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Oltre le buyer persona: gli archetipi che aiutano le imprese a crescere

Stella Fumagalli 22 Marzo 2019 tempo di lettura: 10'

Conoscere e comprendere meglio i propri clienti (esistenti e potenziali) è un’esigenza sentita da molte imprese e negli anni si sono sviluppate molte metodologie per ottenere dei risultati: la costruzione delle buyer persona (di cui abbiamo parlato in un altro post) è al momento tra le più popolari, ma crediamo importante conoscere anche altre metodologie, tra cui alcune – in questo post ne presentiamo 3 – che in qualche modo si rifanno al concetto di “archetipi“.

  • Cosa sono gli archetipi e quando si usano?
  • Archetipi: mentalità e stati
  • Classificazione degli archetipi
    • 1) 12 archetipi della psicologia analitica (o junghiana)
    • 2) I 4 archetipi di Angie Schottmuller
    • 3) I 4 archetipi di Lori Wizdo
  • In conclusione

Cosa sono gli archetipi e quando si usano?

Riprendendo l’etimologia della parola (dal greco arché = originale e typos = modello, marchio), gli archetipi sono “modelli originali”, qualcosa a cui ci si può rifare.

Nel riflettere sulle persone e la loro individualità, nel tempo sono state individuate delle caratteristiche comuni, come ad esempio emozioni (le 8 principali, secondo la convenzione di Plutchik sono rabbia e paura, tristezza e gioia, sorpresa e attesa, disgusto e accettazione) e bisogni (Maslow li ha classificati in una piramide, che dalla base alla cima individua fisiologia, sicurezza, appartenenza, stima, e autorealizzazione).

Le infinite variabili che ci rendono unici spesso ci riconducono a schemi comportamentali e abitudini che permettono a un osservatore esterno di “classificarci”: prendiamo, per esempio, i colleghi di lavoro.

In un ufficio potremmo trovare varie personalità: lo scontroso che dice di no a tutto, il salutista che mangia solo insalate e in pausa pranzo va a correre, lo stacanovista che va sempre a casa per ultimo, il pigrone che cerca di lavorare il meno possibile, e così via…

Ciascuno di questi colleghi ha il suo vissuto e le sue peculiarità, ma questo non ci ha impedito di ritrovare in loro elementi che riteniamo comuni ad altre persone che abbiamo incontrato o di cui abbiamo letto nella nostra vita.

In ambito d’impresa le metodologie basate sugli archetipi sono proprio questo: tentativi di aiutare chi deve ragionare sui clienti (potenziali o effettivi) attraverso una serie di osservazioni su caratteristiche, comportamenti e aspirazioni che si sono rivelate in linea di massima corrette.

Una persona impulsiva ad esempio reagisce a stimoli diversi rispetto a una riflessiva: questo comporterà una maggiore (o minore) efficacia di un messaggio promozionale contenente un’offerta a tempo.

Gli archetipi vengono applicati al marketing in seguito alla pubblicazione di “The Hero and the Outlaw – Building extraordinary brands through the power of archetypes”, un libro nel quale le autrici (Margaret Mark e Carol S. Pearson) per la prima volta accostano il concetto di archetipo a quello brand.

Individuare gli archetipi principali a cui ricondurre i nostri clienti ci può aiutare a migliorare il nostro dialogo con il mercato.

Archetipi: mentalità e stati

Negli archetipi bisogna fare una distinzione: quella fra mentalità (mindset) e stato (state).

  • La mentalità esiste già prima dell’incontro con il brand ed è legata agli interessi che portano il cliente a rivolgersi a un determinato brand e non a un altro.
  • Gli stati, invece, si sviluppano e modificano in base alla qualità dell’esperienza di un utente con il brand.

Per fare degli esempi, torniamo al servizio di cui avevamo parlato nel post delle buyer persona, ovvero un’azienda che invia a domicilio una volta alla settimana una cassetta di frutta e verdura fresca:

  • mentalità leale/appassionata > “amo questo servizio, non comprerei frutta e verdura da nessun altro, nemmeno se avessi un fruttivendolo sotto casa che costa meno”
  • mentalità sensibile al prezzo > “compro da loro perché risparmio rispetto al negozio biologico sotto casa”
  • mentalità sensibile alla qualità > “tra tutti i negozi che ho provato, questo ha i prodotti migliori”
  • mentalità pragmatica > “non so se la qualità sia migliore o se siano più cari degli altri, però non ho tempo di andare in negozio a comprare la frutta e la verdura quindi uso questo servizio per comodità senza farmi troppe domande”

Abbiamo detto che, invece, gli stati sono influenzati dall’esperienza utente: se qualsiasi degli archetipi che abbiamo appena elencato ricevesse una cesta di ortaggi con diverse verdure andate a male, lo stato sarebbe con buona probabilità di rabbia.

Allo stesso modo, se qualsiasi degli archetipi ricevesse la cesta di verdura con uno spremiagrumi in regalo, lo stato sarebbe di sorpresa in positivo.

Classificazione degli archetipi

Sebbene nulla vieti a ciascuna azienda di studiare i propri clienti e ipotizzare classificazioni ad-hoc, ci sono alcune classificazioni largamente accettate e diffuse: rileggendo il proprio mercato in base a queste divisioni già esistenti, è possibile ritrovarsi con una buona parte del lavoro già fatta.

Tra le classificazioni più conosciute, ne abbiamo scelte tre:

1) 12 archetipi della psicologia analitica (o junghiana)

L’analista svizzero Carl Gustav Jung ipotizzò che la mente umana potesse contenere una sorta di memoria originaria universale, con un subconscio collettivo condiviso da tutti i membri della specie umana.

Gli archetipi attingono da questa memoria originaria aiutandoci a dare senso al mondo che ci circonda, potendo essere applicati alle persone (i clienti) e alle situazioni (i customer journey).

La narratologia (lo studio delle strutture narrative) prevede 12 diversi archetipi, ognuno con uno specifico ruolo, obiettivi, motivazioni, punti di forza e debolezze; nel marketing vengono usati dalle aziende per creare una connessione con il pubblico di riferimento.

Ecco i 12 archetipi con le loro caratteristiche e alcuni esempi di brand che hanno adottato questi profili per rivolgersi ai propri interlocutori:

  1. l’innocente: il suo obiettivo è essere felice; è buono, puro, ottimista, semplice, leale (Coca-Cola)
  2. l’uomo comune: desiderio di appartenenza, di ritrovare la propria identità; ha i piedi per terra, è la persona della porta accanto (Mulino Bianco)
  3. l’eroe: vuole fare del mondo un posto migliore; coraggioso, impavido, forte, ispirazionale (Nike, BMW)
  4. l’angelo custode: si prende cura degli altri e li protegge; è materno, premuroso, altruista, generoso, compassionevole (Johnson & Johnson)
  5. l’esploratore: è appagato dalla scoperta e dalle nuove esperienze; è inquieto, avventuroso, ambizioso, indipendente (Jeep, Red Bull)
  6. il ribelle: vuole rompere le regole e sfidare l’autorità; è selvaggio, spregiudicato, irriverente (Harley- Davidson)
  7. il mago: vuole rendere i sogni realtà, creare qualcosa di speciale; è visionario, carismatico, immaginativo, idealista, spirituale (Apple, Disney)
  8. l’amante: desidera creare intimità e ispirare amore; è passionale, romantico, idealista (Victoria’s Secret, Godiva)
  9. il burlone: vuole portare allegria nel mondo; è divertente, con senso dell’umorismo, irriverente (Ikea)
  10. il creatore: il suo obiettivo è creare qualcosa che abbia valore e significato; è creativo, immaginativo, artistico, intraprendente, anticonformista (Lego)
  11. il sovrano: il suo ruolo è controllare e creare ordine dal caos; è un leader, responsabile, organizzato, un modello da seguire (Microsoft, Mercedes Benz)
  12. il saggio: vuole aiutare le persone a essere più sagge; è una persona esperta, informata, saggia, intelligente, analitica, ponderata (Google, BBC)

Questa classificazione è valida per le persone (i potenziali acquirenti e i clienti) ancora prima che per i brand ma, in molti casi, bisogna tenere conto di quello che si può chiamare “effetto specchio”: per riprendere l’esempio di brand “ribelle” che abbiamo fatto prima, potremmo dire che chi compra Harley Davidson ha certe esigenze, certi desideri (di ribellione, trasgressione, etc.) che quella scelta d’acquisto soddisfa.

Oppure, tornando all’esempio del burlone, le persone che rientrano in questo archetipo tendono a prendere la vita più alla leggera, sono più propense al cambiamento e sono meno attaccate alle cose materiali: Ikea (il brand che avevamo associato a questo archetipo) comincerà proprio a noleggiare i mobili, una scelta che questa categoria di clienti può preferire rispetto all’acquisto standard.

Questa però è una regola che non si può applicare a tutti i contesti: come archetipo di saggio abbiamo usato l’esempio di Google, ma non possiamo certo dire che tutti gli utenti del motore di ricerca rientrino in questo archetipo.

2) I 4 archetipi di Angie Schottmuller

Durante la CTA Conference 2018, Angie Schottmuller ha presentato quattro diversi archetipi che, nelle intenzioni dell’autrice, possono aiutare i brand a comprendere meglio i propri interlocutori e a migliorare l’esperienza utente che viene offerta.

  1. il compratore competitivo
  2. il compratore spontaneo
  3. il compratore metodico
  4. il compratore umanista

I compratori competitivi puntano molto in alto e i brand con cui vogliono essere associati devono soddisfare standard molto esigenti: vogliono essere messi in relazione con prodotti e brand che dimostrano successo e vogliono che il prodotto contribuisca anche al loro successo.

I compratori spontanei non pensano troppo alle conseguenze delle loro azioni; spesso fanno acquisti impulsivi determinati dalla prima impressione che hanno di un prodotto o servizio, sono quindi stimolati da offerte semplici e soluzioni immediate.

I compratori metodici intraprendono un percorso specifico prima di prendere qualsiasi decisione importante; di solito usano la logica per capire se un acquisto è sensato o meno. Sono quindi attratti da testi chiari in grado di aiutare e dare valore, che facciano capire in che modo il prodotto/servizio può essere utile per gli utenti.

Infine, i compratori umanisti sono quelli che reagiscono ad elementi umani ed emotivi; apprezzano storie, narrazioni e vogliono stabilire una relazione di valore con il brand; questa tipologia di clienti è sensibile alle immagini, all’umore e alla percezione del fattore umano del brand.

Rircordiamoci che è impossibile che i nostri interlocutori facciano tutti parte di un solo archetipo: probabilmente infatti i nostri clienti condividono diversi tratti che fanno capo a più di un segmento.

3) I 4 archetipi di Lori Wizdo

Anche l’analista di Forrester Research, Lori Wizdo, definisce quattro archetipi che aiutano a capire il perché una certa tipologia di cliente può essere interessata ad acquistare il servizio / prodotto che offriamo:

  1. procurement (acquisizione)
  2. improvement (miglioramento)
  3. reaction (reazione)
  4. transformation (trasformazione)

L’archetipo “procurement” sa di cosa ha bisogno, per questo conosce il prodotto ed è interessato ad approfondirne i dettagli e le specifiche (magari usava prima un prodotto simile e vuole cambiarlo per uno migliore, ma comunque dello stesso tipo).

L’archetipo “improvement” vuole migliorare la sua situazione ma non sa bene come farlo: ha bisogno di un aiuto per capire cosa sa e cosa, invece, non sa riguardo al prodotto, quindi necessita di una guida per comprendere come soddisfare la sua esigenza (ad esempio contenuto educativo che lo aiuti a fare la scelta migliore).

L’archetipo “reaction” compra a seguito di una avvenimento che ha causato una conseguenza; siccome il suo impulso di comprare non è altro che una reazione a un avvenimento che ha avuto conseguenze su di lui non ha un budget specifico né le idee chiare su ciò di cui ha bisogno.

Non ha bisogno di dettagli tecnici quanto più della “rassicurazione” che l’azienda a cui si sta interessando abbia la soluzione ai suoi problemi (mi sono entrati i ladri in casa e mi attivo subito per mettere un allarme).

L’archetipo “transformation” ha bisogno di supporto perché sta sperimentando una trasformazione totale della sua situazione, ha quindi bisogno di una figura esperta che lo possa guidare, per questo è molto interessato a qualsiasi contenuto che lo possa aiutare a scegliere al meglio (una persona che ha sempre lavorato come dipendente decide di aprire partita IVA e si affida a un commercialista per sbrigare tutte le pratiche).

In conclusione

Archetipi e buyer persona… capita a volte che questi termini vengano usati non del tutto a proposito; sebbene riportino a situazioni con vicinanze e affinità dobbiamo comunque ricordare che si sviluppano in modo diverso e vengono utilizzati in modo diverso, per questo non ha senso chiedersi se uno strumento è migliore dell’altro.

Le buyer persona, con le loro schede dettagliate sulla singola persona fittizia e la sua vita aiutano a stabilire una connessione empatica con un singolo cliente, con l’obiettivo di conoscerlo meglio e capire come migliorare la proposta nei suoi riguardi, nella speranza che, migliorato il dialogo con lui, si migliori il dialogo con tutti i clienti in qualche modo simili a lui.

Gli archetipi invece, con il loro insieme di esperienze già verificate e codificate, ci aiutano a comprendere meglio la nostra identità aziendale e, a seconda delle classificazioni, alcune caratteristiche comuni ai nostri clienti (esistenti o potenziali): queste informazioni ci saranno poi utili per decidere in che direzione condurre la nostra proposta al mercato e, soprattutto, come comunicarla al meglio.

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Categorie: Marketing
Tag: archetipi, buyer persona

Autore

Stella Fumagalli Nasco come traduttrice letteraria e audiovisiva ma mi evolvo in web copywriter nel 2011.

Odio cucinare, amo leggere: di fronte a un libro di cucina, quindi, non so mai cosa fare.

Mi appassionano gli animali, il cinema horror, i tatuaggi, i viaggi, la scienza e il rispetto per gli altri.

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