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Contenuti online: chi li paga? La pubblicità, gli utenti oppure … ? Arriva presto in Italia Google Consumer Surveys, scopriamolo! [AGGIORNATO]

Alberto Giacobone

Tempo di lettura: 15′

Henry Ford quote
Il paradosso di Henry Ford è senza tempo, ma quanti lo hanno presente? (fonte immagine: http://bit.ly/2uH6Nmy)

[Ultimo aggiornamento il 29 giugno 2015]

Pubblicità. Online. Ormai il sorpasso rispetto agli investimenti pubblicitari in televisione è acqua passata, secondo alcuni, dietro l’angolo – o quasi – per altri.

Fare pubblicità, si sa, fa bene alle imprese. Citando Henry Ford,

Chi smette di fare pubblicità per risparmiare soldi è come se fermasse l’orologio per risparmiare il tempo

Dato questo per assodato, la regola per gli investitori è sempre quella: “money follows the eyeballs”, un adagio in apparenza molto semplice, che si traduce nel fare pubblicità dove le persone “guardano”.

Le persone leggono i giornali? E’ bene spendere in pubblicità sui giornali. Le persone guardano la TV? I soldi della pubblicità è giusto che finiscano lì.

La realtà, è leggermente diversa, come evidenziato in questa slide dell’Internet Trends report di Mary Meeker per KPCB: con un cambiamento così rapido nelle abitudini delle persone, gli investimenti pubblicitari non si stanno spostando abbastanza in fretta.

Investimenti pubblicitari per tempo speso USA 2015
Come si evolvono gli investimenti pubblicitari rispetto al tempo investito? Negli USA c’è grande margine per la crescita della pubblicità da mobile, e non solo lì (fonte immagine: http://bit.ly/2w3l8Ox)

L’uso degli smartphone è in rapidissima crescita, ma paradossalmente gli investimenti pubblicitari sono ancora decisamente sottotono, soprattutto se comparati con quelli sulla carta stampata.

La situazione per desktop e tablet è già più equilibrata, per quanto riguarda il rapporto tra spesa e tempo speso dalle persone.

Cosa succede però se guardiamo all’esperienza pubblicitaria?

popupApriamo un sito a caso tra i più visitati in Italia – www.telefonino.net – e proviamo a leggere una notizia: tra finestre che si aprono sotto alla nostra (popunder), pubblicità che non possono essere chiuse per diversi secondi ed impediscono di leggere la notizia e altri “ostacoli”, consumare il contenuto per cui abbiamo visitato il sito è un’esperienza tutt’altro che piacevole, al pari di un film interrotto da troppi spot pubblicitari.

Hey, il contenuto è offerto in forma gratuita, in qualche modo dobbiamo pur guadagnare”, si giustifica da una parte l’editore.

Dall’altra, molti utenti – letteralmente “attaccati” da un’esperienza pubblicitaria così invasiva – invece di rivolgersi altrove scelgono di “difendersi” attivando uno dei tanti AdBlocker disponibili. Cosa sono?

Gli AdBlocker sono applicativi che consentono di bloccare la maggior parte della pubblicità presente in un sito, consentendo comunque di fruire dei contenuti.

A tutti gli effetti, se la pubblicità può essere considerata il “biglietto d’ingresso” ad uno spettacolo, gli Adblocker sono lo strumento che permette di non pagarlo.

Con un utilizzo in costante ascesa, questi strumenti da una parte sono una legittima reazione ad un’esperienza pubblicitaria realmente troppo invasiva, dall’altra sottraggono risorse agli editori, rendendo più difficile la produzione di contenuti editoriali.

Ci sono alternative?

Da una parte, la pubblicità cerca di mimetizzarsi con il contenuto: è una modalità molto interessante ma che si presta a pericolosi abusi.

Youtube Tip Jar
Gli utenti di YouTube che seguono un canale possono finanziarlo con una piccola donazione: è l’idea di Tip Jar (fonte: https://goo.gl/LSyPXo)

 

Dall’altra, c’è chi ha prova a chiedere il sostegno degli utenti (lo sta facendo anche YouTube, col suo “progetto” Tip Jar): sebbene rispetto a qualche anno fa gli utenti che riconoscono il valore dei contenuti e sono disposti a pagare “qualcosa” stiano aumentando, sono decisamente ancora troppo pochi. Meccanismi di microdonazione, come Flattr, non sono certo d’uso quotidiano per il grande pubblico e al contrario, applicativi come Popcorn Time, che facilitano l’accesso gratuito – ed illegale – a contenuti la cui produzione ha richiesto investimenti spesso ingenti, hanno decisamente più successo.

Fino a che nell’equazione si ha a che fare con tre soggetti (chi produce i contenuti, chi ne fruisce e gli inserzionisti), le alternative non sono molte: se i contenuti non li paga la pubblicità, allora il costo si sposta sugli utenti.

E se invece si introducesse un quarto soggetto?

Ci prova Google, attraverso un servizio chiamato Google Consumer Surveys.

Come funziona?

Il meccanismo di base è semplice: le persone rispondono a una o più domande, ottenendo in cambio un beneficio; che sia denaro o l’accesso ad un contenuto altrimenti non accessibile, poco cambia.

Chi paga?

Chiunque sia interessato a raccogliere le opinioni di gruppi di persone, con la possibilità di scegliere a chi somministrare le domande in base a parametri demografici ed altre caratteristiche.

meme sondaggio telefonico
“Questo sondaggio richiederà solo pochi minuti”, quante volte vi è capitato? Ma poi, quanto vi hanno tenuto al telefono?

Questo tipo di indagini vengono regolarmente svolte con le modalità più disparate: da interviste per strada a telefonate a freddo, da questionari per posta a quelli somministrati subito dopo un’esperienza d’acquisto.

E’ chiaro come il costo di queste modalità risulta elevato, richiedendo l’impegno di numerose persone e risorse nelle diverse fasi, dalla raccolta all’elaborazione delle risposte.

Grazie a internet, c’è la possibilità di rendere trascurabili questi costi e quindi di far pagare molto meno a chi ha l’esigenza di ottenere delle risposte: quanto meno?

Google propone un costo di 10 centesimi di dollaro nel caso di una singola risposta o ancora, 3 dollari e 50 centesimi nel caso di 10 risposte somministrate nel contesto del medesimo questionario.

Siamo un’azienda che vuole conoscere le abitudini di acquisto dei ragazzi tra i 18 ed i 24 anni nel nostro settore merceologico? Ottenere una risposta secca da 1000 persone, ha un costo di 100 dollari. Pianificare lo stesso risultato con i metodi tradizionali? Molto, molto di più.

Ma come raggiungere così tante persone?

E’ proprio qui che l’idea di Google si rivela vincente: coinvolgere chi crea e pubblica contenuti, condividendo con loro parte del guadagno.

La modalità individuata è tanto semplice quanto efficace: consentire agli editori di bloccare l’accesso a certi contenuti, fino a che l’utente non compie un’azione, che può essere la risposta a una domanda o altro.

Sondaggio Ultimoprezzo.com
Ecco l’esempio di un sondaggio che abbiamo proposto nelle scorse settimane su Ultimoprezzo.com. I risultati? Li trovate qui: http://goo.gl/hj44mp

L’utente può facilmente accedere al contenuto *, semplicemente rispondendo alla domanda o compiendo l’azione alternativa proposta: se vuole, può anche “saltare” l’azione, accedendo comunque al contenuto (è per questo che si parla di “soft pay wall”), ma visto il basso “costo” di accesso, sono molte le persone che “stanno al gioco”.

* Aggiornamento del 29 giugno 2015:

A partire dal 10 giugno, Google sta rendendo progressivamente disponibile la nuova interfaccia dei suoi Consumer Surveys secondo le regole del Material Design, che ha già adottato nei suoi diversi prodotti; una novità che va a tutto vantaggio del tasso di risposta 😉

Questa modalità di accesso ai contenuti si sposa bene con dei contenuti di qualità: l’editore viene incentivato a crearli e gli utenti che li apprezzano sono propensi a rispondere alle domande per accedervi.

Il sistema permette a chi vuole ottenere delle risposte di prepararle e somministrarle molto rapidamente ad un gran numero di persone.

Le tipologie di domande possibili sono molte: si parte da una scelta singola tra più opzioni e si arriva a delle risposte da dare dopo aver visionato un video, passando per la possibilità di comparare delle immagini, esprimere giudizi da una scala da 1 a 5 e molto altro.

Google Consumer Surveys
Il modulo per creare “Google Consumer Surveys”, molto guidato ma anche in grado di mettere tante possibilità a disposizione

Costi molto bassi, facilità e rapidità di accesso a molte persone che corrispondono al profilo ricercato, flessibilità e autonomia nel costruire le domande e strumenti evoluti per valutare le risposte: sono tutti vantaggi di un sistema ormai maturo che può tornare utile in moltissimi casi.

Si sta sviluppando un nuovo prodotto e si vuole capire se il mercato è pronto? Chiederlo al mercato di riferimento potrebbe essere una buona idea.

Si vuole capire se una certa funzionalità del proprio prodotto / servizio viene considerata importante dal mercato? E’ facile chiederlo e creare una classifica, utile per pianificare ulteriori sviluppi interni.

Quali sono i brand top of mind nel mercato in cui ci si muove? Basta un questionario e lo si capisce in fretta.

Se questi sono solo alcuni esempi tradizionali di impiego di un sondaggio, ce ne sono di ancora più interessanti per chi sa cogliere l’occasione di un punto di contatto importante come questo.

Porre una domanda su di un determinato argomento ad una persona si porta dietro infatti una componente informativa che ha un valore commerciale enorme.

Cosa ne pensi dei viaggi in autobus in tutta Italia proposti ad 1 euro da Megabus.com?” è una domanda che implicitamente informa la persona che deve dare una risposta del servizio, di cui non è detto fosse a conoscenza.

Ancora: chiedere ad una persona cosa ne pensa di tre brand, di cui due molto importanti e poi il nostro, che magari non è al livello dei primi due ma ci si avvicina, inevitabilmente “aggancia in scia” il nostro marchio nella mente della persona, che magari prima non ci conosceva; si ottiene così già un risultato, indipendentemente dalla domanda posta e dalle risposte ottenute.

Anche solo far riflettere una persona su di un argomento, esponendola ad arte con una frase, un’immagine o un video, è un modo per “impiantare un’idea”, che può essere fatta maturare poi nel tempo con altri punti di contatto ben orchestrati.

Inception quotes
Una riflessione su un tema è la prima base per cominciare un approfondimento sulla stessa

Tutto questo semplicemente tramite una o più domande? Sì, perchè si tratta di un punto di contatto importante, che fa parte di un’esperienza positiva: rispondendo alla domanda, ho accesso ad un contenuto tipicamente di qualità che mi dà soddisfazione e l’ho ottenuto senza dover pagare nulla e senza doverlo “rubare” (per quanto una persona possa essere indifferente ai diritti dei produttori dei contenuti, è difficile che non sia minimamente impattata in negativo dalla propria azione illegale).

Google Opinion Rewards Play Store
Un dettaglio dell’App Google Opinion Rewards, disponibile su Play Store

Questo potente strumento inizia ad essere disponibile anche in Italia: abbiamo avuto il piacere di sperimentarlo direttamente in anteprima ed oggi è già possibile porre delle domande a chi in Italia ha scaricato “Google Opinion Rewards”, un applicativo che consente di rispondere direttamente alle domande, in cambio di un guadagno diretto, che si traduce in credito per il Play Store.

Si tratta di una modalità di ingaggio diversa da quella descritta prima, ma che è funzionale per creare la giusta massa critica anche sul mercato italiano.

Quando questo strumento sarà disponibile anche per gli editori che puntano all’Italia come mercato di riferimento? Possiamo dire “molto presto” 😉

E’ un’occasione importante, anche per i nostri editori che non solo potranno sfruttare Google Consumer Surveys come strumento di monetizzazione, ma avranno anche il beneficio di utilizzare questo potente meccanismo per somministrare direttamente delle domande ai propri visitatori. Il costo? Nessuno: per i sondaggi pubblicati sui propri siti, non si paga nulla, un vantaggio che siamo sicuri incentiverà l’adozione di questo strumento.

Certo, non si tratta della panacea di tutti i mali: avere un accesso così facile ed economico alle opinioni delle persone è una risorsa in più che va valutata ed adottata con le giuste attenzioni, non lasciandosi prendere da facili entusiasmi.

Anche in questo caso torniamo a citare Henry Ford:

Se avessi ascoltato i miei clienti, avrei dato loro un cavallo più veloce”.

henry-ford
Come a dire: “Ascoltare il mercato va bene, ma a volte credere nelle proprie idee e perseguirle nonostante tutto può portarci molto lontano”