Pensiamo di essere una startup e di aver appena fatto il nostro ingresso sul mercato:
- Nome e logo: ci sono
- Sito internet: c’è
- Profili social: ci sono
- Obiettivi di business: sono chiari (o almeno dovrebbero esserlo)
- Clienti: (probabilmente) ancora non ne abbiamo o sono pochi
E’ perfettamente normale: a parte casi particolari qualsiasi azienda nelle sue fasi iniziali deve riuscire a farsi conoscere per poter attirare potenziali clienti e riuscire a convertirli in clienti effettivi.
E’ ciò che è successo anche con il nostro cliente ProntoPannolino, un progetto che abbiamo seguito fin dalla nascita: insieme ai fondatori del servizio abbiamo definito il nome dell’iniziativa, del prodotto, abbiamo disegnato la mascotte, il logo, la grafica del prodotto e realizzato il sito internet.
Ancora prima della messa in linea del sito e dell’ecommerce abbiamo cominciato a popolare il blog del servizio con contenuti originali e interessanti per il pubblico di riferimento (genitori con figli 0-3 anni) che hanno contribuito a migliorare il traffico naturale al sito, permettendo quindi a ProntoPannolino di essere visibile agli occhi degli utenti che fanno determinate ricerche.
Parallelamente abbiamo creato i profili social dell’iniziativa (Facebook, Twitter e – in un secondo momento – Instagram e LinkedIn).
Quando tutto era pronto ed è arrivato il momento di partire con il servizio ci siamo trovati nella stessa situazioni in cui si trovano praticamente tutte le startup nelle primissime fasi: come farsi conoscere, farsi trovare più facilmente dagli utenti e – successivamente – capire cosa pensa la gente di noi e dei nostri prodotti / servizi?
Tutte queste necessità hanno bisogno di strumenti e competenze diverse per essere soddisfatte, ma tutte hanno a che fare con le Digital PR, ovvero le relazioni pubbliche digitali: di cosa si tratta esattamente?
Cosa sono le Digital PR?
Le Digital PR sono iniziative di comunicazione aziendale che si avvalgono delle risorse della rete per:
- migliorare la visibilità dell’impresa, di un suo prodotto (o servizio) o di una sua iniziativa
- migliorare la reputazione attribuita dal pubblico di riferimento
Per raggiungere questi obiettivi (quantitativo il primo, qualitativo il secondo) è essenziale che chi si occupa di Digital PR tenga sotto controllo le conversazioni che avvengono su tutto quello che ha – più o meno direttamente – a che fare con l’impresa.
Le strategie di Digital PR aiutano le imprese a raggiungere il loro pubblico di riferimento riuscendo a innestarsi nelle conversazioni che si tengono dove i loro interlocutori passano il proprio tempo (sui siti internet che visitano più di frequente, sui podcast che ascoltano, sulle piattaforme social preferite, etc.).
Le Digital PR sono una forma di relazioni pubbliche in linea coi tempi: in origine queste avevano come mezzi di comunicazione principali i media cartacei o comunque quelli “tradizionali” (TV, radio…), mentre le Digital PR si concentrano sulle risorse online con l’obiettivo di ottenere visibilità e backlink da siti, blog autorevoli e social media (i backlink sono i link in ingresso, quelli che otteniamo quando una risorsa esterna linka una nostra pagina: se questa risorsa esterna è autorevole la nostra pagina aumenta di valore agli occhi del motore di ricerca che la premia aumentandone la visibilità; per questo a livello SEO è importante avere un buon numero di backlink che provengono da risorse autorevoli).
Le Digital PR non rappresentano una rottura netta con le PR tradizionali, anzi: da una parte ne mutuano molte logiche ed azioni (adeguandole ai nuovi contesti digitali, alle nuove dinamiche ed ai nuovi interlocutori utili al successo dell’impresa), dall’altra si sviluppano in forme che le portano a intrecciarsi a doppio filo con le iniziative di marketing, in un continuum difficilmente distinguibile.
Digital PR: chi se ne occupa?
Abbiamo spiegato in cosa consistono le Digital PR ma cosa fa la persona che se ne occupa?
La figura che gestisce le pubbliche relazioni digitali di un’azienda è colei che si interfaccia con giornalisti, blogger, influencer, ambassador e orchestra iniziative online per ottenere backlink di qualità e mentions con l’obiettivo di migliorare la visibilità ottenendo anche spesso l’effetto di migliorare i risultati a livello SEO.
La stessa persona si occupa anche della reputazione che un brand o un’azienda ha online (web reputation, ne parleremo più avanti) tenendola sotto controllo e cercando di migliorarla.
Tra i suoi compiti c’è anche quello di individuare ed interagire con gli influencer e gli ambassador; è una persona in grado di produrre contenuti e di scrivere tenendo in considerazione le principali regole della SEO.
Chi gestisce le Digital PR è infatti al corrente delle linee guida dei motori di ricerca riguardo ai metodi più idonei per migliorare la visibilità di un contenuto; conosce anche i social network e le loro caratteristiche: a volte i suoi compiti si sovrappongono a quelli del Social Media Manager o del Community Manager perché si occupa di gestire i contenuti social, i commenti ed eventuali situazioni di crisi.
Crea contenuti, conosce la SEO, gestisce i social… sono tante le competenze richieste e non è raro che spesso questa figura sia in realtà il frutto della collaborazione di tante figure professionali presenti in azienda (spesso le campagne di digital PR sono portate avanti da esperti SEO e esperti di content marketing) o – nella realtà più piccole – da una sola persona con tutte le competenze che abbiamo elencato prima.
Dalla teoria alla pratica: quali sono le risorse a disposizione di chi fa Digital PR?
Abbiamo visto cosa fa chi si occupa di Digital PR: gestisce di una serie di compiti molto diversi fra loro e – per farlo – utilizza tutta una serie di azioni che spesso sconfinano nel territorio di competenza di altri professionisti ed in particolar modo di chi si occupa di digital marketing; tra le più comuni troviamo:
- creare e pubblicare post e approfondimenti utili e di valore
- fare networking con giornalisti ed editori
- mandare comunicati stampa e contenuti interessanti/di valore a testate rilevanti basandosi sul pubblico di riferimento e sui prodotti e servizi che vengono offerti
- rimanere in contatto con blogger di interesse e con un ampio seguito
- interagire con influencer del settore
- creare programmi di affiliazione con blogger e/o influencer (grazie a questi programmi la persona riceve una commissione per ogni utente che acquista/lascia i suoi contatti)
- creare e diffondere infografiche
- partecipare a eventi che possono avere ripercussione anche online e quindi riscontri in termini di visibilità
- monitorare le conversazioni online grazie all’uso di strumenti specifici
Abbiamo detto che i propositi della Digital PR sono parecchi ed è quindi comprensibile che lo siano anche gli strumenti che si utilizzano per raggiungerli; torniamo però a parlare degli obiettivi delle relazioni pubbliche digitali prendendo in esame quelli principali!
Gli obiettivi delle Digital PR
Far conoscere un’azienda, un brand o un prodotto
Questa necessità sorge principalmente con la nascita di una nuova azienda o in corrispondenza del lancio di un nuovo servizio o prodotto: come riuscire a portare la novità “sotto agli occhi” delle persone giuste?
Accanto ai metodi “tradizionali” tipici del digital marketing (Google Ads, post sponsorizzati sui social media, pubblicità o elementi pubblicitari su blog, siti o canali tradizionali) ci sono anche altre risorse che vengono utilizzate nelle Digital PR.
Ad esempio, individuare e contattare influencer e ambassador rilevanti per il pubblico di riferimento e orchestrare con loro iniziative con l’obiettivo di far conoscere il prodotto o il brand può aiutare tantissimo sia quando si tratta di una startup è agli inizi sia quando parliamo invece di un’azienda ben avviata che però vuole aumentare la propria visibilità (lo vedremo più avanti).
Secondo i dati riportati nell’Influencer Marketing Report 2018 in Italia le imprese (startup, PMI e multinazionali) investono all’anno da 10.000 ai 50.000 euro nell’influencer marketing; il 79% delle attività ha dichiarato di aver intenzione di aumentare il budget dedicato a questa tipologia di marketing negli anni a venire.
Tuttavia il 24% delle aziende non è soddisfatto del lavoro svolto con gli influencer: tra le varie motivazioni, troviamo anche una scelta errata dell’influencer stesso e la difficoltà di misurazione dei risultati delle campagne.
Sono problemi piuttosto frequenti quando si decide di portare avanti una campagna di influencer marketing: per questo chi si occupa di Digital PR deve saper individuare e riconoscere l’influencer giusto… In che modo?
Prima di tutto avendo ben chiaro qual è il pubblico di riferimento dell’azienda (sesso, età, interessi, valori, livello socio economico e culturale, zona geografica, etc.) e trovando quindi una personalità seguita da utenti con queste caratteristiche.
L’influencer nel percepito passa a essere una persona che condivide i valori dell’azienda (e viceversa) anche al di là di ciò che riguarda il servizio che offre l’azienda o i suoi prodotti: immaginiamoci di trovare un influencer il cui pubblico coincide esattamente con il nostro ma che spesso si lascia andare a commenti omofobi; se siamo un’azienda tollerante e rispettosa vorremmo farci rappresentare da lui?
Come sottolineato dall’Influencer Marketing Report 2018 molte aziende si rendono conto che può essere difficile capire il ritorno di un investimento per una campagna di influencer marketing: è anche difficile poter prevederne la buona riuscita e quindi capire se il compenso richiesto da un influencer (che può essere parecchio elevato, anche diverse migliaia di euro) sia un buon investimento o meno.
In altri casi magari un investimento minimo, poche centinaia di euro, riesce a dare un ottimo ritorno… Saperlo a priori è davvero difficile, come può essere difficile – se non si hanno le adeguate competenze e l’esperienza necessaria – sapere se un influencer è davvero tale o meno.
Basta una breve ricerca in rete per rendersi conto che ottenere follower falsi è piuttosto facile, senza contare i vari network dove gli utenti di Instagram si scambiano like e commenti senza valore reale: in questi casi per la scelta di un influencer meglio affidarsi a qualcuno con esperienza nel settore.
Esistono piattaforme e network che mettono in comunicazione le aziende con gli influencer ma – tipicamente – chiedono cifre significative che non tutte le realtà hanno la possibilità di spendere.
Ci siamo dilungati molto a parlare di come gli influencer possano aiutarci ad aumentare la visibilità di un’azienda, ma nelle Digital PR ci sono altre strategie utili per raggiungere il medesimo obiettivo.
Ad esempio prendere parte ad eventi che poi avranno una certa ripercussione anche online (fiere di settore, presentazioni, conferenze, etc.) e rimanere in contatto con editori e giornalisti a cui possiamo fornire materiale utile per eventuali pubblicazioni.
Per le aziende locali è importante essere presenti nelle pubblicazioni che interessano l’area geografica in cui si opera (come giornali online locali o blog locali): per questo è necessario coltivare le relazioni con blogger e giornalisti che potrebbero essere interessati a “raccontarci”.
Infine, sebbene i comunicati stampa possano apparire come uno strumento ormai superato, in realtà sono ancora molto utili e molto utilizzati da giornalisti (di testate online e non) e blogger: chi gestisce la pubbliche relazioni digitali di un’azienda dovrà occuparsi anche di scrivere i comunicati stampa ed inviarli ai media più rilevanti del settore per informare riguardo a tutte le novità che possono essere interessanti da raccontare.
Aumentare la visibilità sui motori di ricerca
Abbiamo detto che chi si occupa di Digital PR conosce la SEO ed è al corrente dei criteri con i quali i motori di ricerca stabiliscono la visibilità di una risorsa.
Per questo è importante creare e pubblicare contenuti autentici, rilevanti e di valore per il pubblico di riferimento, e l’ideale sarebbe farlo in vari formati: articoli del blog, video, presentazioni, infografiche, etc.
Per scalare le posizioni dei motori di ricerca anche i backlink sono fondamentali, così come il numero di clic che una risorsa riceve (e per questo è essenziale elaborare titoli e snippet accattivanti): per approfondire le principali tecniche SEO che permettono di ottenere maggiore visibilità attraverso i contenuti vi rimandiamo a un approfondimento dedicato del nostro blog.
Migliorare la reputazione (online)
Con reputazione online si intende proprio la reputazione che un brand o un’azienda ha in rete: quello che – nei vari luoghi di internet – la gente dice di noi indipendentemente dall’avere risorse online (sito web, blog, profili social, etc.) o meno.
Spesso quando si sente parlare di reputazione online (o web reputation) si tende a pensare a qualcosa di circoscritto al world wide web, un fenomeno puramente online senza alcun collegamento o ripercussione nella vita “reale”: in realtà la reputazione online è di un’azienda o un brand è – semplicemente – la sua reputazione, ciò che le persone pensano di quell’azienda o di quel brand sia online che offline; si parla di reputazione online o web semplicemente perché i dati per misurarla si trovano online, ma sono un semplice riflesso dell’opinione degli utenti (a prescindere da internet).
Una condizione necessaria per far parlare bene di sé online è offrire un buon prodotto e un buon servizio, ma spesso questo non basta per farci conoscere o fare in modo che le persone parlino di noi e di quello che facciamo.
Per questo tra le strategie di Digital PR c’è la collaborazione con influencer e ambassador che siano in grado di far arrivare al nostro target di riferimento informazioni rilevanti e positive sul nostro brand o sui nostri prodotti; le persone sono maggiormente influenzabili da coloro che ammirano o da persone che reputano “alla pari”.
Proprio per questo motivo anche le recensioni che i nostri clienti soddisfatti pubblicano online sono importantissime: è bene quindi stimolare i feedback di chi ha acquistato da noi, rispondere alle recensioni positive e gestire in maniera corretta quelle negative.
A questo proposito, è necessario ricordare che la nostra web reputation è influenzata anche dalla maniera in cui ci comportiamo, nella vita reale e in rete: è necessario quindi utilizzare i social network in maniera adeguata prestando attenzione ai contenuti che si pubblicano, ai testi che li accompagnano, a come si risponde ai commenti ed eventuali critiche, a come si gestiscono momenti chiave (traguardi, crisi…).
Non si tratta però solo di come comunica l’azienda ma anche di come lo fanno le persone che vi lavorano, i collaboratori e tutte le figure che – in un modo o nell’altro – possono venire associate all’azienda (e di conseguenza anche il loro comportamento e le loro parole): per questo è sempre bene redigere una social media policy, ovvero una sorta di “manuale” rivolto a tutte le figure che abbiamo menzionato poco fa che spieghi come muoversi sulle varie piattaforme social rimanendo in linea con i valori e gli obiettivi dell’azienda e chiarendo quali sono le opportunità che i social media offrono in ambito aziendale.
Ascoltare e monitorare le conversazioni online (social media listening e social media monitoring)
E’ difficile, se non impossibile, sapere se la nostra web reputation ha bisogno di essere migliorata se non la teniamo sotto controllo “ascoltando” le conversazioni che avvengono in rete e che “parlano” anche di noi.
Chi si occupa di Digital PR deve infatti essere in grado di “fare” social listening ovvero tracciare e analizzare le conversazioni in internet attraverso:
- Il controllo di commenti e mention
- il monitoraggio delle conversazioni che interessano il brand o l’azienda
- il monitoraggio degli hashtag
- lo storico di influencer, ambassador, clienti e potenziali clienti
Attraverso il social listening non solo siamo in grado di individuare e successivamente gestire le conversazioni che ci riguardano, ma possiamo anche controllare cosa fa la concorrenza, trovare nuove opportunità di business e nuovi lead.
Grazie a questa pratica possiamo avere una visione generale di ciò che stiamo facendo (siamo sulla buona strada? Dobbiamo correggere il tiro?), dare un senso alle varie conversazioni che si svolgono online e avere più dati a disposizione per comprendere il sentiment, ovvero l’attitudine che il pubblico ha nei confronti di un brand o dei suoi prodotti/servizi.
Un sondaggio di Clutch ha preso in esame 300 imprese medie e grandi che impiegano strumenti di social media listening per capire come queste aziende utilizzano i dati che ottengono dall’ascolto delle conversazioni online, con questi risutati:
- l’86% tiene d’occhio ciò che gli utenti chiedono, i loro dubbi e le loro perplessità
- il 77% controlla la concorrenza
- il 75% controlla cosa viene detto sul mercato in cui opera e i suoi prodotti
- il 61% si interessa alle tendenze di settore
- il 60% tiene traccia degli influencer
- il 55% controlla il nome dell’azienda (e quindi controlla cosa viene detto a riguardo)
- il 44% tiene sotto controllo ciò che viene detto sui dirigenti dell’azienda
Il social media listening però non dev’essere confuso con il social media monitoring, un’attività che consiste nel cercare attivamente e nell’intercettare mention e conversazioni che riguardano il brand, i prodotti, hashtag, dipendenti, clienti e concorrenza.
Mentre il social media listening si realizza quando un’azienda è già sul mercato, il social media monitoring può (anzi, deve) avvenire già prima (per poi continuare quando l’azienda è avviata): non è importante solo monitorare ciò che viene detto (dal pubblico) e fatto (dalla concorrenza) riguardo al prodotto o servizio che vogliamo proporre, ma lo è anche tenere sotto controllo l’intera categoria merceologica per capire il sentiment generale e poter di conseguenza prendere decisioni strategiche.
Il social media listening e il social media monitoring fanno parte delle azioni delle Digital PR? Sì, se vogliamo che le nostre relazioni pubbliche digitali raggiungano gli obiettivi che ci siamo preposti.
Mettere in pratica tutta una serie di azioni per – ad esempio – far conoscere un nuovo prodotto è solo l’inizio del lavoro per chi si occupa di Digital PR: dopo aver scritto contenuti rilevanti, condiviso presentazioni, mandato comunicati stampa e aver collaborato con un influencer per portare il nuovo prodotto sotto gli occhi del maggior numero di persone possibili, lascerebbe il lavoro a metà se non facesse un follow up controllando come questo nuovo prodotto è stato “ricevuto” dal pubblico e cosa gli utenti dicono a riguardo (riferendosi, di riflesso, anche all’azienda stessa).
Infine è importante sottolineare come sia inevitabile che le persone parlino della nostra azienda (in maniera positiva o negativa) su internet: questo avviene a prescindere dalla nostra presenza internet (che possiamo avere o non avere) e dal tenere o meno sotto controllo il sentiment e le conversazioni degli utenti.
Dopo aver capito che potenzialmente non siamo in grado di controllare ciò che le persone dicono di noi su internet, possiamo:
- comprendere l’impatto che queste conversazioni online hanno sul nostro business (se una pessima recensione è uno dei primi risultati di Google se cerchiamo la nostra azienda, quanto ne risentiamo? E quanto invece è vantaggiosa un’ottima recensione che esce tra i primi risultati?)
- decidere se intervenire nella conversazione, partecipandovi o minimizzando la visibilità della conversazione che ci danneggia
Reagire a una critica o una recensione molto negativa è doveroso, ma può essere molto difficile; chi lo fa talvolta usa metodi scorretti o controproducenti (cancellando il commento, rispondendo in malo modo, dichiarando che ciò che dice l’utente è falso) mentre chi decide di reagire in maniera etica e trasparente (scusandosi, spiegando l’accaduto, prendendosi le proprie responsabilità e offrendosi di rimediare) di solito ne esce vincente in termini di fidelizzazione e di sentiment.
Influencer, ambassador e blogger: marketing o opinioni sincere?
Nel rapporto con influencer, blogger e ambassador bisogna essere molto attenti e – soprattutto – molto trasparenti: non è sempre chiaro se una recensione positiva è frutto dell’esperienza reale della persona che dà il feedback (e che in effetti si è trovata molto bene con un determinato prodotto o servizio) oppure se questa persona è stata pagata per dare una buona opinione (anche se il prodotto non le piace oppure non l’ha nemmeno mai usato).
Negli Stati Uniti per esempio la Federal Trade Commission obbliga gli influencer che pubblicano post sponsorizzati su Instagram a taggare nel post il brand sponsorizzato e ad inserire come primi hashtag #sponsored o #ad in modo tale che gli utenti possano percepire immediatamente la natura commerciale della pubblicazione.
In Italia non c’è una legge ad hoc ma l’articolo 23 del Codice del consumo stabilisce che è vietato “dichiarare o lasciare intendere, contrariamente al vero, che il professionista non agisce nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale, o presentarsi, contrariamente al vero, come consumatore”; chi parla di un prodotto spacciando la propria recensione come opinione sincera di un consumatore quando – invece – si tratta a tutti gli effetti di un messaggio promozionale dietro compenso rischia quindi di incorrere in sanzioni per pubblicità occulta.
Non è sempre facile o immediato distinguere le situazioni ingannevoli, ed è ancora più difficile riuscire a controllare ciò che viene detto sui blog personali: una recensione è frutto di un parere sincero o è un testo concordato a tavolino con il committente?
Cercare di utilizzare scorciatoie in questo campo non è solo rischioso per chi produce il contenuto ma anche per la percezione del brand interessato: se dovesse poi venirsi a sapere il messaggio che passa sarebbe quello di una marca a cui non interessa mentire al pubblico pur di guadagnare e che per riuscire a far parlare bene di sé deve pagare.
Il rapporto con un influencer, blogger o ambassador dovrebbe essere vincente per entrambe le parti: è importante stabilire una relazione con la persona, e creare contenuti utili per entrambi ed essere sempre molto trasparenti nei confronti del pubblico.
In conclusione
Abbiamo visto che i vantaggi delle pubbliche relazioni digitali sono molteplici ma altrettante devono essere le competenze di coloro che se ne occupano: soprattutto per le realtà più piccole, può non essere necessario avere a disposizione una figura che domini tutte le competenze di cui abbiamo parlato (o diverse figure ognuna con una diversa specializzazione), ma è fondamentale individuare le strategie di Digital PR più importanti per la crescita di un’azienda e saperle portare avanti al meglio.
Le strade da percorrere possono essere diverse a seconda di vari fattori: il nostro pubblico di riferimento, il prodotto o servizio che offriamo, le competenze interne all’azienda, il budget che abbiamo a disposizione per poterci avvalere di un eventuale aiuto esterno…
Se chi ha a disposizione molte risorse probabilmente riuscirà a portare a casa un buon risultato anche se non le sfruttasse tutte al massimo delle loro possibilità, chi ha poche risorse deve invece impegnarsi di più nel farle valere senza lasciare nulla al caso: per questo è importante avere un’ottima conoscenza del mercato, del pubblico di riferimento e di tutte le potenzialità proprie delle azioni di Digital PR; in questo modo si sarà in grado di individuare quelle più rilevanti per raggiungere i risultati a cui si ambisce.