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LinkedIn: novità 2019 e spunti per usare al meglio il social network professionale che aiuta con lavoro e personal branding

Stella Fumagalli

Tempo di lettura: 10′

LinkedIn è il social network professionale più famoso al mondo.

Fondato nel 2002 da Reid Hoffman, Allen Blue, Konstantin Guericke, Eric Ly e Jean-Luc Vaillant, venne lanciato effettivamente nel 2003; il suo successo è stato inesorabile al punto che – nel 2016 – Microsoft lo ha comprato per oltre 26 miliardi di dollari.

I dati del 2019 restituiscono un quadro a livello mondiale davvero straordinario:

  • LinkedIn ha oltre 60 milioni di membri in più di 200 Paesi
  • 2 persone al secondo si iscrivono a LinkedIn, ogni giorno
  • Oltre 30 milioni di aziende sono presenti sulla piattaforma
  • Ci sono oltre 20 milioni di posizioni lavorative aperte a cui ci si può candidare attraverso LinkedIn (5 anni fa erano solo 300.000!)
  • Ogni 8 secondi una persona viene assunta tramite LinkedIn

Per quanto riguarda l’Italia è più complicato risalire a dati ufficiali aggiornati; l’ “Osservatorio sulle Comunicazioni N.4/2017” pubblicato nel gennaio del 2018 da AGCOM (Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni) si riferisce all’anno 2017 quando – nel nostro Paese – gli utenti di LinkedIn attivi erano 10 milioni, il doppio rispetto a tre anni prima.

Ma perché è ancora importante parlare di LinkedIn nel 2019? Questa piattaforma è diventata – e sta diventando – molto più di un semplice social network per coloro che lavorano.

Si moltiplicano le possibilità di interazione fra i professionisti e il potenziale per aziende e singoli (in termini di visibilità e di trovare opportunità interessanti) cresce giorno dopo giorno… A una condizione: usare LinkedIn nel modo corretto.

Andiamo a vedere cosa può fare LinkedIn per le aziende, per chi lavora e per chi offre o cerca un impiego!

Una delle maggiori piattaforme per trovare lavoro (anche se non lo cerchiamo)

Tra i dati menzionati prima abbiamo visto che ogni 8 secondi una persona trova lavoro tramite LinkedIn e che sulla piattaforma ci sono circa 20 milioni di posizioni lavorative aperte.

Certamente l’opportunità di candidarsi alle offerte e di farsi trovare dai recruiter interessa prevalentemente coloro che stanno cercando attivamente lavoro, ma il semplice fatto di essere presenti su LinkedIn ci permette di essere visibili agli occhi di nuove e potenzialmente interessanti offerte lavorative.

Può capitare infatti di essere contattati tramite LinkedIn da un recruiter che ha visitato il nostro profilo e l’ha trovato interessante: può essere per noi una nuova opportunità lavorativa (benché non la stessimo cercando) o semplicemente un modo per capire meglio il mercato nel nostro settore (cosa offrono gli altri rispetto a dove lavoriamo attualmente).

Certo, affinché un’azienda ci contatti il nostro profilo LinkedIn deve suscitare un buona impressione: deve quindi essere aggiornato e creato in modo professionale, come vedremo più avanti in questo post.

Per chi cerca attivamente lavoro sulla piattaforma, invece, da maggio 2019 sono state introdotte alcune novità:

  • gli alert istantanei: quando viene pubblicata un’offerta di lavoro i cui criteri richiesti ai candidati sono compatibili con quelli di un determinato profilo (che sta cercando attivamente lavoro), questo viene avvisato tramite mail con il link diretto all’offerta (o alle offerte) di riferimento
  • il badge “diventa uno dei primi candidati”: in questo modo LinkedIn ci dice che candidandoci a quell’offerta rientriamo tra i primi 25 interessati; se la propria candidatura è tra le prime 25 si ha il triplo di possibilità di essere selezionati per un primo colloquio

  • un nuovo design pensato per la navigazione da mobile: ora scorrere, filtrare e selezionare le offerte di lavoro dal proprio smartphone è ancora più facile e comodo

Produrre e scoprire contenuti interessanti e di qualità su LinkedIn

LinkedIn si è evoluto in un punto d’incontro in grado di far nascere dialoghi, opportunità, dove si coltiva il personal branding e ci si imbatte in contenuto interessante; bisogna, però, sapere come muoversi.

Recentemente LinkedIn ha subito alcuni cambi che hanno interessato il suo algoritmo e il modo in cui le notizie compaiono nel feed degli utenti: vengono premiati i contenuti interessanti, non quelli più recenti, in questo modo si è creato un circolo virtuoso grazie al quale – da una parte – sempre più persone utilizzano LinkedIn come piattaforma di content discovery attirate dalla presenza di contenuti di qualità e – dall’altra – consapevoli della possibilità di essere letti e di avere visibilità sempre più utenti pubblicano contenuti interessanti per i loro contatti (il 40% degli utenti di LinkedIn visita ogni giorno la piattaforma).

Se l’algoritmo di LinkedIn premia i contenuti che i nostri contatti possono trovare interessanti e con cui hanno più possibilità di interagire, anche pubblicando saltuariamente i nostri post (se adeguati, poiché se un contenuto viene considerato come “spam” non verrà mostrato o comunque avrà una visibilità molto limitata) avremo una buona visibilità?

In questo caso la qualità è importante, ma non è abbastanza: LinkedIn vede di buon occhio gli utenti che pubblicano contenuto di qualità e che lo fanno con regolarità, in maniera costante.

Fonte immagine: https://www.falcon.io/insights-hub/topics/social-media-strategy/how-the-linkedin-algorithm-works-in-2018/

Non conta poi solo quello che viene detto nel post, ma anche come viene detto: nulla ci vieta di pubblicare su LinkedIn materiale che abbiamo già diffuso attraverso altri canali o altre piattaforme social, ricordiamoci però di ottimizzarlo per LinkedIn, ad esempio utilizzando un registro non troppo informale (siamo comunque in ambito professionale) ma nemmeno troppo “ingessato” (rimane comunque una piattaforma social).

Professionale sì, ma sempre social network: LinkedIn e le reaction

Negli ultimi anni abbiamo visto alcuni esempi di come funzioni introdotte con successo su alcune piattaforme social sono state dopo poco “adottate” (per non dire copiate) da altre.

Se pensiamo ad Instagram, ad esempio, ci vengono subito in mente le Story: eppure il primo ad aver introdotto questa funzionalità fu Snapchat, mentre Instagram si limitò a copiare l’idea (ottenendo un successo enorme).

Anche LinkedIn non è immune a queste “contaminazioni” e – nell’aprile del 2019 – ha lanciato le reaction, bottoni molto simili a quelli già presenti su Facebook e che ci permettono di reagire a un post con diversi stati d’animo; le reaction di LinkedIn sono Like, Celebrate, Love, Insightful, Curious (ossia Consiglia, Festeggia, “Cuore”, Interessante, Geniale)

Dare agli utenti maggiori possibilità espressive incentiva la partecipazione e le interazioni ai post: prima delle reaction (che nel resto del mondo arriveranno nei prossimi mesi) su LinkedIn l’unico modo di interagire con un contenuto (oltre a commentarlo o condividerlo) era “consigliarlo”.

In questo modo venivano lasciati fuori tutti quegli utenti che – magari – non sentivano di voler consigliare quel contenuto ma volevano far sapere all’autore che avevano trovato interessante ciò che aveva pubblicato, oppure che desideravano fargli i complimenti per celebrare con lui un anniversario lavorativo, un traguardo, una certificazione, etc.

Con le reaction le interazioni sono molto più diversificate e le possibilità di interagire con un contenuto che ci ha colpito – per diversi motivi – crescono notevolmente.

LinkedIn Video e l’importanza dei video (nativi o meno)

Negli ultimi anni i video sono diventati sempre più importanti, tanto che i feed dei principali social network tengono i contenuti visuali (specialmente quelli nativi) in particolare considerazione in termini di visibilità.

LinkedIn non è stato da meno: a luglio del 2017 ha lanciato prima negli USA e poi nel resto del mondo LinkedIn Video, una funzionalità che permette di registrare e pubblicare video dalla lunghezza massima di 10 minuti direttamente dalla piattaforma.

Secondo HubSpot le aziende pubblicano ogni mese, in media, 18 video e l’85% delle imprese dispongono di risorse per produrre video all’interno dell’azienda; chi guarda video relativi al business lo fa per l’86% da desktop, soprattutto il mercoledì mattina dalle 7 alle 11.

Ma i video non sono solo quelli nativi, pubblicati attraverso LinkedIn Video: anche video di piattaforme esterne (come YouTube) caricati sulla piattaforma sono molto apprezzati.

Per renderli davvero fruibili con comodità, però, bisogna pensare ai dettagli: di solito le persone visitano LinkedIn durante l’orario lavorativo, dal computer dell’ufficio; è quindi importante dotare i video di sottotitoli, in modo tale che – anche chi non può o non vuole attivare l’audio – riesca a fruirne correttamente (i sottotitoli rimangono una risorsa importante anche per l’utilizzo da mobile).

LinkedIn e blogging: differenza fra articoli e post

Abbiamo già detto che LinkedIn premia il contenuto che:

  • è utile per la crescita professionale
  • risulta rilevante per il settore
  • si appoggia a fonti autorevoli
  • è pubblicato attraverso gli strumenti nativi della piattaforma (LinkedIn Video, Slideshare, articoli).

Quando siamo nella home page di LinkedIn e vogliamo pubblicare qualcosa, vediamo che abbiamo due possibilità: avviare un post e scrivere un articolo.

Che differenza c’è fra queste due opzioni?

I post sono, praticamente, gli “stati”; hanno un limite di 3000 caratteri (prima erano solo 1300) e quindi si prestano a pubblicazioni abbastanza brevi (e non formattabili) alle quali possiamo comunque aggiungere link, immagini, video, menzioni (a profili personali e/o aziendali) ed hashtag.

Gli articoli, invece, sono pubblicazioni più lunghe: le possiamo formattare (grassetti, link inseriti nel testo, titoli, corsivi, blocchi, immagini, video) e non hanno un limite di caratteri.

Con gli articolo quindi abbiamo fra le mani uno strumento di blogging simile a Medium che, però, resta integrato nella piattaforma di LinkedIn; già nel nostro approfondimento su Medium avevamo parlato dell’importanza di riproporre il contenuto di un nostro eventuale blog su altre piattaforme, in modo tale da avere maggiore visibilità agli occhi dei motori di ricerca (o, se non abbiamo un blog, di utilizzare direttamente Medium per pubblicare).

Essendo uno strumento nativo, l’algoritmo di LinkedIn premia i contenuti pubblicati attraverso gli articoli che, quindi, rappresentano un’ulteriore opportunità di visibilità da tenere in considerazione.

LinkedIn e la visibilità su Google

Già nel 2014 ci eravamo chiesti: “cosa trovi se ti cerchi su Google?

Già allora la risposta era (per chi lo ha) il proprio profilo di LinkedIn che appare tra le primissime posizioni del motore di ricerca quando si inserisce il proprio nome e cognome nella barra di Google.

A distanza di 5 anni la situazione non è cambiata, anzi: la crescente importanza di LinkedIn come piattaforma professionale e di content discovery rende ancora più fondamentale avere un buon profilo per aumentare il proprio personal branding.

Il profilo di LinkedIn è un po’ la nostra identità professionale che vogliamo avere in rete: per questo, sia se vogliamo cambiare lavoro sia se non siamo alla ricerca attiva di un nuovo impiego, è sempre necessario che il nostro profilo sia completo, aggiornato e ben strutturato (nel nostro articolo del 2014 avevamo passato in rassegna tutte le sezioni del profilo con vari consigli per ottimizzarle).

Sempre risalente al 2014, ecco un altro post molto interessante che – invece – parla delle cose che non dovrebbero mai essere fatte su LinkedIn.

LinkedIn e l’employee advocacy

Con il termine employee advocacy (di cui avevamo parlato nel dettaglio in una FAQ dedicata) si vuole indicare la pratica che porta i dipendenti di un’azienda a diffondere i contenuti legati al brand per il quale lavorano: grazie a questa attività, se fatta in positivo, si verifica un effetto di rafforzamento della percezione del marchio agli occhi delle persone.

Un dipendente che parla – bene – della propria azienda e ne diffonde i messaggi è infatti uno strumento molto potente di riprova sociale, ossia quel meccanismo per cui si tende a preferire un interlocutore perché è stato scelto e validato da tante altre persone.

Essendo un social network professionale, LinkedIn è una piattaforma ideale per l’employee advocacy: i dipendenti di un’azienda possono aiutare il percepito di autorevolezza del brand pubblicando contenuti relativi all’azienda stessa (traguardi raggiunti, novità, eventi, etc.).

Attenzione però: obbligare i propri dipendenti a pubblicare contenuti relativi all’azienda o che essi lo facciano (magari volontariamente) senza controllo e senza una strategia (rischiando di essere percepiti come spam) non solo è inutile ma anche controproducente.

Di solito chi fa employee advocacy è una persona che – di per sé – è già attiva sui social network che si vogliono presidiare e per la quale può essere utile (anche in termini di personal branding) pubblicare contenuto relativo all’azienda per la quale lavora.

C’è la possibilità di suggerire agli impiegati contenuti che potrebbero trovare interessanti e che potrebbero essere di valore per i loro contatti: non si tratta però di pubblicare solo e unicamente contenuti aziendali ma di integrarli nelle loro segnalazioni social.

In conclusione

E’ davvero così importante essere su LinkedIn se non stiamo cercando lavoro attivamente?

La risposta, come sempre, è “dipende”.

Ci sono alcuni settori che su LinkedIn sono molto popolari (in base al numero di iscritti che dichiarano di lavorare in quel determinato settore):

  • costruzione
  • commercio al dettaglio
  • consulenza direzionale
  • IT e servizi
  • servizi immobiliari
  • commercio all’ingrosso
  • marketing e pubblicità
  • software
  • servizi finanziari
  • produzione di componenti elettroniche
  • servizi per i consumatori
  • editorias
  • salute, benessere e fitness
  • automotive
  • macchinari

Tuttavia, nel 2018 (secondo il report “The 33 most recruited jobs and how to proactively grow your talent pipeline” di LinkedIn) i 3 lavori più cercati dai recruiter in assoluto su Linkedin sono stati:

  1. Sviluppatore DevOps
  2. Enterprise Account Executive
  3. Sviluppatore Front-End

Ma vediamo i lavori più cercati per settore suLinkedIn:

Finanza:

  1. Data scientist
  2. Sviluppatore software senior
  3. Senior Tax Associate

Commercio al dettaglio:

  1. Sviluppatore software
  2. Analista finanziario senior
  3. Brand manager senior

Servizi professionali:

  1. Sviluppatore software senior
  2. Data Scientist
  3. Sviluppatore Front End

Istruzione, enti governativi e ONG:

  1. Sviluppatore software
  2. Business analyst
  3. Amministratore di sistemi

Cosa ci dicono questi dati? Che praticamente in tutti i settori, i lavori più cercati su LinkedIn dai recruiter sono quelli che hanno a che fare con il digitale e con l’informatica; se si opera in uno di questi settori, quindi, è fondamentale che il proprio profilo sia sempre aggiornato e ben completo.

Non significa che chi lavora in altri settori non debba dare importanza al proprio profilo LinkedIn: probabilmente però chi cerca, facciamo un esempio, un commesso per un negozio di abbigliamento o un cameriere per un ristorante, di solito preferisce utilizzare altri canali per selezionare candidati (come i siti di annunci di lavoro).

Avere un buon profilo LinkedIn è sempre un investimento: si parla, come abbiamo già detto, della nostra immagine professionale su internet, su una piattaforma dove le opportunità (professionali e di trovare contenuto interessante a livello personale o lavorativo) per chi è iscritto crescono ogni giorno che passa.

Per fare in modo che anche i suoi utenti siano consapevoli dell‘importanza del personal branding, LinkedIn ha raccolto una serie di numeri che dimostrano l’importanza del Social Selling e ha creato un indicatore in grado di calcolare il livello di Social Selling di ogni utente iscritto alla piattaforma: per scoprire cos’è il Social Selling e il Social Selling Index di LinkedIn ecco l’approfondimento dedicato!