I dati Istat del 2017 ci dicono che in Italia circa il 72% delle aziende con più di 10 addetti ha un sito web o comunque una pagina su internet che le rappresenta.
Volendo, si può leggere anche il dato al contrario: circa il 28% delle aziende con più di 10 addetti non ha un sito web o una pagina su internet che le rappresenta.
Qualche altro dato utile: il campione di riferimento è di circa 184mila imprese e l’Italia è indietro di circa 5 punti percentuali rispetto al resto d’Europa.
Quello che però non emerge da questi dati statistici è la risposta ad una domanda di difficile risposta ma fondamentale nella sostanza:
“quanto è effettivamente utile all’impresa il sito web o la pagina internet che la rappresenta”?
C’è infatti una differenza abissale tra un’impresa che usa regolarmente il proprio sito web per comunicare con i suoi interlocutori di riferimento facendo crescere il proprio valore rispetto ad un’impresa che in un determinato momento ha pubblicato in rete un sito ma, nella sostanza, lo ha abbandonato.
Di siti ormai “orfani”, purtroppo, è pieno il web: alcuni sono diventati obsoleti nel tempo, per via delle soluzioni tecnologiche adottate in fase di sviluppo, mentre altri erano già dall’inizio poco utili all’impresa, realizzati più per “esserci” che per reale volontà di investire in uno strumento utile all’azienda.
Altri ancora, invece, hanno le carte in regola per essere attuali ed utili ma – per qualche ragione – non sono più oggetto delle attenzioni dell’impresa e non vengono aggiornati, diventando irrilevanti o addirittura controproducenti per l’azienda.
Se in quest’ultimo caso l’intervento potrebbe essere una revisione dei processi aziendali utile a rimettere in opera il sito web come strumento di lavoro, nella maggior parte dei casi precedenti si fa largo una necessità:
procedere con il restyling del sito web.
Restyling: in italiano si può più tradurre come “rivisitazione”, tipicamente in ottica di miglioramento.
Dell’argomento ne avevamo già scritto nel 2012, con diverse riflessioni e spunti accompagnati da un elenco di domande.
In questo post aggiungiamo qualche considerazione su quello che è lo stato dell’arte nella realizzazione di siti web a inizio 2019 e alcuni aspetti importanti che vanno ben considerati quando si intraprende un progetto di restyling di un sito web.
Restyling di un sito web: non è solo una questione di aspetto grafico
Quando si pensa al restyling di un sito web viene subito in mente un cambio del suo aspetto grafico: del resto si tratta del cambiamento di cui ci si rende immediatamente conto se si torna a visitare un sito che è stato recentemente rielaborato.
Spesso però la grafica (che insieme ad altri elementi costituisce il c.d. “front end”, come vedremo più avanti) è solamente la punta dell’iceberg di un cambiamento ben più sostanziale: architettura del sito, contenuti, funzionalità e molti altri aspetti fanno parte di quanto è utile rivalutare durante un processo di restyling.
Un rapido appunto: se in azienda sono state recentemente definite delle linee guida sull’identità visuale, è bene che la grafica del sito segua al meglio quanto definito.
Se invece le linee guida sono datate o addirittura assenti, il restyling del sito web è un’utile occasione per aggiornarle o definirle.
Smartphone ma non solo: andare oltre al responsive design
Audiweb ci conferma con i suoi report quello che è un’esperienza quotidiana: gli smartphone sono ormai il mezzo con cui accediamo di più ad internet e le sue possibilità.
I dati di ottobre 2018 ci dicono che nel giorno medio hanno effettuato l’accesso circa 33 milioni di persone: 28,1 milioni tramite smartphone, 11,9 milioni da un computer e 5,4 milioni utilizzando un tablet.
Il c.d. responsive design (o design responsivo o ancora responsive web design – RWD) permette di rendere adeguatamente visibile un determinato contenuto su dispositivi con risoluzioni diverse.
Attenzione però: questo non significa che sviluppare un sito con il responsive design consenta automaticamente una fruizione ottimale del contenuto su ogni dispositivo, in quanto certi contenuti, per essere fruibili al meglio, richiedono spazio visivo.
Pensiamo ad una tabella complessa con molti dati: se ne può agevolare la fruizione su di uno smartphone, ma difficilmente si potrà consentire il colpo d’occhio che assicura uno schermo di grandi dimensioni.
Se questo è un esempio “estremo”, ce ne sono molti altri: ci può venire facile leggere un testo sdraiati sul divano con uno smartphone o un tablet in mano ma magari su di un mezzo in movimento risulta più fruibile lo stesso contenuto veicolato attraverso un video.
Andare oltre al responsive design (al di là dell’iniziale contrapposizione con il design adattivo, di cui avevamo scritto anche nel nostro blog) diventa fondamentale, per ragionare sull’esperienza d’uso d’insieme di quello che proponiamo ai nostri utenti.
Questo, in occasione di un restyling, si traduce nell’utilità di guardare con occhio critico ai contenuti esistenti (magari elaborati diversi anni addietro) per comprenderne l’adeguatezza ai nuovi contesti d’impiego.
Ancora una volta è bene ripetere l’idea che il minor spazio a disposizione sui dispositivi mobili non si deve automaticamente tradurre nella pubblicazione di contenuti più brevi: caso per caso va valutata l’esigenza comunicativa e individuata la forma che meglio si adegua a dispositivo e contesto.
Pagine AMP (Accelerated Mobile Pages) – Cosa sono e perché sono importanti
Per Google la velocità è un fattore di posizionamento, niente se o ma: se agli occhi del motore di ricerca una pagina carica più lentamente di un’altra, a parità di altri fattori verrà mostrata dopo. Letteralmente, ogni millisecondo conta.
Google ci offre anche una serie di strumenti per verificare le nostre pagine e ci fornisce numerosi suggerimenti per migliorare i nostri risultati.
A nostra disposizione ci sono anche delle nuove tecnologie di cui approfittare: tra queste, le pagine AMP.
L’iniziativa open source AMP (Accelerated Mobile Pages), supportata da Google offre, ad esempio, un suo formato HTML, una libreria Javascript e un sistema di cache che hanno un solo obiettivo: rendere praticamente “istantanea” la fruizione di un contenuto web.
La presenza del simbolo AMP (un piccolo fulmine bianco all’interno di un tondino grigio) in corrispondenza del risultato aiuta chi utilizza Google a sapere che quella pagina caricherà molto velocemente e questo, tipicamente, porterà l’utente a preferirla ad altre, influenzando in questo modo ulteriormente il suo posizionamento, facendola salire di posizione nella SERP.
La tecnologia AMP ha dei limiti che potrebbero scoraggiare dal suo impiego: nello sviluppo di un restyling di un sito web bisogna comprendere a cosa si rinuncia ed al suo impatto sull’esperienza d’insieme dei visitatori ed il valore del progetto.
Se ad esempio l’impiego di un effetto grafico particolarmente gradevole fosse incompatibile con l’impiego di questa tecnologia, bisogna mettere sul piatto da una parte il gusto estetico (quell’effetto ci piace e pensiamo possa piacere al nostro pubblico) e dall’altra la velocità di accesso al sito ed il particolare favore in termini di posizionamento nelle SERP: compresi i valori in gioco, sta poi ad ogni azienda fare la propria scelta.
PWA (Progressive Web App) – Le applicazioni web che non richiedono negozi dedicati
Negli anni passati molte aziende hanno ritenuto fondamentale sviluppare le proprie applicazioni per poi pubblicarle negli “App Store”, di cui i più popolari sono quelli ufficiali di Google (“Play Store”) per il mondo Android e Apple (“App Store”) per il mondo iOS.
La procedura di pubblicazione richiede la registrazione ai negozi come sviluppatori (con i relativi costi associati), l’invio dell’app per la pubblicazione e l’attesa del riscontro di chi controlla le app pubblicate, che a volte richiede pochi giorni ed altre volte tempi più lunghi.
Ad ogni cambiamento dell’app è necessario inviarla nuovamente per l’approvazione, con un’attesa più o meno lunga prima che venga resa disponibile agli utenti (che dovranno aggiornarla sul proprio dispositivo).
Perché pubblicare un’app dedicata e non far accedere gli utenti con il browser ad un normale sito?
Tipicamente il motivo è associato alla necessità per l’app di accedere a determinate funzionalità, solitamente inaccessibili alle applicazioni web.
La tecnologia delle Progressive Web App, sviluppata da Google, permette di aggiungere alle normali applicazioni web letteralmente una marcia in più:
- si possono aggiungere alla pagina iniziale del dispositivo ed essere richiamate proprio come se fossero un’app nativa
- si possono pubblicare e aggiornare in qualsiasi istante, senza i costi ed i tempi di approvazione degli store ufficiali
- permettono all’applicazione di funzionare anche senza connessione a internet
- permettono di inviare notifiche push agli utenti che le hanno installate
- grazie all’architettura, permettono di ottimizzare lo scambio dati e di offrire un’esperienza d’uso particolarmente veloce anche con connessioni lente
Da Uber a Tinder, da Pinterest al Financial Times, molte aziende hanno già approfittato di questa tecnologia per migliorare l’esperienza offerta ai propri utenti e molte altre stanno pianificando lo sviluppo di questo tipo di applicazioni web per il 2019 e oltre.
SSL, DNS e nuovi protocolli HTTP
Quando accediamo ad una pagina web, il nostro browser invia dei dati ad un server: l’invio di questi dati può avvenire “in chiaro”, consentendo ad eventuali terze parti (tra cui l’ISP – Internet Service Provider utilizzato per connettersi alla rete) di intercettare e visualizzare questi dati, oppure “criptandoli”, facendo sì che siano interpretabili solo dal destinatario.
Google ha insistito molto per rendere sicura la comunicazione tra gli utenti ed i siti a cui accedono e nel 2018, con il rilascio della versione 68 del suo browser Chrome ha iniziato a segnare come “non sicure” tutte le pagine che non comunicano attraverso un canale di comunicazione sicuro (SSL – Secure Socket Layer).
Molti siti web realizzati negli scorsi anni non sono stati progettati per funzionare in questa modalità di comunicazione e richiedono interventi per essere adeguati: anche questo fa parte delle attenzioni che è importante prestare in occasione di un restyling.
Al pari, un aspetto spesso trascurato in un progetto web è il server DNS incaricato di tradurre la richiesta dell’utente nell’indirizzo IP a cui accedere per recuperare i dati.
La velocità con cui si accede a questo intermediario ed il tempo che ci impiega per fornire una risposta utile sono importanti per il quadro d’insieme della velocità di un sito web ed è bene tenerne conto in fase di scelta.
Sempre in ottica di sicurezza e velocità, è in fase di definizione un nuovo protocollo di comunicazione nato con il nome di QUIC ma recentemente rinominato in HTTP/3 che ha l’obiettivo di ridurre ulteriormente la latenza nello scambio dati tra un server ed un browser, contribuendo ad accelerare ulteriormente l’esperienza d’uso di siti e applicazioni web ospitate su server che mettono a disposizione questo protocollo.
Le fondamenta di una nuova esperienza d’uso: il ruolo dello UX designer
AMP, PWA, SSL, HTTP/3: ognuna di queste tecnologie consente a chi realizza il restyling di un sito web nel 2019 e oltre di costruire delle fondamenta particolarmente solide per migliorare l’esperienza d’uso degli utenti.
Se però non si costruisce con attenzione e mestiere su queste fondamenta, difficilmente se ne ottengono i benefici.
Il restyling di un sito web è un’occasione importante per coinvolgere uno o più UX designer nel processo.
Questa figura professionale dalle competenze trasversali è in grado di supportare il processo di rivisitazione di un sito web migliorando l’esperienza d’uso d’insieme e di singoli processi, intervenendo sui diversi aspetti di rilievo: dal design all’architettura dell’informazione, dalle singole interfacce ai messaggi d’errore, l’UX designer aiuta tutti i professionisti coinvolti nel processo di restyling ad offrire un’esperienza d’uso migliore all’utente che visita il sito, nel rispetto dei limiti di progetto (tipicamente economici e di tempo).
“Front end” e “Back end”: quello che si vede e non si vede del sito web
Come abbiamo già visto, nella maggior parte del restyling di siti web aziendali si interviene sul “Front end”, la parte di sito visibile agli utenti: cambia la grafica, cambia (a volte) l’architettura informativa, le funzionalità a disposizione del visitatore, etc.
Spesso in occasione di un restyling cambia anche il “Back end”, cioè quello che sta alle spalle del sito, tipicamente un CMS (Content Management System, sistema di gestione dei contenuti).
Oggi tra i CMS più diffusi c’è sicuramente WordPress, una risorsa open source che secondo una statistica fa da “motore” a più del 30% dei siti web pubblicati ed anzi, se si considerano i siti che hanno un CMS noto ad alimentarli, questo dato sale a quasi al 60%.
La popolarità di WordPress è anche un suo fattore di rischio: è molto importante mantenere aggiornati nel tempo i siti realizzati con questo CMS in quanto sono in molti a cercarne le falle di sicurezza, per gli usi più disparati.
Oltre a WordPress ci sono molti altri CMS, gratuiti e a pagamento, standard o personalizzati, che possono essere valutati per la gestione dei contenuti del proprio sito web aziendale.
Se il sito oggetto di restyling già utilizzava un CMS, è utile valutare la possibilità di continuare ad utilizzarlo anche per il nuovo sito web: in qualche caso sarà sia possibile che opportuno, mentre in altri sarà necessario intervenire anche su questo fronte.
Il processo di restyling del sito web: gli interlocutori in azienda
In molte aziende, soprattutto negli anni passati ma spesso ancora oggi, quando si pensa al sito web lo si considera in automatico come qualcosa di competenza di chi si occupa di tecnologie informatiche in azienda, del c.d. “reparto IT”.
Il ragionamento in parte è corretto: dietro alla realizzazione di un sito web moderno e funzionale ci sono molti tecnicismi che chi si occupa di IT in azienda è giusto che valuti e validi, soprattutto quando si ha a che fare con un fornitore esterno che presenta queste tecnologie e non sempre potrebbe avere in mente il miglior interesse possibile del cliente.
Se però si pensa al sito web come punto di contatto e dialogo con il mercato diventa chiaro che coinvolgere chi si occupa di marketing è un imperativo.
Un sito web moderno però può essere di gran beneficio anche al reparto vendite e quello post-vendita: pensiamo solo all’utilità della pubblicazione di domande e risposte ben impostate e l’impatto che possono avere sul carico di lavoro dell’assistenza clienti.
Vogliamo poi considerare il possibile ruolo del sito web aziendale nel far conoscere la missione e la cultura aziendale, stimolando dei potenziali candidati a fare domanda di lavoro? Di sicuro chi si occupa di risorse umane in azienda ci terrebbe che questa opportunità venisse colta.
Gli esempi possono continuare, ma l’idea è che un sito web in un modo o nell’altro ha un impatto in qualsiasi aspetto della vita aziendale e che se non è già stato fatto in occasione dello sviluppo iniziale o di restyling precedenti, un’ulteriore momento di revisione può essere l’occasione giusta per coinvolgere nel processo tutta l’azienda e sviluppare una risorsa di valore.
Il restyling del sito web: l’occasione giusta per definire o verificare i KPI di riferimento
Come misuriamo il successo di un sito web?
Il primo parametro che potrebbe venire in mente sono le visite, ma siamo sicuri che tutte le visite contano? Cosa succede se il nostro sito si posiziona particolarmente bene per una ricerca che ci porta visitatori che difficilmente si convertiranno in clienti?
Certo, una visita è meglio di nessuna visita, ma chiaramente il dato va letto con la dovuta attenzione.
Un altro parametro spesso analizzato sono le richieste di contatto, ma anche in questo caso è bene comprendere quante di queste poi portano un reale vantaggio all’azienda e quante invece si rivelano una perdita di tempo.
Questi dati sono facili da leggere avvalendosi di strumenti statistici e tra questi il più diffuso è Google Analytics, a cui abbiamo dedicato recentemente un approfondimento.
Tornando però agli esempi delle righe precedenti, troviamo degli spunti interessanti per definire dei KPI (Indicatori chiave di performance, in inglese appunto Key Performance Indicators) personalizzati caso per caso: ad esempio, un’azienda che mediamente doveva spendere 100 ore al mese a rispondere a domande di “prima linea”, magari dopo la pubblicazione di un elenco di FAQ adeguato sul proprio sito si trova a spendere solo 60 ore, con un risparmio di 40 ore ed una maggior tempestività della risposta.
Questo risparmio di tempo, unito alla migliore esperienza dei visitatori del sito è sicuramente una miglioria dell’esperienza offerta dal servizio clienti e può essere misurata.
Come questa, altre: i veri KPI di un sito web sono quelli dei processi aziendali in cui si innestano, possibilmente apportando dei miglioramenti.
La messa in linea del restyling del sito web e SEO: a cosa prestare attenzione?
Il momento clou di un restyling è la pubblicazione in rete del nuovo sito, un momento tanto delicato quanto trascurato nella maggior parte dei casi: infatti spesso si tende a sostituire il vecchio con il nuovo, senza prendere in considerazione il valore costruito nel tempo dal sito precedente.
Prendiamo in considerazione il posizionamento sui motori di ricerca: magari il sito antecedente al restyling aveva consentito di posizionare al meglio una determinata pagine, ritenuta rilevante dai motori di ricerca per determinate keyword.
Cosa succede a quel valore se in occasione della pubblicazione del nuovo sito chi visita quella pagina viene accolto con una pagina di errore (404) o reindirizzato alla home page?
Molto semplicemente, dopo poco il valore accumulato agli occhi dei motori di ricerca viene disperso, per diventare nel giro di pochissimo irrecuperabile.
In ogni processo di restyling è quindi molto importante analizzare con le dovute attenzioni il posizionamento delle pagine del sito precedente e, in base alle energie disponibili, prevedere il reindirizzamento di quelle più popolari a pagine equivalenti sul nuovo sito, in modo da mantenere agli occhi dei motori di ricerca il credito precedentemente guadagnato.
Restyling di un sito web e normativa vigente: assicurarsi che sia tutto in regola
Impegnarsi nel restyling di un sito web aziendale è anche un’occasione importante per verificare che quello che si sta facendo rispetti la normativa vigente.
I cambiamenti introdotti con la normativa sui cookie e soprattutto quelli del GDPR impongono una rinnovata attenzione su più fronti, con il coinvolgimento di figure esperte e l’assegnazione di ruoli corrispondenti a responsabilità specifiche.
In alcuni casi potrebbe diventare necessario modificare dei processi assodati in azienda, rimettendoli in discussione fino al punto di stravolgerli, con un impatto che va al di là del sito web stesso.
Aggiornare il sito web: l’importanza di definire ruoli, risorse, processi e aspettative.
Superato il momento critico della pubblicazione del restyling di un sito web aziendale, tipicamente l’attenzione per il sito e quanto correlato scema: le persone tornano alla propria routine ed il sito viene sostanzialmente dimenticato.
Questo comportamento – errato – trova le sue radici nella fase di progettazione del restyling, quando non vengono definiti in maniera chiara ruoli, risorse, processi e aspettative.
Il sito web è un’entità viva, pensata per essere aggiornata nel tempo con le novità della vita dell’azienda.
Spesso viene prevista un’area notizie, ma se non viene assegnato nessun responsabile del suo aggiornamento e non gli vengono fornite le giuste risorse il destino è quello della maggior parte delle aree notizie dei siti aziendali: restare aggiornate al momento della pubblicazione del nuovo sito o poco dopo.
Nel momento in cui scriviamo siamo agli inizi 2019: se provate a navigare 10 siti aziendali, quanti ne trovate con la data dell’ultima notizia ferma a inizio 2018 o prima?
Pubblicare con regolarità delle notizie sul blog aziendale ci consente di stabilire un dialogo molto importante con il mercato: a questo fine, è utile impostare un calendario editoriale e prepararsi alla redazione e pubblicazione di post di svariato genere, dai pillar article a quelli dedicati alla partecipazione a fiere ed eventi.
I contenuti del sito inoltre hanno spesso una scadenza, come avviene ad esempio nel caso delle certificazioni di qualità: segnare queste scadenze in un calendario associato al sito e individuare i responsabili dell’aggiornamento consente di minimizzare le sorprese legate al mancato aggiornamento e presentare al mercato un sito che dimostra una reale attenzione per i dettagli.
Oltre agli aggiornamenti dei diversi contenuti pubblicati è importante assegnare delle risorse agli aggiornamenti tecnici e di sicurezza: le pagine web per essere fruite richiedono l’uso di un browser e questo tipo di applicativi viene aggiornato molto spesso. Può capitare che uno di questi aggiornamenti richieda un intervento sul sito così come può capitare che emerga una vulnerabilità negli applicativi utilizzati per realizzare il sito.
Quale che sia il caso, è importante mantenere nel tempo il sito aggiornato e mettersi in grado di intervenire nel caso di problematiche, al fine di minimizzare le interruzioni di servizio ed i rischi per l’impresa.
Il restyling di un sito web e la vita utile di un sito: quanto tempo è giusto che stia in rete?
Per la maggior parte delle persone è abbastanza facile distinguere un modello d’auto con qualche anno sulle spalle ed una appena uscita sul mercato: forme, soluzioni tecniche prima impossibili (come ad esempio i fari a LED) e tanti altri dettagli ci aiutano a inquadrare l’età di un modello d’auto.
Anche nella valutazione di un sito web è tipicamente possibile individuare quelli che hanno più anni sulle spalle: a tradirli non è solo l’aspetto grafico, ma anche un insieme di dettagli di solito associati all’esperienza d’uso.
Quanto deve stare in rete quindi un sito web? La risposta più corretta potrebbe essere: “per tutto il tempo in cui riesce a svolgere al meglio quello per cui è stato progettato”; a questa valutazione aggiungiamo però un dato nato dall’esperienza, che ci porta a considerare la vita utile media di un sito web in circa 4 anni.
Questo non significa che dopo 4 anni un sito web debba essere buttato via e rifatto da zero, anzi: se ben progettato, realizzato e mantenuto nel tempo (sia sul fronte tecnico che su quello dei contenuti) un sito web può esprimere un buon valore anche più a lungo, ma riteniamo 4 anni il lasso di tempo adeguato per affrontare in azienda quel processo di revisione che porta a mettere in discussione il sito web e la sua utilità per l’impresa, sui tanti fronti su cui è impegnato.
L’esito di questa revisione potrebbe essere la valutazione dell’opportunità di intervenire su uno o più aspetti: dalla grafica all’architettura informativa, dalla tipologia di contenuti pubblicati alla piattaforma di gestione sottostante e molti altri ancora.
Da questa valutazione potrebbe nascere o meno un nuovo restyling del sito web: se così non fosse, il consiglio è di non aspettare nuovamente quattro anni per la valutazione successiva ma di accelerare i tempi, rendendo questa attività prima biennale e, se si rimanderà ancora, annuale.