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Customer Journey: alla scoperta del viaggio del consumatore al tempo degli smartphone e degli assistenti vocali

Stella Fumagalli

Tempo di lettura: 15′

In un video explainer che abbiamo realizzato nel 2017 abbiamo spiegato l’Inbound Marketing facendo l’esempio di Mario, un ragazzo di 30 anni che un giorno prende coscienza di essere ingrassato un po’ troppo.

Cercando online “come dimagrire” trova diversi consigli: andare in palestra, giocare a tennis, correre… Mario viene incuriosito da un approfondimento sui vantaggi della corsa; trovandolo molto convincente, si fa l’idea che questa attività vada bene per lui e, quindi, decide di cominciare a correre.

C’è però un problema: Mario non ha le scarpe adatte!

Si affida a Google per comprare scarpe da corsa per principianti: trova una guida d’acquisto redatta da un negozio di scarpe che lo aiuta a scegliere il modello migliore per lui; completa l’acquisto proprio da quel negozio online e in breve tempo riceve le sue scarpe, insieme a un sondaggio per valutare la sua esperienza d’acquisto e alcuni consigli per migliorare le sue performance sportive.

Mario è contentissimo: non solo ha ricevuto le scarpe adatte a lui in breve tempo ma si sente anche seguito con consigli utili e interessanti da parte del venditore; per questo lascia un’ottima recensione sui profili social del negozio online e non esita a consigliarlo ai suoi amici.

Mario ha fatto un percorso: l’ha iniziato quando si è accorto di avere qualche kg in più e l’ha continuato fino a consigliare ai suoi amici il negozio in cui ha comprato le scarpe; questo percorso – che è un vero e proprio viaggio – prende infatti il nome di Customer Journey.

Cos’è il Customer Journey?

E’ un’espressione che in italiano si traduce letteralmente come “viaggio del cliente”: indica infatti tutte le fasi del processo (o percorso) che inizia con la percezione di un determinato bisogno da parte di una persona, continua con l’acquisto del prodotto o del servizio e – idealmente – prosegue con la fidelizzazione del cliente a tal punto da renderlo un “ambasciatore” del brand, portandolo a parlare bene della marca con feedback positivi spontanei (ma l’esito del Customer Journey può essere ben diverso, è determinato da tutta una serie di fattori: la natura del prodotto, il rapporto che si ha con esso, la soddisfazione del cliente, etc.).

 

Il concetto di Customer Journey prende forma circa nel 2007 quando si è sentita in maniera forte la necessità di descrivere il percorso che le persone intraprendono da quando percepiscono di avere una necessità a quando procedono con l’acquisto che la soddisfa (e oltre).

Perché è nata l’esigenza di dare forma a questo concetto? Perché i sales funnel (gli “imbuti di vendita”) cominciavano a non essere più applicabili al modo di fare acquisti: il percorso che fa l’utente non è lineare (1 sente la necessità, 2 si informa, 3 compra) ma è molto più irregolare, con un andamento che assomiglia a quello di una pallina da flipper.

Torniamo all’esempio di Mario: cosa sarebbe successo se, sul punto di acquistare, avesse letto una recensione negativa sul modello di scarpe che stava per comprare? Magari sarebbe tornato indietro e avrebbe ricominciato la ricerca per trovare il modello adatto a lui.

O magari dopo aver individuato (grazie ai consigli di un negozio online) le scarpe giuste per a lui, sarebbe andato a comprarle nel suo ecommerce di fiducia; oppure potrebbe essere incappato in un approfondimento sul nuoto che gli avrebbe fatto cambiare idea sull’uscire a correre, etc.

E’ quindi evidente che nel processo decisionale intervengono tantissimi elementi che rendono la traiettoria del cliente tutto fuorché prevedibile: bias cognitivi, trigger, stimoli, etc.

Prendiamo in esame un altro esempio: sapete cosa succede in linea generale durante processo d’acquisto in coloro che desiderano comprare un’automobile nuova?

  • Il 59% del tempo fanno ricerche online
  • Probabilmente all’inizio non avranno in mente un modello preciso, ma stanno valutando diverse opzioni
  • Tra le ricerche online, le più comuni riguardano i prezzi delle auto, auto di seconda mano, comparazione fra diversi modelli, recensioni sui modelli più attuali e i contatti dei concessionari
  • Più della metà si mette in contatto con un concessionario recandovisi fisicamente
  • I millenial di norma ci mettono di più a decidere riguardo all’auto da acquistare rispetto ai baby boomer (una media di 16,9 settimane contro 15,7 settimane).

Questi sono solo 5 dei tantissimi punti che potete trovare in questa interessante raccolta di dati che ci aiuta a capire la complessità di alcuni Customer Journey (ovviamente l’acquisto di un auto richiede un percorso molto più impegnativo rispetto, ad esempio, all’acquisto di un nuovo hard disk).

Quali sono le fasi del Customer Journey?

Sebbene il Customer Journey non sia lineare, è comunque costituito da 3 fasi precise:

  1. Awareness stage, fase di consapevolezza: mi rendo conto di avere un bisogno/problema, faccio ricerche per capire qual è la mia esigenza e come posso soddisfarla
  2. Consideration stage, fase di valutazione: mi guardo intorno e soppeso le alternative a mia disposizione per risolvere il problema/soddisfare l’esigenza
  3. Decision stage, fase della decisione: decido cosa fare per soddisfare il mio bisogno e cosa/dove comprare

Queste sono le tre fasi principali ma altri modelli di Customer Journey ne suggeriscono altre due che vengono subito dopo le prime tre: si tratta di Service (servizio) e Loyalty (fedeltà).

La fase di Service (fase numero 4) ha a che vedere con tutti quei processi che interessano il servizio clienti: contatto per eventuali problematiche, cambio, reso, etc.

La fase di Loyalty (fase numero 5) riguarda tutto ciò che avviene dopo che un acquisto si è concluso: invio e risposta di un sondaggio sull’esperienza utente, ulteriori acquisti da parte dell’utente, proposta di codici sconto per acquisti successivi, etc.

C’è poi un altro modello di Customer Journey, proposto da Avinasj Kaushik; questo modello prevede 4 raggruppamenti in cui gli utenti vengono suddivisi a seconda delle loro intenzioni e comportamenti.

Per capirlo attraverso un esempio, torniamo a Mario e alla decisione di correre per perdere peso:

  1. See (corrisponde all’Awareness) rappresenta la categoria degli utenti che vorrebbero dimagrire
  2. Think (corrisponde alla Consideration) rappresenta quella parte di pubblico che sta valutando la possibilità di fare qualcosa per dimagrire (potrei correre? Andare in bici? Fare nuoto?)
  3. Do (corrisponde alla Decision) rappresenta quella parte di pubblico che decide in che modo soddisfare la propria esigenza (ho deciso di iniziare a correre)
  4. Care (corrisponde alla Loyalty) rappresenta quella parte di utenti che non sono semplici clienti, ma con cui abbiamo costruito un rapporto che li ha portati a comprare da noi più di una volta

Questo modello lascia fuori dal focus delle attenzioni gli utenti che hanno effettuato un solo acquisto, ma l’approccio mentale proposto consente di gestire al meglio anche questo segmento di pubblico.

Inizio del customer Journey: la partenza dipende sempre e solo da un’esigenza?

Abbiamo detto che il Customer Journey inizia quando una persona sente un’esigenza (ad esempio Mario che sente di voler perdere i kg di troppo); ma è sempre così?

No, a volte il Customer Journey non inizia con un’esigenza “reale”, ma semplicemente perché qualcosa ci affascina o ci incuriosisce.

Stiamo leggendo un reportage sull’inquinamento causato dalla plastica e si parla dell’imballaggio dei prodotti di cosmesi: nell’articolo si fa riferimento allo shampoo solido che permetterebbe di risparmiare tonnellate di plastica ogni anno.

Shampoo solido? Non so cos’è, mi incuriosisco e vado a vedere: dopo essermi informata risulta che mi interessa, sembra proprio un prodotto che fa per me che sono così attenta all’ambiente.

Quindi, comincio a cercare in rete dove comprarlo… ed ecco che il mio Customer Journey è già iniziato.

Poco prima non sentivo l’esigenza di acquistare shampoo solido, anzi, non sapevo nemmeno che esistesse questo prodotto!

Non sempre quindi ci rendiamo conto di aver intrapreso il viaggio del cliente semplicemente perché il suo inizio non sempre è sotto il nostro controllo: a volte sì, quando è una semplice reazione a un’esigenza immediata (ho freddo e voglio comprare un cappotto nuovo > cerco online e lo compro) ma a volte parte da un semplice stimolo.

Consapevoli di questa dinamica, sono tante le aziende che si impegnano per creare stimoli in grado di far sorgere una necessità (come abbiamo visto nell’esempio iniziale in cui Mario si interessa alla corsa grazie a un approfondimento).

Customer Journey e flywheel di vendita (ex funnel)

L’inbound marketing prevede 4 step:

  1. Attract (attrarre l’utente)
  2. Convert (convertire l’utente)
  3. Close (chiudere la transazione, qualsiasi essa sia)
  4. Delight (follow up per la fidelizzazione dell’utente)

Anche qui assistiamo a un percorso, quello che l’utente fa dal momento in cui percepisce una necessità a quando acquista un prodotto o servizio: inizia con l’utente che è un “estraneo”, poi diventa un visitatore, poi un lead, poi un cliente e – successivamente – un promotore del brand.

Questo concetto veniva rappresentato con un imbuto (il marketing funnel) ma – da settembre 2018 circa – è stato sostituito dal marketing flywheel (il volano del marketing) di cui avevamo parlato anche in un approfondimento dedicato.

La grande differenza tra funnel e flywheel sta nello step del delight: nel flywheel viene dato molto più valore alle opportunità di “deliziare” il cliente anche prima dell’acquisto; in questo modo l’utente che diventa cliente (soddisfatto) passa ad alimentare la crescita e il successo dell’azienda, dando continuo impulso al volano.

Per questo è importantissimo curare tutti i punti di contatto lungo il Customer Journey: cosa intendiamo per punti di contatto?

Customer Journey e punti di contatto (touchpoint)

I punti di contatto (touchpoint) sono tutti quei punti nelle varie fasi del Customer Journey in cui i clienti possono entrare in contatto con il brand: può trattarsi di pubblicità all’inizio, durante la fase Awareness, di post del blog nella fase Consideration, di recensioni e servizio clienti durante la fase Decision…

Questi punti di contatto vanno trattati con i guanti: sono cruciali nel determinare se un utente proseguirà lungo il Customer Journey con un determinato brand o se deciderà di andare altrove.

Come sapere quali sono i punti di contatto con un brand?

Per capirlo bisogna mettersi nei panni dell’utente e chiedersi: a chi mi rivolgo quando…? Cosa faccio se devo…? Dove cerco se ho la necessità di…?

Bisogna quindi definire i momenti e li situazioni nelle quali è più probabile che i clienti si mettano in contatto con noi, ad esempio:

  • prima di acquistare: social media, feedback, pubblicità, sito, passaparola
  • durante l’acquisto: sito, catalogo, promozioni, servizio clienti
  • dopo l’acquisto: contatto con il servizio clienti, comunicazioni di ringraziamento, feedback per sapere com’è andata

Nel definire i punti di contatto dobbiamo ricordare che le persone passano sempre più tempo con lo smartphone, utilizzando le varie piattaforme social non solo per le interazioni sociali ma anche per informarsi e contattare brand o aziende.

Con le interazioni social il desiderio di immediatezza viene avvertito in maniera significativa: se vogliamo un’informazione o abbiamo un problema scriviamo alla pagina Facebook di un brand e ci aspettiamo che ci rispondano nel giro di pochissimo tempo, indipendentemente dall’ora e dal giorno della settimana, giusto?

Lo avevamo visto anche nell’approfondimento sul social customer service: proprio per questo motivo i chatbot stanno diventando fondamentali; se oggi si tratta di una tecnologia che ha ancora parecchi punti deboli, nel futuro (non lontano) saranno in grado di aiutarci proprio come farebbe un normale addetto al servizio clienti (in carne ed ossa).

Assistenti vocali e rapporto con il brand

Negli USA stiamo assistendo al boom degli assistenti digitali (Google Home Mini, Amazon Alexa…), ma anche in Italia stanno rapidamente prendendo piede: uno studio Digital Consumer Survey di Accenture svolto su un campione di italiani riporta che il 72% degli intervistati preferisce l’aiuto di un assistente digitale per gestire i servizi domestici (ad esempio controllare gli elettrodomestici o il riscaldamento) invece della classica app dedicata; è anche grazie agli assistenti digitali che il nostro rapporto con i brand (e quindi il Customer Journey) sta cambiando.

Questi dispositivi permettono interazioni (ricerche, giochi, etc) ed esperienze d’acquisto molto fluide: siamo sul divano e ci accorgiamo che il telecomando comincia a funzionare male; senza nemmeno alzarci possiamo chiedere ad Alexa di comprare delle pile adatte su Amazon.

Questo fa in modo che su tante categorie merceologiche (ad esempio, appunto, quella delle batterie) le persone smettano di avere particolari preferenze; il prodotto “medio” va bene, e quindi – complice la pigrizia – si sta assistendo a un fenomeno di debrandizzazione di tantissimi prodotti.

Si tratta di un comportamento profondamente diverso da quello che mettiamo in pratica quando ci troviamo in un negozio fisico: se quando siamo al supermercato confrontiamo le varie batterie non solo in base al prezzo ma anche considerando la confezione, in un acquisto realizzato tramite un’interfaccia vocale il packaging smette di avere importanza.

Non cerchiamo più le pile della marca X o Y; con le richieste alle interfacce vocali, ci accontentiamo di un prodotto “che fa il suo dovere” e, di conseguenza, il rapporto con il brand cambia.

L’esempio delle pile non è casuale: nei primi quattro mesi del 2018 negli Stati Uniti il 97% degli acquisti di batterie online sono stati fatti proprio su Amazon che, già nel 2015, aveva una percentuale di acquisti di batterie a marchio Amazon Basics pari al 31% degli acquisti totali di batterie su Amazon.

Consumer Journey: un viaggio in costante evoluzione

Cambiano i mercati, cambia il modo in cui gli utenti fanno acquisti e, di conseguenza, anche il Customer Journey si evolve; tra i cambiamenti più importanti che abbiamo visto negli ultimi anni troviamo:

  • la sensazione da parte dei consumatori di avere tantissime alternative a loro disposizione: sui social network vediamo costantemente pubblicità simili da vari brand differenti
  • l’essere condizionati dalle scelte dei nostri amici e degli influencer (grazie ai social media possiamo vedere le pagine che piacciono alle altre persone che conosciamo ed essere influenzati dalle loro scelte)
  • una maggiore sensibilità su tematiche etiche, ambientali e sociali (ad esempio i millenial e la “NOwnership”) che ci porta a preferire alcuni brand o prodotti ad altri
  • l’importanza dei feedback e delle review prima di un acquisto; l’opinione di un perfetto sconosciuto è talvolta considerata più credibile rispetto a ciò che arriva da un brand
  • la minore fedeltà verso il brand; dopo aver provato il prodotto x si prova il prodotto y, e poi il prodotto z
  • la maggior parte delle decisioni vengono prese nella prima fase del Customer Journey, quando ci si rende conto di avere un’esigenza

Questo ultimo punto è particolarmente importante perché dice alle aziende che bisogna puntare molto sul rapporto iniziale con il cliente, ed è anche un fenomeno che ha portato Google a parlare di Zero Moment of Truth.

Customer Journey e Zero Moment of Truth (ZMOT)

Zero Moment of Truth (Momento zero della verità) è un concetto ideato da Google nel 2011 e – nell’ottica del Customer Journey – coincide a grandi linee con la Consideration stage, quella fase in cui un utente cerca un prodotto prima di comprarlo informandosi online.

Come abbiamo già detto ormai la maggior parte delle decisioni d’acquisto viene presa nel “momento zero”, ovvero quando sentiamo la necessità di un prodotto/servizio; la ricerca che scaturisce da queste necessità viene portata avanti ovunque, in qualsiasi momento: non si aspetta più di arrivare a casa e in tranquillità prendere il computer e cercare, magari si cerca sullo smartphone mentre si sta andando in pausa pranzo o mentre si prepara la cena.

Ad essere pari a zero è quindi la distanza fra il problema (o l’esigenza) e la possibilità di cercare una soluzione adatta; questo importante cambio ci porta anche a fare a meno degli strumenti che prima impiegavamo nel processo decisionale (esperienze passate, nozioni acquisite) poiché abbiamo la possibilità di chiedere (a Google, ad Amazon, etc.) e farci dare la soluzione in pochi secondi.

Questo accorciare (se non annullare) le distanze è ancora più palese con l’uso delle interfacce vocali: non abbiamo più bisogno di tirare fuori il telefono, guardare lo schermo: l’unica cosa che ci serve per avere delle risposte è la nostra voce, quindi l’intervallo tra esigenza e risposta si fa ancora più breve.

Per questo è importantissimo sapere ciò che gli utenti si domandano quando cominciano a sentire un bisogno preciso (“qual è la crema migliore per le mani screpolate?”); in questo modo un brand può concentrare i propri sforzi nel farsi trovare come risposta a questa domanda.

Essere la risposta a una domanda è il primo (importantissimo) passo, ma si è solo a metà dell’opera: dobbiamo poi assicurarci che la risposta che diamo sia efficace, utile, in grado di educare l’utente e dargli del valore aggiunto.

Customer Journey e content marketing

Farsi trovare con contenuti utili, educativi e di grande valore è l’obiettivo delle strategie di content marketing; in questo senso è importante creare contenuti (video, testi, infografiche, presentazioni, tutorial, etc.) per ogni fase del Customer Journey, come avevamo già visto in un post dedicato.

  1. Awareness stage: l’obiettivo è educare gli utenti per fargli capire meglio il problema
  2. Consideration stage: l’obiettivo è educare gli utenti per aiutarli a capire quali potrebbero essere le soluzioni al loro problema
  3. Decision stage: educare gli utenti per capire qual è il prodotto giusto per far fronte al problema

Un modo utile per aiutarci a creare contenuto adatto e utile per ogni fase del Customer Journey è quello di definire le buyer persona e i loro possibili comportamenti nelle diverse fasi:

Per l’Awareness stage:

  • quali sono gli obiettivi o le sfide dell’utente?
  • come si informa riguardo a questi obiettivi o sfide?
  • come decide le sue priorità?
  • ha dei pregiudizi riguardo gli obiettivi o le sfide che si pone?

Per la Consideration stage:

  • che soluzioni prende in considerazione?
  • cosa offriamo che può fare la differenza (o che può penalizzarci) rispetto alla concorrenza?
  • la decisione viene presa consultando altre persone? Che ruolo hanno? (Partner, colleghi, etc.)
  • l’utente ha aspettative prima di acquistare?

Per la Decision stage:

  • quanto è disposto a spendere l’utente?
  • quanto può essere condizionato dai feedback degli altri clienti?
  • ci sono incentivi che possono stimolare l’acquisto?

Tuttavia non dobbiamo pensare che il Customer Journey avvenga solo online attraverso i mezzi di comunicazione digitale: anche l’offline rimane un punto di contatto fondamentale!

Customer Journey: un viaggio solo online?

Non solo la traiettoria di un utente lungo il Customer Journey non è lineare, ma può vedere il passaggio (per uno stesso acquisto) attraverso territori diversi: quello dell’online e quello dell’offline.

Fino ad ora ci siamo concentrati soprattutto sul viaggio del cliente online, ma l’offline è ancora un punto di contatto cruciale in tante situazioni: pensiamo di andare in un negozio e parlare con un commesso (e il modo in cui veniamo serviti che può fare la differenza), le luci del negozio che mettono in risalto alcune caratteristiche dei prodotti, la presenza di materiale promozionale che può interessarci o incuriosirci… Sono tutte situazioni che hanno ancora grande peso nel nostro processo decisionale.

Andiamo a vedere alcune situazioni in cui il Customer Journey online sconfina nell’offline e viceversa:

Click&Collect

In questo caso l’utente compra e paga online ma decide di ritirare la merce in negozio per diversi motivi: risparmiare sulle spese di spedizione, non dover aspettare il corriere, essere sicuro che la merce arrivi, etc.

Try&Buy (o showrooming)

Vogliamo acquistare una televisione e abbiamo in mente un modello ben preciso; ci rechiamo in un negozio di elettronica e la guardiamo da vicino, la proviamo, magari chiediamo anche al commesso quali sono i suoi pro e contro; poi però torniamo a casa e la compriamo online, dove costa meno.

La pratica di provare nei negozi offline per poi acquistare online è sempre più diffusa per tutte le categorie merceologiche, poiché unisce il vantaggio di poter toccare con mano senza impegno al risparmio offerto dalla maggior parte dei negozi online.

ROPO (Research Online Purchase Offline)

E’ il contrario dello showrooming: qui l’utente si informa online riguardo a un determinato prodotto e – una volta deciso cosa acquistare – va in un negozio fisico per portare a termine la transazione.

Questo succede nel caso in cui una persona (come ancora spesso accade in Italia) non sia molto pratica (o non si fidi) con l’acquisto online, oppure perché in quel determinato negozio c’è una promozione particolare, oppure perché – come nel caso dei grandi elettrodomestici – le spese di spedizione sono altissime e azzerano l’eventuale risparmio dell’acquisto online, etc.

Con l’evoluzione del mercato nascono poi modelli innovativi: pensiamo a Zalando che permette di provare prima e pagare dopo, dandoci modo di provarci gli acquisti e di tenere solo quelli che effettivamente ci piacciono di più; con questa modalità l’addebito sulla carta di credito avviene 15 giorni dopo l’ordine, abbiamo quindi tutto il tempo di provare i vestiti e decidere se e quali rendere, così ci viene addebitato solo il costo dei capi che vogliamo effettivamente tenere.

Oppure pensiamo ad Amazon e al suo servizio (non ancora disponibile) dell’Anticipatory Shipping (spedizione anticipatoria): utilizzando strumenti di analisi predittiva e servendosi della gigantesca mole di dati riguardanti le abitudini degli utenti che Amazon ha a disposizione, questo servizio ha come obiettivo quello di farti arrivare ciò che ordini in un tempo ancora minore (tenendo preparati i tuoi possibili prossimi acquisti in magazzini strategicamente ubicati vicino a te).

Customer Journey e il viaggio “insieme” al brand

Il Customer Journey è in primis un percorso costituito da diverse tappe che corrispondono a diversi punti del processo decisionale; tuttavia, può essere visto anche (e sempre di più) come un viaggio che un utente intraprende al fianco di un brand.

In che modo?

I consumatori oggi non vogliono solo comprare prodotti, ma esperienze; desiderano sapere che con le loro scelte stanno facendo delle buone azioni e, per questo, tendono a preferire le aziende che rappresentano i valori in cui credono.

Le aziende se ne rendono conto e sono sempre di più quelle che decidono di prendere posizioni nette a favore o a sfavore di determinate situazioni (razzismo, omofobia, inquinamento, diritti delle donne, etc.); capita quindi che un brand riesca a farci fare un percorso portandoci ad essere persone migliori (davvero o solo nel percepito).

Pensiamo alla Coca-Cola e alla sua lattina “Love” prodotta in edizione limitata in occasione del Gay Pride di Milano nel 2018; pronunciandosi a favore dei diritti degli omosessuali Coca-Cola rende più facile per determinate persone fare una scelta (comprare la Coca-Cola) che le fa sentire bene con loro stesse, soprattutto se c’è la componente del “fare bene insieme”.

Un esempio è CharityMiles, un’app che – per ogni km corso – dona denaro a un’associazione a nostra scelta (il denaro viene messo a disposizione da brand come ohnson & Johnson, Del Monte Fresh, Brooks Running, Blueprint. etc.).

In questo modo si crea una relazione di valore che va molto al di là del semplice acquisto fatto ma che porta la persona a sentirsi parte di un viaggio per raggiungere qualcosa di importante.

Dopo essersi resi conto dell’importanza di conoscere il Customer Journey dei clienti per ottimizzare tutti i punti di contatto e soddisfare (talvolta anticipare) le loro richieste, è legittimo sentire il bisogno di tracciare quello che può essere la traiettoria tipica, ideale, di un cliente nel suo processo d’acquisto.

Stiamo parlando di “mappare” il Customer Journey, una pratica importantissima per le aziende: di questo, però, parleremo in un altro approfondimento!