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Cos’è la riprova sociale e perché è importante nel marketing? Scopriamo insieme 12 leve di social proof utili nell’arte della persuasione

Stella Fumagalli

Tempo di lettura: 10′

Abbiamo fatto una gita fuori porta per il weekend e decidiamo di prendere un gelato: passeggiando per la città che stiamo visitando troviamo due gelaterie, a poche decine di metri di distanza una dall’altra; mentre una è praticamente vuota, l’altra ha una lunga coda di persone alla porta.

Siamo davanti a una scelta: non conosciamo le gelaterie, non sappiamo quale abbia il gelato migliore; andando in quella vuota potremmo ordinare velocemente e riprendere la nostra passeggiata, scegliendo quella con la coda – invece – dovremmo aspettare parecchi minuti prima di riuscire a prendere il gelato: ciò nonostante, la maggior parte delle persone sceglierà la gelateria con la coda di gente all’entrata.

Perché? Beh, se così tanta gente vuole comprare il gelato proprio in quella gelateria un motivo ci sarà, giusto?

Può darsi che il gelato sia davvero migliore, ma – non avendolo ancora provato – il vero motivo che ci ha spinto a metterci in coda insieme agli altri si chiama riprova sociale (in inglese “social proof” o “informational social influence”) e si tratta di una delle sei strategie cognitive di cui Robert Cialdini (psicologo statunitense) parla nel suo libro “Le armi della persuasione”.

Che cos’è la riprova sociale?

Questo principio stabilisce che le persone tendono a ritenere più validi i comportamenti o le scelte effettuati da un gran numero di persone: tornando all’esempio della gelateria, ci sembra più logico aspettare per diverso tempo in coda perché tutti stanno facendo così invece di provare a prendere il gelato nell’altro locale che – a quanto ne sappiamo – potrebbe essere altrettanto buono o addirittura migliore.

La riprova sociale tende a manifestarsi quando le persone non hanno abbastanza conoscenze per determinare quale decisione è meglio prendere, quindi preferiscono imitare ciò che fanno gli altri: quella gelateria è vuota perché il gelato non è buono? Non lo so, quindi preferisco andare dove il gelato di certo è buono (perché tante altre persone lo vogliono comprare lì), innescando così una sorta di effetto gregge.

Cosa c’entra la riprova sociale con il marketing?

Questo principio che condiziona diverse scelte della nostra vita quotidiana, nel marketing diventa una risorsa importantissima: attraverso tutta una serie di “leve” possiamo fare in modo che gli utenti siano maggiormente stimolati a compiere una determinata azione.

Facciamo qualche esempio:

stiamo prenotando una vacanza per la nostra famiglia e stiamo scegliendo l’hotel su Booking; siccome abbiamo impostato la ricerca per 4 ospiti (due adulti e due bambini), il motore di ricerca ci propone una serie di alloggi etichettandoli come “scelte top per le famiglie”.

Booking ci sta dicendo quindi che la maggior parte delle persone che viaggiano in famiglia con bambini al seguito scelgono tra gli hotel presenti in quella selezione, e ne sono soddisfatti: noi non abbiamo particolare conoscenza degli alberghi in quella zona e una raccomandazione ci tornerebbe utile; se quegli hotel sono apprezzati dalle famiglie con bambini – categoria di cui facciamo parte e che condivide con noi necessità ed esigenze – lo saranno anche per noi, giusto? Questo è uno di quei casi in cui ci basiamo sulle decisioni degli altri per effettuare una scelta.

Un altro esempio: vogliamo uscire a cena e provare un ristorante dove non siamo mai andati; siamo indecisi fra due alternative, e per scegliere, guardiamo le recensioni su Google: un ristorante ha 5 stelle e 20 recensioni, l’altro ha 5 stelle ma 100 recensioni.

Probabilmente, a parità di stelle, ci ispirerà più fiducia quello con 100 recensioni: se ci sono più feedback vuol dire che ci va più gente, e se ci va più gente sarà perché è migliore, giusto?

Abbiamo detto che la riprova sociale si manifesta prevalentemente quando chi deve decidere non possiede sufficienti informazioni, e quindi si basa sulle scelte degli altri; proprio per questo motivo se una persona invece si rende conto di essere più esperta degli altri su un determinato tema, sarà meno portata a seguire il comportamento degli altri.

Avete presente quando siamo in aeroporto e le persone cominciano a mettersi già in coda all’imbarco nonostante al banco non ci sia nessuna assistente di volo e manchi ancora diverso tempo? Tutto inizia con qualche persona che si prepara con largo anticipo (probabilmente quelli che volano meno spesso) e gli altri passeggeri, vedendo che la coda comincia ad allungarsi, sentono di dover prepararsi anche loro.

I passeggeri ormai esperti, invece, sanno che mettersi in coda alla porta d’imbarco prima che arrivi il personale e cominci a far imbarcare significa solo aspettare lungo tempo in piedi mentre è meglio attendere seduti in tranquillità finché non arriverà il momento di salire sull’aereo: la loro esperienza li porta ad avere i mezzi per sapere come affrontare meglio la situazione, e non si faranno influenzare dal comportamento degli altri.

Inoltre l’intensità della riprova sociale è diversa a seconda della cultura in cui ci troviamo: le persone che appartengono a culture collettiviste (dove gli individui si percepiscono in gruppi di appartenenza) manifestano la riprova sociale in misura maggiore rispetto alle persone di società individualiste (gli individui sono più indipendenti).

Riprova sociale e i principi di vicinanza e autorevolezza

Alle persone quindi basta che una serie di individui compiano una determinata azione per esserne influenzati?

Non è così facile! A seconda del tipo di persona che fa quell’azione l’intensità della riprova sociale cambia; generalmente le categorie di individui con maggiore capacità di persuasione sono:

  • esperti del settore (come un make up artist che usa / consiglia una certa marca di mascara)
  • celebrità (l’endorsement dei VIP ha più peso rispetto a quello di una persona “normale”)
  • amici (tendiamo a fidarci di più delle persone con cui abbiamo un rapporto)
  • utenti generici (attraversi feedback e recensioni di persone “come noi” possiamo sentirci identificati)
  • saggezza della folla (quando abbiamo la sensazione che qualcosa sia consumato o richiesto su larga scala tendiamo a pensare che sia migliore)

Ma anche questa suddivisione può essere condizionata da due principi: quello di vicinanza e quello di autorevolezza.

Il principio di vicinanza dice che tendiamo a fidarci di più delle persone che sono nella nostra stessa situazione (come l’esempio di Booking e delle famiglie con bambini che facevamo prima); il principio di autorevolezza, invece, dice che le persone che danno l’idea di sapere quel che fanno ci ispirano maggiore fiducia.

A volte questi due principi si scontrano fra loro: pensiamo di avere un amico molto caro che conosciamo da anni e che è in una situazione simile alla nostra (sposato con figli); per il principio di vicinanza molto probabilmente su diversi argomenti ci fideremo della sua opinione (che ha buone possibilità di essere in linea con la nostra) ma se un giorno scoprissimo che è terrapiattista staremmo ad ascoltare le sue fantasticherie o preferiremmo dare retta a scienziati che hanno dedicato la loro vita a studiare la Terra e l’Universo (principio di autorevolezza)?

Fonte immagine: https://www.youtube.com/watch?v=JcfWmUl71Jk

12 leve di riprova sociale da usare nel marketing

Ora che abbiamo visto la teoria che sta alla base del principio di riprova sociale, andiamo a vedere come metterla in pratica!

1. Testimonianze e feedback degli utenti

Pensiamo al nostro quotidiano: prima di fare qualsiasi acquisto consultiamo online le recensioni degli utenti che hanno acquistato prima di noi e, in base a quelle, realizziamo le nostre scelte.

Secondo il 2018 ReviewTrackers Online Review Survey il 63,6% degli utenti controlla le recensioni delle schede di Google My Business prima di prendere una decisione; il 94% degli utenti dichiara che una recensione negativa letta online ha fatto loro cambiare idea riguardo a un acquisto e l’80% degli utenti si fida solo se l’azienda o il brand in questione ha un punteggio pari o superiore a 4 stelle (sotto questa soglia l’affidabilità percepita cala in modo significativo).

Le testimonianze di utenti che dichiarano di essersi trovati bene con una certa azienda, i suoi prodotti o i suoi servizi sono leve di riprova sociale potenti ma per funzionare davvero bene dovrebbero:

  • essere molto specifiche (contenere dettagli, numeri)
  • accompagnate dal nome della persona che parla e ancora meglio dalla sua foto (se nel contesto può essere d’aiuto anche dalla sua qualifica lavorativa)
  • le video testimonianze sono ancora più efficaci
Fonte immagine: https://www.hubspot.com/case-studies

2. Voti

Come abbiamo detto poco fa l’80% degli utenti si fida solo di realtà a cui corrisponde un voto da 4 stelle a salire: lasciare un voto per dichiarare il livello di soddisfazione richiede meno impegno rispetto allo scrivere una recensione, quindi è bene disporre di un sistema con il quale le persone possano votare i prodotti e i servizi che offriamo.

In questo modo, in corrispondenza del prodotto o servizio in questione, viene poi mostrata agli utenti una classifica dei voti che hanno dato le persone (100 persone hanno dato 5, 90 persone hanno dato 4, 50 hanno dato 3 e così via) dando così un’indicazione della soddisfazione dei clienti per quel prodotto o servizio.

Fonte immagine: Zalando

Per misurare in modo specifico la soddisfazione dei clienti si ricorre spesso al Net Promoter Score (NPS), un indicatore che misura la proporzione di “promotori” di un prodotto, di una marca o di servizio, rispetto ai suoi “detrattori” classificando i voti in questo modo:

  • chi dà un voto dallo 0 al 6 è un detrattore: si tratta di clienti insoddisfatti
  • chi dà un 7 o un 8 è un passivo: sono clienti soddisfatti ma indifferenti, non consigliano né sconsigliano l’azienda
  • chi dà un 9 o un 10 è un promotore: cliente soddisfatto che tornerà a comprare e consiglierà il prodotto o il servizio ad altri

La percentuale di detrattori viene poi sottratta alla percentuale di promotori: il numero che ne risulta è il Net Promoter Score.

Ricordiamo che di solito i voti che arrivano da piattaforme esterne (ad esempio TrustPilot) sono considerati più attendibili rispetto a quelli che troviamo sul sito dell’azienda: gli utenti hanno la sensazione che mentre ciò che appare sul sito del brand può essere “pilotato” dal brand stesso, non può accadere la stessa cosa con le preferenze che gli utenti esprimono su piattaforme indipendenti sulle quali l’azienda non ha influenza.

La freccia rossa segnala il badge di TrustPilot con l’indicazione della soddisfazione degli utenti sul sito di Clictravel.it

3. Endorsement di influencer e ambassador

Anche qui entrano in gioco i principi di vicinanza e autorevolezza ma ha un ruolo importante anche l’effetto alone (“halo effect” in inglese): questo effetto stabilisce che la percezione generale positiva delle caratteristiche di alcuni individui determina la percezione positiva dell’individuo in generale.

Questo accade con gli influencer: una persona che segue costantemente e che apprezza un influencer sarà più portata a ritenere le sue opinioni affidabili e autorevoli su diversi ambiti.

Gli ambassador, invece, sono tutte quei clienti soddisfatti che si sono trovati così bene con il nostro prodotto da prendersi la briga di consigliarlo proattivamente agli altri: in questo caso vengono visti come autorevoli (sono clienti che hanno esperienza con il prodotto o con il servizio) e quanto più sono vicini al pubblico a cui si rivolgono, maggiore è la loro capacità di persuasione.

Gli influencer (e talvolta anche gli ambassador) ricevono un compenso in cambio della visibilità data a un certo brand, prodotto o servizio: per questo c’è una questione di trasparenza della relazione tra testimonial e brand che è oggetto di importante discussione.

4. Endorsement di celebrità

Abbiamo detto all’inizio che al parere di una celebrità viene dato un peso maggiore rispetto al parere di una persona ordinaria: da sempre le pubblicità utilizzano i VIP come testimonial, cercando personalità che possano avvicinarsi alle preferenze dei propri interlocutori.

Fonte immagine: https://www.amazon.com/Have-Head-Shoulders-Sofia-Vergara/dp/B01HELCC44

Tuttavia la situazione sta cambiando: uno studio condotto negli Stati Uniti ha rilevato come circa il 30% dei 14.000 consumatori presi in esame sono più propensi ad acquistare prodotti pubblicizzati da persone comuni; di questo 30%, la maggior parte erano Millenial.

5. Numeri

Un altro importante fattore di riprova sociale sono i numeri: sono infatti in grado di dimostrare all’utente che già tante altre persone hanno realizzato l’azione che lo stiamo invitando a fare; frasi come “iscriviti alla nostra newsletter come hanno già fatto 51.000 utenti prima di te” oppure “300 persone hanno scaricato il nostro ebook: scaricalo gratis da qui!” ci aiutano a convincere l’utente: se già così tante persone hanno deciso di fare una certa cosa, perché non dovresti farlo anche tu?

Fonte immagine: https://www.hubspot.com/case-studies

6. Interazioni social

I numeri possono essere applicati a un’altra potente leva di di riprova sociale: l’indicazione delle interazioni social raggiunte da un contenuto (quindi il tipico simbolo di condivisione/like del social network in questione con il numero di condivisioni/like accumulati).

Più alto è il numero di interazioni più l’interazione con quel contenuto apparirà come qualcosa che è giusto fare; anche qui il principio di vicinanza gioca un ruolo fondamentale, per questo molto spesso non solo viene visualizzato il numero totale di interazioni ma viene specificato il numero dei tuoi amici che ha interagito con quel contenuto: “Marco, Silvia e altri 13 amici hanno messo mi piace a questo articolo”; come abbiamo già detto, siamo più portati a imitare le azioni realizzate dai nostri amici o dalle persone con cui abbiamo un rapporto.

7. Badge e certificazioni

Poter dimostrare di far parte di un certo gruppo o di aver ottenuto determinati riconoscimenti e certificazioni è una prova di credibilità e di far parte di una comunità che riconosce e soddisfa determinati standard.

Per questo siamo più portati a fidarci di un ecommerce con il bollino “Verified by Visa” o “Shopify Secure” oppure – se siamo particolarmente attenti all’ambiente – ad acquistare prodotti di brand che espongono le certificazioni ambientali a cui hanno aderito.

Fonte immagine: https://www.cycluspaper.com/it/accoglienza/

8. Parlano di noi / visto su

Mostrare le testate, i blog o i siti web famosi che hanno dedicato spazio a un brand o a un prodotto aiuta a rafforzare la percezione del brand: se questo magazine ha dedicato un articolo a questa azienda, è perché è importante.

Fonte immagine: https://mammamama.it/

Bisogna sottolineare però come spesso non si faccia caso a “come” la testata o il sito in questione ha parlato dell’azienda: magari si è limitata a pubblicare il comunicato stampa senza verificarne la veridicità, oppure la testata ha pubblicato l’articolo dietro compenso dell’azienda (quindi come una sorta di pubblicità, e non perché ci fosse un reale interesse a parlare del brand).

9. Clienti

Anche mostrare i clienti importanti che ci hanno scelto è una leva da sfruttare: il principio è simile a quello dell’endorsement che viene da una celebrità. Se una certa azienda importante ci ha scelto, è perché il nostro prodotto merita.

Fonte immagine: https://www.lastpass.com/it

10. “Best seller” e “I preferiti da”

Siamo su Amazon e cerchiamo un hard disk senza troppe pretese: non siamo esperti, e di sicuro il bollino “Più venduto” posto su un prodotto determinato ce lo farà tenere in particolar considerazione: se non ho necessità specifiche e questo è il prodotto più venduto (e quindi soddisfa le richieste della maggior parte degli utenti), andrà bene anche per me, no?

E’ un principio simile a quello che abbiamo visto nell’esempio iniziale di Booking (preferiti dalle famiglie) che troviamo anche in alcuni ristoranti: indicando le pietanze preferite dai clienti, queste vengono ordinate più spesso.

Fonte immagine: https://www.oldwildwest.it/Menu/Appetizers

11. Spesso comprati insieme

Torniamo al nostro hard disk di Amazon; entrando nella pagina prodotto per acquistarlo ci vengono suggeriti altri prodotti che “spesso vengono comprati insieme” (in questo caso si tratta di una custodia):

Se chi ha comprato quell’hard disk spesso ha comprato anche quella custodia probabilmente anche a noi farà comodo (anche se magari fino a 5 minuti prima non sentivamo la necessità di avere una custodia).

12. Customer showcase

Sempre più realtà decidono di mostrare agli utenti le foto realizzare direttamente dai clienti che utilizzano i prodotti: ad esempio Kaft, che realizza abbigliamento e accessori, sul suo sito ha una galleria di immagini caricate dagli utenti che condividono scatti nei quali indossano un capo firmato Kaft.

Fonte immagine: https://www.kaft.com/en/photos

La maggior parte delle persone ama avere visibilità e poter comparire sul sito di un brand è uno stimolo a comprare un determinato prodotto (ancora di più se, come nel caso di Kaft, alla possibilità di apparire tra le foto si aggiunge quella di ricevere uno sconto).

Riprova sociale e conformismo: siamo tutti così suggestionabili?

Benché ci siano diverse leve che possono scatenare la riprova sociale, spesso questo fenomeno si manifesta in seguito a una serie di fattori e non come conseguenza di una sola variabile: magari le recensioni degli utenti di un ecommerce che non ha il bollino di acquisti sicuri le vedo con diffidenza (nonostante siano ottime), mentre sono più portato a fidarmi di un ecommerce con qualche recensione negativa ma un badge di sicurezza.

Inoltre, come abbiamo già visto, la percezione di ciò che ci viene detto cambia a seconda di chi ce lo dice: se a consigliarmi un hotel è un adolescente – e io sono un adulto – magari non mi fiderò (partendo dal presupposto che ciò che lui apprezza in un alloggio sarà diverso da ciò che cerco io), ma se a consigliarmelo sono “le famiglie” (categoria alla quale appartengo) le mie difese si abbassano e sono più portato a fidarmi.

Ricordiamo però ciò che abbiamo già detto all’inizio: chi è molto competente in una materia è meno suggestionabile dalle masse e quindi meno esposto agli effetti della riprova sociale; se abbiamo lavorato nella cucina di una nota catena di ristoranti e sappiamo che le condizioni igieniche non sono il massimo di certo staremo alla larga dai suoi ristoranti, non importa quanta coda ci sia alla porta, quante stelle abbia su Tripadvisor o quanto ce ne parlino bene gli amici.

Tuttavia l’essere umano per natura tende ad essere conformista e a manifestare il suo desiderio di appartenere a un gruppo: in alcuni individui questa tendenza può essere più marcata e in altri meno ma più siamo “vulnerabili” alla necessità di conformarci per stare bene con noi stessi, più intensamente viviamo la riprova sociale (“se quell’influencer che seguo utilizza quel brand lo farò anche io e di conseguenza sarò come lei/lui”).

In conclusione

Alcuni meccanismi di riprova sociale (recensioni, feedback, voti) sono ormai praticamente ovunque e, se da una parte aiutano gli utenti nelle loro scelte d’acquisto, dall’altra possono avere un riscontro molto positivo per le aziende, ma anche molto negativo.

All’inizio di questo articolo abbiamo visto che basta una recensione negativa per fare in modo che oltre il 90% degli utenti decida di comprare altrove: se, poi, le recensioni negative vengono ignorate o gestite in maniera sbagliata la situazione può peggiorare ulteriormente.

Per questo poco tempo fa avevamo dedicato un approfondimento proprio sulla maniera migliore di gestire le interazioni con gli utenti, siano queste recensioni negative ma anche commenti positivi che vanno comunque presi in carico con la giusta attenzione.

Le recensioni sono senza dubbio importanti ma sono solo alcuni dei fattori sui quali la gente si basa per fare delle scelte: quando cerchiamo su internet informazioni su un’azienda o un prodotto una delle prime cose che guardiamo è il sito web ufficiale della realtà che ci interessa e i suoi profili social.

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