Employee Advocacy è una locuzione che non ha un corrispettivo credibile in italiano: la traduzione, infatti, suonerebbe all’incirca come “patrocinio del dipendente”.
Quando si parla di Employee Advocacy si sta suggerendo di far parlare il dipendente dell’azienda in cui lavora per diffondere i contenuti legati al brand: grazie a questa attività, se fatta in positivo, si verifica un effetto di rafforzamento della percezione del marchio agli occhi delle persone.
Un dipendente che parla – bene – della propria azienda e ne diffonde i messaggi è infatti uno strumento molto potente di riprova sociale, ossia quel meccanismo per cui si tende a preferire un interlocutore perché è stato scelto e validato da tante altre persone.
Una corretta Employee Advocacy deve essere spontanea ma può essere alimentata e sostenuta proattivamente dall’azienda attraverso la proposta di attività come corsi di formazione sul tema della comunicazione (e.g. per insegnare un uso consapevole dei social network) o la costruzione di una social media policy aziendale che definisca le linee guida e i limiti che è sempre meglio tenere presenti.
Quel che più conta è comunque la creazione di un ambiente di lavoro il più possibile sano, rispettoso dell’equilibrio tra vita privata e lavoro, attento al benessere dei singoli e capace di stimolare un giusto percorso di crescita delle persone impiegate in azienda.
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