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Google Search Console: cos’è e come può aiutarti a migliorare il tuo sito web

Alessandro Fumagalli

Tempo di lettura: 15′

Per la maggior parte delle realtà avere un sito aziendale è ancora importante. Anche oggi, nel 2018, quando sembra che qualcuno possa farne a meno: ne abbiamo scritto giusto qualche tempo fa per il blog di Polipy.

Certo: fare (o farsi fare) un sito aziendale e poi lasciarlo lì con le “quattro frecce”, sperando che la sua semplice esistenza possa bastare per aiutare dei potenziali clienti a trovarci, può essere classificato solo come “eccesso di ottimismo”.

Anche se fosse, comunque, che idea si farebbe della nostra azienda chi arrivasse a visitare il sito e trovasse, per esempio, che l’ultimo post del blog è quello in cui diciamo “ciao mondo, ecco il nostro nuovo sito aziendale”, datato magari due, tre oppure ancora più anni fa? O chi vedesse che in homepage abbiamo un’offerta, magari anche ottima, ma scaduta da mesi?

Se avere un sito aziendale è importante, e tenerlo aggiornato può esserlo ancora di più (come abbiamo spiegato nel post dedicato al piano editoriale), un’altra cosa che è bene fare al più presto è chiedere al tecnico che ce lo ha messo online di integrare il codice di Google Analytics.

Le ragioni sono diverse, come avevamo spiegato nel post di approfondimento dedicato al tema (ricordate?). La principale, comunque, è che analizzando i dati di Google Analytics possiamo avere una fotografia piuttosto precisa del comportamento delle persone in relazione al nostro sito e le sue pagine: da dove arrivano, quanto ci stanno, cosa guardano di più, etc.

Da questo punto di vista l’ideale è che la proprietà dell’account Google Analytics sia messa nelle mani di una persona interna all’azienda: sarà questa persona a concedere l’accesso a Google Analytics anche ai collaboratori che si occuperanno dell’analisi dei dati del sito, oltre che all’agenzia (se ce n’è una) che segue l’azienda.

Sempre a proposito di best practice, poi, è utile che l’azienda affidi a qualcuno (interno o esterno, ma preparato) il compito di controllare con regolarità tutti questi dati in modo da capire come si evolve il traffico.

Google Analytics rappresenta sicuramente un’ottima base di partenza. Per avere un quadro ancora più completo della situazione, però, è bene che questo strumento sia associato a un altro, messo sempre a disposizione sempre da Google: Search Console.

GSC (come potremo chiamarlo per comodità da qui in avanti) e Google Analytics sono un po’ “come il pane e il burro”: anche presi singolarmente svolgono egregiamente ciascuno le proprie funzioni, ma è soprattutto quando lavorano insieme che sanno dare il meglio.

In particolare associare il Google Analytics di un sito a una proprietà di Google Search Console consente di migliorare la qualità delle statistiche sulle parole (o le frasi) per cui un sito viene trovato sui motori di ricerca, e da lì visitato. Un aspetto fondamentale per la SEO.

Ma GSC non è solo questo. Proviamo allora a scoprirlo più da vicino:

google search console

Che cos’è Google Search Console?

Avete presente quel dispositivo che usano i meccanici quando devono fare una diagnosi alla centralina dell’automobile? Collegando due cavi in pochi istanti hanno un rendiconto di tutte le cose che funzionano e di quelle che non vanno, e possono individuare eventuali problemi da risolvere.

Ecco: Search Console è il corrispettivo di questo dispositivo che Google mette a disposizione di chi ha un sito internet. Offre infatti un resoconto chiaro, veloce e completo di ciò che funziona e degli aspetti su cui invece bisogna intervenire per migliorare la visibilità di una pagina web agli occhi del motore di ricerca.

Evoluzione del “vecchio” Webmaster Tools, Google Search Console è uno strumento gratuito che ci permette, tra le altre cose, di dare indicazioni a Googlebot, ossia lo strumento di Google che passa continuamente al setaccio tutte le pagine web del mondo a caccia dei contenuti che vengono proposti come risposta a ciascuno di noi ogni volta che interroghiamo il motore di ricerca per una nostra esigenza.

A cosa serve…

GSC ci permette di sapere come Google sta vedendo (più tecnicamente “scansionando”) le pagine del nostro sito.

Questo è uno dei parametri su cui Google si basa per la costruzione delle proprie SERP. Capite bene, quindi, quanto sia importante che Google veda le pagine web del nostro sito “come dice lui”.

E’ proprio per questo motivo che Google Search Console ci comunica anche quando c’è qualcosa che non funziona a dovere, ci segnala dove ci sono degli errori e ci dice su cosa dobbiamo intervenire per risolverli.

Queste segnalazioni sono sempre disponibili nella Search Console del sito, ma Google ha previsto anche l’invio di email di “allarme” quando i problemi sono gravi o riguardano tante pagine.

Ma queste sono solo indicazioni sommarie: per conoscere più nel dettaglio le principali utilità di Google Search Console vi rimandiamo più avanti nel post, alla sezione che dedicheremo alle sue funzioni.

… E a cosa NON serve Google Search Console

Facciamo un rapido cenno anche a questo argomento, essenzialmente per sfatare un mito.

Sebbene ci dia molte informazioni rispetto a come il nostro sito viene visto dal motore di ricerca, Google Search Console NON serve per “attivare” (o richiedere) l’indicizzazione di un sito: per fare questo, infatti, esistono tutt’altro genere di tecnicismi.

E’ quindi possibile che un sito che non è stato validato in Google Search Console sia ben indicizzato, così come – al contrario – può succedere che un sito di cui è stata verificata la proprietà su GSC sia invisibile, in tutto o in parte, agli occhi del motore di ricerca.

Google Search Console serve proprio per avere delle indicazioni “a colpo d’occhio” su tutto questo, con un livello di dettaglio che arriva fino alla singola pagina web.

Chi dovrebbe utilizzarlo?

Abbiamo appena detto che Google Search Console non è indispensabile per indicizzare un sito, che poi è la strada attraverso cui lo rendiamo visibile al motore di ricerca e quindi più facilmente individuabile anche dagli utenti che vanno su internet per trovare una risposta alle proprie esigenze.

Il fatto che ci fornisca una serie di dati utili a capire come Google sta vedendo il nostro sito, però, suggerisce a chiunque abbia un sito web di attivare Search Console e di fornire a tutti quelli che lo gestiscono le autorizzazioni necessarie per accedere ai dati.

Grazie a GSC, infatti, un proprietario può facilmente farsi un’idea di come sta funzionando il suo sito e capire se ci sono delle criticità, anche senza avere particolari capacità tecniche.

Da parte loro, invece, con Google Search Console gli sviluppatori e i professionisti di SEO e marketing hanno in mano una serie di dati indispensabili per riuscire a calibrare al meglio gli sforzi dell’azienda e per cercare di indirizzarli verso quei contenuti che possono portare ai risultati desiderati.

Come si attiva?

Per cominciare a funzionare, Google Search Console richiede che venga fatta una verifica della proprietà.

Come spiega nella guida dedicata, Google considera una “proprietà” di Search Console un sito o un’app di cui si è proprietari. La proprietà di un sito può essere anche nelle mani di più persone, ma quello che è importante è che almeno una l’abbia rivendicata su Google Search Console.

Esistono anche dei siti per cui non è richiesta la verifica della proprietà: è il caso dei siti ospitati su Google, quindi principalmente le pagine di Blogger e quelle di Google Sites (che serve per creare e gestire dei siti con una spesa contenuta e senza particolari competenze di programmazione).

Secondo le ultime notizie, poi, Google si sta preparando a ridurre drasticamente l’esigenza di verificare la proprietà di un sito: presto dovrebbe entrare in funzione una nuova modalità per cui la verifica sarà automatica nel caso in cui al sito sia già stato associato un Google Analytics.

Una volta portata a termine la procedura, GSC comincia a elaborare i suoi dati. Lo farà continuamente, in automatico e gratis, fino a quando non gli daremo un’indicazione diversa.

Le funzioni di Google Search Console

Arriviamo ora al vero nocciolo di GSC: le sue funzioni.

Anche se la console, sia prima che dopo il restyling grafico, si presenta molto pulita e il suo menù non è particolarmente ricco di voci, i dati che possiamo recuperare da Google Search Console sono davvero numerosi, e molto spesso possono essere davvero utili in un’ottica di ottimizzazione per i motori di ricerca (la tanto chiacchierata SEO).

Sitemap

Senza tenere conto dell’ordine con cui ci vengono proposte nel menù, una delle prime voci di GSC che dobbiamo prendere in considerazione è “sitemap”.

Grazie a questa funzione possiamo infatti segnalare a Google, attraverso l’invio di un file apposito (il file sitemap, appunto), come è fatta la struttura del nostro sito, in modo da offrire al motore di ricerca una “bussola” in grado di orientare la sua attività di indicizzazione e rendere questo processo più veloce.

Con la sitemap, infatti, siamo in grado di dire quali sono le pagine del nostro sito e che livello di importanza hanno nella gerarchia dei nostri contenuti.

Nel generare una sitemap, Google ci suggerisce (all’interno della guida dedicata all’argomento) di indicare la versione canonica di ogni pagina, ossia quella che vogliamo considerare come standard anche se ne esistono altre simili che il motore potrebbe interpretare come doppioni (e per questo penalizzare).

La stessa guida contiene tutta una serie di indicazioni utili per generare una sitemap in maniera corretta, in modo che sia efficace.

Creare e segnalare a Google una sitemap può essere importante, ma non è indispensabile. A dirlo è Google stessa quando segnala che un sito in cui le pagine sono collegate tra loro in maniera adeguata può essere tranquillamente indicizzato dai suoi strumenti anche in assenza di una sitemap.

Se però il sito è nuovo e non ha ancora ricevuto molti link dall’esterno, oppure ha molte pagine, indicare una sitemap a Google aiuta il motore a individuarlo più rapidamente e a interpretarne la struttura in maniera corretta, ossia come abbiamo bisogno che venga letta.

Introduzione

Nel menù “introduzione” abbiamo dei rapporti sintetici che ci forniscono delle indicazioni essenzialmente su tre aspetti: le prestazioni, la copertura e i (possibili) miglioramenti.

Il primo ci dice quanto traffico è arrivato al nostro sito dal motore di ricerca. Non stiamo a specificare ogni volta, ma quando scriviamo così tenete presente che stiamo parlando di Google. La visione sintetica introduce a un livello di dettaglio più approfondito, che vedremo a breve nello specifico.

Il secondo, copertura, potrebbe anche essere frainteso: segnala infatti quante pagine del sito Google ha scansionato e ritenuto valide e le distingue da quelle che invece contengono degli errori e, per questo, non sono state indicizzate in modo corretto.

Infine, abbastanza simile, c’è la parte di “miglioramenti” che nella sua “anteprima” ci mostra quante sono le pagine ottimizzate per essere visualizzate su dispositivi mobili (“usabilità”) e quante le AMP, ossia le Pagine (correttamente) Accelerate per il Mobile. Come abbiamo già avuto modo di dire, con l’introduzione del mobile-first index queste pagine sono diventate sempre più decisive per il posizionamento.

Prestazioni

In questa sezione troviamo una panoramica sintetica di una serie di dati che sono disponibili anche su Google Analytics, ma qui vengono proposti con una visualizzazione molto immediata.

In alto c’è un grafico, che al conto dei clic totali (già visto in “introduzione”) aggiunge quello delle impressioni totali, ossia di quante volte una pagina web del nostro sito è comparsa come risultato di ricerca (indipendentemente dal fatto che poi sia stata cliccata o meno).

La CTR media è il frutto del rapporto tra i primi due numeri, e indica (in percentuale) quante tra tutte le impressioni hanno portato a un click. Questo valore è utile se vogliamo impostare una strategia di ottimizzazione dei titoli delle pagine web che induca le persone a cliccare proprio sul nostro contenuto, preferendolo a quelli di tutti gli altri.

L’ultimo dato, posizione media, indica dove compare il nostro sito nelle SERP: il valore viene calcolato sulla base della posizione più alta raggiunta da un contenuto del nostro sito per una particolare chiave di ricerca.

Sotto al grafico troviamo una serie di tabelle.

Se “Paesi” è facilmente interpretabile, nel senso che è chiaro che ci indica clic e impressioni suddivisi per Nazione di provenienza, e lo stesso vale per “dispositivi” (che ci dice cosa ha usato materialmente per navigare chi è arrivato sul nostro sito), “Query” merita due parole in più.

La voce indica infatti da quali chiavi di ricerca sono partite le persone che sono arrivate sul nostro sito, ordinabili (maggiore > minore e viceversa) per clic e impressioni. Cliccando sulla singola voce, poi, è possibile andare a un ulteriore livello di dettaglio che ci dice CTR e posizione media della singola chiave di ricerca.

Le prestazioni possono essere filtrate in diversi modi, andando a scoprire nel dettaglio quale tipo di contenuto ha contribuito più di altri a farci salire sul motore di ricerca tra pagina nel suo complesso (web), immagini e video.

E’ inoltre possibile modificare l’intervallo di tempo preso come riferimento per seguire l’evoluzione.

Conoscere tutti questi valori nel dettaglio ci permette di sapere se e dove è utile intervenire per rafforzare la nostra presenza su una particolare chiave.

Torniamo per un attimo all’esempio della pasticceria che abbiamo usato per descrivere l’utilità di Google My Business.

Vendiamo solo un certo tipo di paste, specialità regionali della Sicilia, e abbiamo una clientela che, per la natura del nostro prodotto, è molto ben localizzabile, a Vimercate e dintorni.

Nell’ottica di impostare una strategia SEO, che ci permetta di comparire tra i primi risultati nelle SERP per “specialità regionali Sicilia” e “pasticceria Vimercate”, possiamo creare una serie di contenuti che richiamano questi termini, e con Google Search Console verificare periodicamente come cambia il nostro posizionamento per questi termini.

Se siamo già tra i primi risultati, o addirittura siamo i primi sul motore, significa che stiamo facendo bene la nostra attività di posizionamento. Diversamente sappiamo che dobbiamo intervenire per rafforzarci su queste chiavi di ricerca, e verificare il risultato di questa attività andando a controllare i dati con una cadenza prestabilita (per esempio, una volta al mese).

Copertura

In questa scheda, Google Search Console suddivide le pagine note (a lui) del nostro sito in quattro grandi gruppi:

  • Valide, quindi indicizzate in maniera corretta
  • Valide con avvisi: ossia indicizzate da Google, ma che presentano alcune problematiche. Può darsi, ad esempio, che Google le stia indicizzando ma non come vorremmo noi: se le individua, Google ci suggerisce di sottoporle a una verifica
  • Pagine escluse: ossia non indicizzate, ma perché Google ha ricevuto un’indicazione esplicita di fare così. In realtà qui si possono annidare anche alcuni errori, specie se chi ha messo in linea il sito o il blog non è troppo ferrato dal punto di vista tecnico: può darsi, per esempio, che Google individui nel corpo della pagina il tag “noindex” – ossia quello attraverso cui possiamo chiedere che una pagina non venga indicizzata – anche se chi gestisce la parte “tecnica” del sito non credeva di averlo inserito. Tra le pagine escluse è possibile anche trovarne alcune che non sono ancora state completamente indicizzate da Google (tempi tecnici…)
  • Errore: così come “valide”, anche questa voce si spiega da sé. La differenza, semmai, sta nel fatto che esiste una lunga serie di casistiche che possono portare Google a individuare un errore: le più comuni sono state elencate da Google stessa nella pagina dedicata della guida a GSC.

Miglioramenti

In questa porzione di menù, Google Search Console raccoglie due sotto-voci: Usabilità sui dispositivi mobili e AMP.

Entrambi i report ci indicano, già a colpo d’occhio, se le pagine del sito sono correttamente fruibili da smartphone e tablet oppure no (è la voce “usabilità”) e se sono state costruite secondo gli standard AMP, quindi se esiste una versione del contenuto semplificata e più leggera da scaricare rispetto allo standard (per venire incontro alle esigenze di chi naviga dove la copertura non è eccezionale).

Usabilità e AMP sono voci da tenere in grande considerazione, perché – al di là delle dichiarazioni di facciata – Google sta attribuendo sempre maggior importanza alla qualità dell’esperienza fatta dalle persone che navigano da telefonino (che ormai sono la maggior parte degli utenti di internet): ne abbiamo parlato anche nell’approfondimento dedicato al mobile-first index.

Grazie ai dati prodotti da Google Search Console rispetto a Usabilità e AMP, chi gestisce un sito può avere rapidamente il polso delle situazioni sotto controllo e di quelle che, invece, necessitano di un’ulteriore ottimizzazione.

Link

Dentro a questa voce troviamo principalmente due tipi di informazione.

Il primo è “Link esterni”, e ci fornisce il rendiconto di quante volte gli utenti sono arrivati al nostro sito partendo da un altro che ci ha citati con un link.

Questa funzione ci consente di tenere monitorate eventuali attività anomale, come quelle di siti che ci richiamano “troppo spesso”; dall’altra parte, però, lo stesso report ci può aiutare anche a capire se possiamo sviluppare delle collaborazioni reciprocamente vantaggiose con qualche realtà che c’è là fuori.

Link interni” è invece la misura di quante volte gli utenti sono arrivati su una certa pagina partendo da un’altra del nostro stesso sito. Attraverso i link interni abbiamo la possibilità di far rimanere un utente sulle nostre pagine per più tempo, e sappiamo che la durata della visita è uno dei parametri su cui si basa Google per compilare le SERP.

Grazie a questo report possiamo sapere quali sono state le pagine che abbiamo richiamato di più, ed eventualmente intervenire per cercare di portare il traffico verso altre pagine che riteniamo più strategiche per il nostro business.

Controllo URL

Grazie a questa funzione, Google Search Console ci offre la possibilità di andare a fare dei test su delle pagine specifiche.

I parametri che vengono presi in considerazione sono l’indicizzazione, l’usabilità sui dispositivi mobili e AMP. Per ciascuno di questi parametri GSC è in grado di fornirci delle indicazioni, segnalando se è tutto a posto o se ci sono degli aspetti su cui dovremmo intervenire per migliorare la visibilità della pagina agli occhi del motore di ricerca.

E’ inoltre possibile richiedere un test in tempo reale della pagina per scoprire se gli interventi che abbiamo messo in atto per risolvere le criticità che ci sono state segnalate hanno avuto l’effetto sperato o invece c’è bisogno di tornare a lavorarci.

Qualcosa in più: i dati strutturati

Fino a qui abbiamo parlato di funzioni abbastanza basilari, la cui interpretazione può essere alla portata di tanti (seppure non al 100% delle potenzialità).

Ma Google Search Console si dimostra uno strumento molto potente in ottica SEO anche grazie a funzioni un po’ più evolute che richiedono un certo grado di competenza “tecnica” per essere padroneggiate al meglio. Per esempio i cosiddetti “dati strutturati”.

Abbiamo già detto che Google ricorre a un software spider, Googlebot, per scansionare tutte le pagine web che ci sono in linea, e che – se queste sono costruite in maniera corretta – non ha necessità di essere “imboccato” da una sitemap per indicizzare i contenuti: ce la può fare da solo.

Se però lo vogliamo aiutare in questa operazione possiamo farlo segnalando i dati secondo delle strutture standard, che Google è in grado di riconoscere senza “faticare”, per così dire.

Utilizzando strumenti come il vocabolario schema.org, i microformati o l’evidenziatore di dati possiamo aiutare Google a “leggere” facilmente i contenuti della nostra pagina, e anche chiedergli di mostrarli con un formato particolare come quello dei rich snippet (ossia dei risultati di ricerca “arricchiti” con l’indicazione dell’autore, le stelline per indicare la media delle recensioni, le immagini di anteprima, un numero di telefono da contattare…).

Se la nostra azienda si propone in una nicchia dove le parole chiave sono ancora poco sfruttate, e quindi non c’è grande competizione, dotarsi di rich snippet può essere un esercizio di stile fine a se stesso; se invece nel nostro campo c’è molta concorrenza, poter suggerire a Google dei pezzi di contenuto con cui arricchire lo snippet può fare una differenza enorme.

In conclusione

L’ottimizzazione per i motori di ricerca (Search Engine Optimization o, contratta, SEO) è un lavoro che per essere fatto al meglio deve tenere conto di numerosi aspetti: in genere richiede tempo (quello necessario per dare modo ai motori di indicizzare al meglio i nostri contenuti) ed energie, e anche una volta che pensiamo di essere a posto non possiamo permetterci di “cullarci sugli allori” perché il posizionamento (ranking in inglese) e le logiche che portano a compilarlo sono in continua evoluzione.

Per la sua semplicità d’uso e per la completezza dei dati che è in grado di fornirci, Google Search Console rappresenta un ottimo alleato: conoscerlo e saperlo usare bene, o affidarsi a dei professionisti che sono in grado di farlo, è sicuramente una delle risorse più utili per ottenere i risultati sperati dalla messa online di un sito internet.

Aggiornamento del 20 novembre 2018:

Google prevede continui aggiornamenti allo strumento Search Console per renderlo sempre più utile per i proprietari dei siti internet e per i loro gestori “tecnici”.

L’ultimo, ma solo in ordine di tempo, prevede l’implementazione di una funzione che notifica gli amministratori nel caso in cui le loro pagine di sottoscrizione non seguano le linee guida indicate da Google stessa (informazioni di fatturazione chiare e complete, costi di servizio esposti e tariffa facilmente comprensibile); lato utente, il browser Google Chrome segnalerà quando il sito presenta una pagina di iscrizione che non rispetta i fondamentali richiesti da Google.