Quante parole straniere usate nell’arco delle 24 ore? Se, come noi, lavorate nel campo del web, tantissime: browser, mouse, computer, query, file, e chi più ne ha più ne metta. Tuttavia, l’italiano è notoriamente una lingua che accoglie senza fare troppe domande tutta una serie di vocaboli stranieri (leggi: inglesi), di cui potremmo anche fare a meno: babysitter, drink, show, manager, e la lista è ancora lunga.
Alla luce di questo, abbiamo la ragione di chiederci: se in Italia siamo così propensi all’uso di anglicismi, perché siamo uno degli ultimi Paesi europei come livello di conoscenza della lingua inglese (davanti solo agli spagnoli che con il loro ratón [mouse], ordenador [computer] e canguro [baby-sitter] hanno adottato una politica di “English? No, gracias” che, in fin dei conti, non è necessariamente un male – se abbiamo una lingua perché non usarla?).
Per rispondere, almeno parzialmente, a questa domanda, bisogna tenere in considerazione una serie di fattori. Il primo è che, nell’apprendimento di un idioma straniero, un elemento determinante è l’atteggiamento dei genitori (e delle persone che si hanno attorno) rispetto allo studio delle lingue; se nella maggior parte delle famiglie italiane ancora si sente dire “l’importante è fare di conto”, non c’è lezione di inglese che tenga: una visione negativa dell’idioma studiato aumenta, non di poco, la difficoltà nell’apprendimento dello stesso.
Un altro fattore rilevante è rappresentato dai mass media: non stupisce che i Paesi in coda alla classifica della conoscenza dell’inglese in Europa siano quelli in cui i programmi televisivi (film, serie TV e cartoni animati, la maggior parte made in USA) vengono doppiati nella lingua locale. Immaginatevi invece, come succede nel nord Europa, un bambino di 6-7 anni che guarda un film della Disney con l’audio originale in inglese: uno, due, tre, quattro film e già il piccolo ha immagazzinato senza accorgersene le strutture grammaticali di una lingua che non è la sua. Niente male, eh?
Continuiamo dicendo che, in Italia, un grosso handicap nel campo dell’insegnamento delle lingue straniere (nelle scuole elementari, medie e superiori, ma talvolta anche nelle università) è che le lezioni sono tenute non da madrelingua, come sarebbe logico, ma da docenti italiani che, in italiano, insegnano un’altra lingua che non è la loro, magari avendone una padronanza incerta (con conseguenze altrettanto disastrose anche sulla pronuncia, il fonema “th” rimane infatti un’utopia per la maggior parte degli italiani).
Siamo d’accordo che lo scenario nel nostro Paese non è dei più rassicuranti (anche se negli ultimi anni la situazione sembra migliorata), ma c’è anche da dire che, ultimamente, sempre più persone (chi per motivi di lavoro, chi per soddisfazione e cultura personale) decidono di tornare sui banchi di scuola per imparare un’altra lingua. In questo caso, tuttavia, l’espressione “tornare sui banchi di scuola” è inappropriata: infatti, sono ormai numerosissime le piattaforme gratuite per imparare l’inglese online (diciamo l’inglese ma potrebbe essere qualsiasi altro idioma, dal cinese al catalano).
Badate bene: non parliamo solo di un cambio nel supporto da cui si apprende (dal libro cartaceo all’online), ma di un vero e proprio cambiamento nel modo in cui si assimilano le nozioni. Queste piattaforme online sfruttano infatti le ultime scoperte nel campo della linguistica cognitiva abbinate all’esperienza di gioco per aiutare le persone ad imparare una lingua straniera con semplici e divertenti esercizi che permettono alle parole nuove di fissarsi nella memoria di chi studia senza che questi nemmeno se ne accorga.
Un esempio è Memrise: lo slogan di questo servizio online è “the fun way to learn anything” e non è un modo di dire (le lingue disponibili sono oltre 200). Memrise fa riferimento al processo di apprendimento come al nostro “giardino della memoria personale”; per cominciare a coltivare il giardino, per prima cosa dobbiamo piantare i semi (le parole nuove) che daranno origine a delle piantine che dovremo poi fare crescere nella nostra serra (la memoria a breve termine) ed, infine, trapiantare nel nostro giardino (la memoria a lungo termine) da dove le potremo raccogliere (e quindi adoperarle nella pratica senza problemi).
In questo modo, partendo dalle singole parole, si costruisce un percorso di apprendimento tramite esercizi mirati a stimolare ed esercitare la memoria nel migliore dei modi, tramite appunto l’applicazione delle moderne tecniche delle neuroscienze.
L’esperienza di Memrise è multisensoriale e molto coinvolgente: si ascolta la parola, la si legge nel contesto di una frase, la si deve ridigitare, la si ritrova associata per assonanza o concetto ad una frase o ancora, ad un video. Un esempio? Basta guardare la scheda dedicata alla parola “Dogmatic” per rendersi conto del tipo di materiale a disposizione: senz’altro non convenzionale, ma indubbiamente efficace.
Come dei veri e propri sportivi, attraverso il servizio di Memrise è possibile tenere traccia dei propri allenamenti e pianificarne di nuovi anche in mobilità, usando l’apposita applicazione per iOS.
Un altro servizio interessante (e gratuito) per l’apprendimento online delle lingue straniere è Duolingo. Le lingue offerte da questa piattaforma sono molto più limitate rispetto a Memrise (spagnolo, francese, tedesco per anglofoni ed inglese per ispanofoni), ma in futuro si prevede l’aggiunta di cinese, italiano e portoghese.
Duolinguo è anche una piattaforma di traduzione crowdsourcing: ciò significa che, mano a mano che una persona avanza nell’apprendimento di una lingua attraverso gli esercizi proposti, automaticamente contribuisce alla traduzione di siti web ed altri documenti.
Gli esercizi di Duolinguo, infatti, si basano generalmente su semplici frasi da tradurre (per esempio dall’inglese allo spagnolo e viceversa) utilizzando più volte le stesse parole e le stesse forme verbali, in modo tale da fissare le strutture ed i vocaboli nuovi nella memoria di chi studia.
Se, invece, anni di studio e libri di grammatica vi hanno dato delle buone basi ma non avete mai avuto occasione di parlare inglese con nessun essere vivente ad eccezione della vostra professoressa di inglese (italiana, ovviamente), ecco Verbling, una piattaforma basata sul principio del “Give&Take”: dobbiamo infatti specificare la lingua che vogliamo praticare ed, inoltre, un altro idioma di cui siamo madrelingua. In questo modo, veniamo messi in contatto con persone con conoscenze linguistiche complementari alle nostre: quindi, se siamo italiani e vogliamo imparare l’inglese possiamo parlare per cinque minuti in inglese con un madrelingua anglofono (che desidera apprendere la nostra lingua) e in italiano per i cinque minuti successivi, facendo esercitare il nostro interlocutore.
Quindi, se quando tornate con la memoria alle vostre esperienze sui banchi di scuola vi vengono ancora in mente le bacchettate sulle mani, è facile intuire che la situazione è decisamente cambiata: imparare una lingua online è possibile, certo, ma la vera rivoluzione è farlo “giocando”, sfruttando meccanismi che ci permettono di immagazzinare (o di “coltivare”, per usare il lessico di Memrise) un gran numero di informazioni nella nostra memoria a lungo termine senza rendercene conto.
In questo senso, un’altra esperienza interessante (soprattutto per i più giovani) e decisamente più “real life” è quella di Couchsurfing, ovvero un servizio che permette di localizzare, in quasi tutte le zone del mondo, persone disposte ad accoglierci a casa loro per brevi periodi di tempo (anche qui vige il principio dell’intercambio: chi si fa ospitare è anche tenuto a sua volta ad accogliere a casa propria viaggiatori stranieri).
Questo servizio (che, dobbiamo dirlo, richiede da parte di chi ne usufruisce un po’ di spirito di adattamento), porta con sé una serie di vantaggi: non solo per l’aspetto economico, ma anche, e soprattutto, per quello culturale. Possiamo finalmente dimenticarci la guida Lonely Planet nel cassetto ed esplorare nuovi orizzonti attraverso gli occhi delle persone che ci ospitano; chi meglio di coloro che vivono una città ogni singolo giorno possono farcene apprezzare tutte le sfaccettature?
Il segreto è proprio questo: un software online per imparare l’inglese è uno strumento utile, ma lo è ancora di più se usato nel contesto di un’esperienza all’estero, senza dubbio the ultimate linguistic and life lesson.
P.S.: non ci siamo dimenticati di svelarvi il “trucco” di cui parlavamo nel titolo ma, semplicemente, non esiste: grazie ad internet abbiamo oggi accesso (gratis) a tutta una serie di informazioni e risorse che fino a qualche anno fa ci sembravano impensabili e queste piattaforme per l’apprendimento delle lingue ne sono un esempio.