sono tra i fattori principali sui quali si basa il Page Quality Rating di Google.

In conclusione

Per poter creare contenuti di qualità che soddisfino i criteri di Google ci vuole metodo e competenza.

Per farlo non è sempre possibile fare affidamento (solo) su risorse interne, in alcune occasioni vale la pena affidarsi ad esperti e professionisti del settore in grado di creare contenuto con valore reale e – nel caso fosse necessario – di rendere facilmente comprensibili concetti altrimenti complessi per un pubblico non specializzato.

Produrre contenuti di qualità certamente costa energie ma è un’attività che – nel lungo termine – porta risultato (parola di Google).