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Internet e le rivoluzioni silenziose

Alberto Giacobone 13 Dicembre 2012 tempo di lettura: 5'

Una rivoluzione silenziosa attorno a noi è segnata dall'aumento esponenziale dei dati a nostra disposizione, elaborabili e fruibili in maniera "naturale"
Una rivoluzione silenziosa attorno a noi è segnata dall’aumento esponenziale dei dati a nostra disposizione, elaborabili e fruibili in maniera “naturale”

A voler guardare bene, una delle grandi conquiste del web nel 2012, paradossalmente, è la possibilità offerta da Google di inviare allegati email fino a 10 gigabyte.

Pensiamoci: cosa ci sta in quello spazio (più o meno l’equivalente di 2 DVD)? Quanti filmati, quante foto, quanti documenti?

Ancora oggi molti fanno fatica ad inviare con i propri servizi email pochi megabyte, perché, abituati “alla vecchia maniera”, cercano di inviare i file “insieme” al messaggio. Il trucco di Google (nulla di nuovo, sia chiaro) è quello di caricare il file all’interno del servizio Google Drive e inviare con la mail solo un puntatore, ovvero un collegamento che consente di scaricarlo. Si può fare con Dropbox, con DropCanvas, JumboMail e molti altri servizi.

Eccola qui una delle rivoluzioni “silenziose”: continuiamo a parlare di allegati, ma cambia il modo di gestirli. Con naturalezza, grazie a software / servizi come Dropbox e affini, usiamo supporti di memoria in internet così come se fossero semplici cartelle sul nostro computer. Continuiamo a trascinare, copiare e incollare, ma le operazioni di tutti i giorni assumono valori e utilità diverse: trascino un file in una cartella ed in automatico è accessibile anche a dei collaboratori che sempre in automatico ricevono una notifica e, se vogliono, possono visualizzare quel file anche da uno smartphone mentre sono in treno o in metropolitana.

Così come circolano i file, un’altra rivoluzione silenziosa attorno a noi è segnata dall’aumento esponenziale dei dati a nostra disposizione, elaborabili e fruibili in maniera “naturale”. Se ci può sembrare “frivolo” essere svegliati al momento giusto in base a dei parametri biometrici, immaginiamoci la possibilità per una persona che soffre di diabete di ricevere avvisi puntuali sul momento giusto per mangiare uno snack per mantenere il livello di glicemia in equilibrio.

Negli Stati Uniti l’attenzione per queste informazioni è stato classificato in un concetto capestro, quello del “Quantified Self“, addirittura indicato come “movimento”. Per molti è ancora difficile immaginare di tenere il proprio battito cardiaco monitorato 24 su 24 se non nel caso di esami diagnostici ma è plausibile che un domani diventi un’imposizione dei vari sistemi sanitari nazionali insieme al tracciamento costante di numerosi altri dati.

Se l’idea di essere tracciati nei nostri parametri vitali 24 ore su 24 ci può infastidire, è bene che ci rendiamo conto di quante nostre informazioni facciamo circolare, consapevolmente o inconsapevolemente, navigando su internet dai nostri computer, tablet e smartphone.

Per un “primo assaggio” di questo mondo, basta una visita a Bluekai dal dispositivo con cui navighiamo regolarmente in internet. Quelle che vediamo sono informazioni “su di noi” recuperate e rielaborate in base ai c.d. cookies ed altri sistemi di tracciamento. Di registri come questi ce ne sono decine se non più e se già oggi vengono utilizzati per influenzare le nostre scelte d’acquisto, il loro impiego è destinato a crescere esponenzialmente nei prossimi anni.

Le decisioni su cosa mostrarci vengono prese da sistemi e algoritmi sempre più evoluti, quasi “vivi”: nel report di Gartner Group sui trend tecnologici del 2013 troviamo anche l’In Memory Computing, che si traduce nella possibilità di analizzare “in pochi millisecondi” milioni di eventi per trarne delle conclusioni nel giro di “istanti”. Questi sistemi, cresciuti floridamente in ambito borsistico (dove anche un millisecondo può fare la differenza), oggi stanno trovando nuovi ambiti applicativi, soprattutto nel supporto dei processi decisionali aziendali.

Dalle aziende alle persone, poi, il passo è breve. SIRI di Apple ed equivalenti stanno pian piano introducendo nelle nostre vite degli Alfred Pennyworth (cit. Batman) sempre più capaci e Google Now si dimostra sempre più capace di rispondere alle nostre domande “ancora prima” che le poniamo, un concetto su cui siamo tornati più e più volte.

Il 2013, in previsione, vede una netta evoluzione di questi “sistemi intelligenti”, forse la vera killer app che si è andata a lungo cercando quando ci si chiedeva se valeva la pena continuare a spingere sull’aumento della potenza di calcolo, argomento di discussione ancora oggi quando si legge di smartphone a quattro o addirittura otto processori.

Internet è il protagonista assoluto di questi trend e di molti degli altri indicati da Gartner Group: è il vero collante ed è per questo che, oltre alla possibilità di accedervi da qualsiasi luogo con banda adeguata, la sua neutralità – in discussione proprio in questi giorni – risulta così fondamentale.

Per chiudere questo 2012, ci piace l’idea di condividere un progetto a cui abbiamo contribuito e che prende vita proprio grazie a internet ed in particolare ad uno dei suoi modelli di business più recenti, il crowdfunding, per dispiegare i suoi effetti più importanti in Paesi dove ancora sono altre le mancanze, dove ancora manca la luce alla sera nelle abitazioni o, se la si trova, è generata consumando kerosene, con tutti i costi ed i rischi del caso.

 

Ecco la Gravity Light! (Fonte immagine: http://goo.gl/u12QCe)
Ecco la Gravity Light! (Fonte immagine: http://goo.gl/u12QCe)

Il progetto si chiama GravityLight ed è stato presentato pochi giorni fa sul sito di crowdfunding IndieGogo: si tratta di una luce LED alimentata tramite gravità. Basta sollevare un peso (un’operazione che richiede 3 secondi) per ottenere luce per più di 30 minuti. Se le soluzioni basate su celle solari richiedono la presenza di un accumulatore (per poter archiviare l’energia ricevuta dal sole durante il giorno) che dopo un certo numero di cicli di ricarica perde la sua capacità e va quindi “rimpiazzato”, qui abbiamo a che fare con un oggetto dalla durata potenziale molto più lunga, capace di fornire luce con un semplice gesto.

Questo progetto, nell’arco di poche ore, ha raccolto quasi 100.000 dollari e siamo sicuri che chiuderà il suo periodo di visibilità sul sito di Crowdfunding Indiegogo con cifre a sei zeri. Ognuno può contribuire, oltre che con semplici donazioni, acquistando una lampada per sé o da regalare ad un prezzo tale da consentire a chi ha realizzato il progetto di inviarne una o più a chi ne può trarre grande beneficio.

Ecco, è proprio in questo che la rete ci mostra il suo ruolo di “collante”: sono le persone che effettuano le donazioni, ma il “trovarsi attorno ad un’idea” è un processo reso semplice, immediato e gratificante proprio dalla rete.

Anche questa è una rivoluzione silenziosa ma che di rumore, se vogliamo, può farne davvero tanto: un augurio per il 2013 di ognuno di noi!

 

**Aggiornamento febbraio 2014: finalmente abbiamo ricevuto la nostra Gravity Light! L’abbiamo provata e ne abbiamo parlato in un articolo dedicato.

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Categorie: Presenze internet, Riflessioni, Servizi utili
Tag: Apple, Bluekai, crowdfunding, dropbox, DropCanvas, Gartner Group, Google, Google Drive, Google Now, GravityLight, In Memory Computing, IndieGogo, JumboMail, Quantified Self, SIRI

Autore

+Alberto Giacobone, classe 1975: sono un "quasi" nativo digitale mesmerizzato da internet e le sue possibilità. Tra le altre cose, ho avuto il piacere di raccontare e condividere in aziende come Google o enti come l'Università degli Studi di Pavia l'esperienza maturata nello sviluppo di progetti internet e mi sono ritrovato giurato ad un evento dedicato alle start up in quel di Monza ;)

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