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Web Marketing per le PMI: inbound e outbound? Content marketing? Earned, Paid e Owned Media? Aiuto!

Alberto Giacobone 8 Gennaio 2014 tempo di lettura: 15'

Ragionare in termini di “esperienza offerta” funziona più che focalizzarsi sull' "oggetto venduto"
Ragionare in termini di “esperienza offerta” funziona più che focalizzarsi su un”oggetto venduto”

Il marketing sta cambiando, e fin qui, nulla di nuovo, lo ha sempre fatto.

Il mestiere di chi fa marketing è sempre stato in costante evoluzione: tecniche, risorse, linguaggi, strutture e processi non sono rimasti certo immutati negli anni.

Cosa sta succedendo allora di così rivoluzionario, in questi ultimi tempi?

Si è accelerato il ritmo del cambiamento. Radicalmente.

Ci sono persone che hanno iniziato la propria carriera lavorativa vendendo spazi pubblicitari sui quotidiani, per andare in pensione dopo aver fatto lo stesso mestiere per decenni. Anni migliori ed anni peggiori, ma il mestiere era sostanzialmente “quello”, al punto che anche il legislatore trovava il tempo di regolamentare questo o quell’altro aspetto.

Il mestiere di chi fa marketing è sempre stato in costante evoluzione, ma oggi il ritmo del cambiamento è molto più rapido

Oggi? Nel giro di tre anni il traffico da dispositivi mobili, come gli smartphone, per molti siti è passato dal 5% al 50% del totale.

Social Network che non esistevano 3 anni fa raggiungono il 40% della popolazione adulta.

Sistemi di messaggistica come WhatsApp, sconosciuti per i più anche solo due anni fa, triplicano il numero di messaggi inviati riducendo drasticamente il numero di SMS.

Il 31 dicembre 2013 WhatsApp ha gestito 54 miliardi di messaggi in tutto il mondo telefonino.net

Secondo una teoria scientifica, i dinosauri si sarebbero estinti perché incapaci di adattarsi a un cambiamento climatico repentino
Secondo una teoria scientifica, i dinosauri si sarebbero estinti perché incapaci di adattarsi a un cambiamento climatico repentino

Come si reagisce di fronte a questi cambiamenti? Di solito, troppo lentamente.

“Ho sempre comprato pubblicità sui giornali ed ha sempre funzionato” è un’affermazione che non regge il passo con i tempi, ma paradossalmente anche assunti come “facendo pubblicità su Facebook raggiungo i giovani”, alla luce dei dati attuali, vanno rapidamente rivisti.

Già, assunti. Punti fermi a cui aggrapparsi, per dire “funziona così, sto facendo bene, avanti”.

Gli assunti si sgretolano, di fronte al ritmo del cambiamento.

Ho ottenuto l’attenzione di mille potenziali clienti, pagandola 10 euro a cliente, grazie alla pubblicità Pay Per Click. 20 di questi sono diventati effettivamente clienti, anche se hanno speso poco.

Peccato che il mio concorrente abbia adottato una strategia diversa, ottenendo l’attenzione di 500 potenziali clienti, di cui 30 sono diventati effettivamente tali, con una buona spesa media e sopratutto una prospettiva a lungo termine interessante.

Il gioco si è fatto davvero complicato ed i giocatori cercano al loro meglio di trovare degli appigli:

“Abbiamo ottenuto 10.000 like su Facebook, siamo stati bravi!”

Sì, davvero?

“Siamo in televisione, abbiamo comprato degli spazi pubblicitari televisivi in prima serata, erano al 70% di sconto, abbiamo fatto un affare!”

Ottimo, dello spot si parla bene o male? (Ammesso che se ne parli)

Lo schema dei modelli concettuali di riferimento
Lo schema dei modelli concettuali di riferimento

Costruire un brand, vendere dei prodotti… soddisfare dei clienti.

Soddisfare dei clienti? Già, perchè il modello concettuale di riferimento A.I.D.A. (Attention, Interest, Desire Action), che ha ormai compiuto più di un secolo, negli ultimi anni si è evoluto in A.I.D.A.S. (Attention, Interest, Desidere, Action, Satisfaction) e ancora più adeguato ai tempi pare il modello AISDALSLove: Attention, Interest, Search, Desire, Action, Like/Dislike, Share, Love/Hate.

Complicato? Forse, ma riflette il rinnovato potere dei singoli nell’equazione della comunicazione: non più “target” ma interlocutori, non solo nel rapporto con il brand ma soprattutto nel rapporto tra di loro, sempre più “trasparente” e “pubblico”.

Se dopo aver guardato una puntata della propria serie TV preferita negli anni 80 se ne parlava al telefono con gli amici o le amiche, oppure a scuola o negli altri luoghi di ritrovo, oggi quella stessa conversazione diventa sempre più pubblica grazie, ad esempio, a Facebook e Twitter.

Nel fare marketing è fondamentale rispettare le persone ed il loro tempo

brand-prodotti-01 brand-prodotti-02La maggior parte delle PMI vivono questi fenomeni come “lontani”: cosa ne viene a me, che produco pentole e le vendo tramite la grande distribuzione organizzata (GDO)?

Poi a qualcuno viene la brillante idea di parlare di ricette, più che di pentole, mettendo in evidenza questi “contenuti” nel packaging.

Ad altri, viene l’idea di realizzare dei convincenti video dimostrativi e mostrarli direttamente sul punto vendita.

Altri ancora, realizzano un concorso, in cui le persone fotografano e condividono quello che hanno cucinato con quelle pentole, magari evidenziando un ingrediente preferito, e dal concorso nasce una ricerca ricca di curiosità che suscita l’interesse di alcuni giornalisti.

Il passaggio mentale chiave è quello che porta non più a ragionare in termini di “oggetto venduto” ma di “esperienza offerta”.

“Devo vendere la mia bella pentola” diventa “devo mettere a disposizione una risorsa, utile e piacevole, con cui fare qualcosa”.

Per tornare a delle “parole chiave”, si stanno ricatalogando le iniziative di marketing in una dicotomia tra “inbound” (letteralmente, “in ingresso”) e “outbound” (letteralmente, “in uscita”).

Inbound e outbound sono termini che in Italia si usano con più frequenza associati alle attività dei call center: operatori outbound sono quelli che fanno le telefonate per cercare di vendere qualcosa e inbound sono quelli che ricevono le telefonate con le richieste di assistenza dei clienti.

Usati nella loro accezione più moderna nel contesto del marketing, hanno un significato specifico: inbound vuol dire “guadagnarsi l’attenzione delle persone attraverso la produzione di contenuti, esperienze e, in generale, valore”.

La contrapposizione con l’outbound marketing, spesso identificato con il marketing tradizionale, è netta: fare outbound significa “forzare l’attenzione delle persone”, ad esempio interrompendo una loro esperienza (come può essere il guardare un film ) con uno spot pubblicitario, oppure chiamarle “a freddo” – ed in questo si sovrappone alle attività outbound di molti call center – per una proposta commerciale, o ancora intercettarle in un centro commerciale con un addetto che “richiama la tua attenzione”.

 

Le caratteristiche del marketing outbound e inbound a confronto
Le caratteristiche del marketing outbound e inbound a confronto. Fonte: wikimotive.com

Letta così, la contrapposizione sembra “colorata” da un particolare favore per l’inbound marketing e per molti è così, visto l’impiego – spesso distorto – che è stato fatto negli anni recenti dell’outbound (consumatore = target da aggredire) da parte di molti.

Un approcio più “neutro” cerca di combinare il lato positivo di entrambi i mondi, partendo da un assunto difficile ma importante: nel fare marketing, inbound o outbound, earned, paid o owned che sia, è fondamentale rispettare le persone ed il loro tempo

Io venditore di pentole che mi metto a scrivere delle ricette per fare content marketing, mi posso fare delle domande utili: le ho provate? Sono convinto che possano piacere? Sono chiare e facili da seguire? Mi sono impegnato ad accompagnarle con immagini e video? Ho verificato che gli ingredienti siano adeguatamente reperibili sul mercato e, quando non lo sono, ho indicato dove trovarli?

L’opportunità per le PMI è chiara, i risultati testimoniano che la strada è giusta, ma spesso mancano le competenze specifiche per coglierla

Porsi queste domande e cercare di offrire un’esperienza il più possibile positiva è la doverosa premessa per “permettersi” di amplificare un’iniziativa di inbound marketing con attività outbound.

I miei interlocutori su Facebook condividono spontaneamente un mio post, in cui promuovo l’ultima ricetta, parlandone bene (è un esempio di “earned media”)?

Ottimo, è la giusta condizione per promuovere il post, acquistando da Facebook “visibilità a pagamento” (“paid media”) e se il successo è davvero notevole, riportarlo anche sul mio sito aziendale (“owned media”), dove accoglierà i visitatori intrattenendoli ed offrendo valore.

Per approfondire l’argomento “inbound marketing”, ecco tre risorse attuali ed interessanti:

  1. I risultati dell’inbound marketing nel 2013
  2. Le previsioni per il content marketing nel 2014
  3. I vantaggi “sleali” dell’inbound marketing

ed un blog da seguire: contentmarketinginstitute.com

L’opportunità per le PMI è chiara ed i risultati che i precursori che si stanno muovendo più rapidamente in questa direzione stanno ottenendo testimoniano che è la strada giusta, ma la mancanza di competenze specifiche è un serio problema da affrontare con attenzione.

La mia azienda è in grado di competere al meglio se il marketing manager acquista invii pubblicitari via email (DEM) a liste generiche pagandoli 10 euro ogni mille destinatari (o, in breve, 10 euro CPM)?

Ancora: se acquisto uno spazio pubblicitario su di una directory di settore, controllo il traffico che mi porta sul sito e tengo sotto controllo i contatti che genera? A quale pagina scelgo di indirizzare i visitatori che provengono da quello spazio pubblicitario? E’ adeguata? Offre del valore?

Districarsi tra le mille possibilità del mercato, sempre più frammentato ed in costante evoluzione non è facile.
Quante aziende usano Facebook e trascurano LinkedIn? Sulla base di quali statistiche e ragionamenti hanno preferito il primo canale rispetto al secondo?

Blog aziendale o Tumblr? Pinterest, no? Flickr ci sta?

Questi “dilemmi” rischiano di essere sterili se non si mette in primo piano il desiderio di “offrire valore”.

Non sono le presentazioni in PowerPoint ad essere noiose, sono i contenuti che spesso sono inadeguati: una buona presentazione in PowerPoint può facilmente essere caricata su SlideShare e venire da lì condivisa con dei decision maker, ottenendo grandi riscontri.

A proposito di presentazioni: Hubspot ha curato – e la “content curation” è un’altro importante concetto da includere nell’arsenale di chi fa marketing – un bell’elenco di presentazioni ben realizzate, tra cui la splendida “You suck at PowerPoint”.


Offrire valore, gestendo una crescente frammentazione degli strumenti a disposizione, mettendosi in condizione di comprendere e guidare il sentimento del mercato, interpretando il valore dei diversi punti di contatto e massimizzando le risorse a disposizione, stando sempre pronti a reagire ai – costanti, rapidissimi e radicali – cambiamenti.

Vista così, la missione di chi si occupa di web marketing sembra impegnativa e complicata: è un caso, questo, in cui le apparenze non ingannano. Anzi… 😉

un esempio di come dovrebbe essere la postazione di chi si occupa di web marketing ;)
un esempio di come dovrebbe essere la postazione di chi si occupa di web marketing 😉

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Categorie: Pubblicità Online, Riflessioni, Social Media Marketing
Tag: earned media, marketing, marketing inbound, marketing outbound, owned media, paid media, pubblicità pay per click

Autore

+Alberto Giacobone, classe 1975: sono un "quasi" nativo digitale mesmerizzato da internet e le sue possibilità. Tra le altre cose, ho avuto il piacere di raccontare e condividere in aziende come Google o enti come l'Università degli Studi di Pavia l'esperienza maturata nello sviluppo di progetti internet e mi sono ritrovato giurato ad un evento dedicato alle start up in quel di Monza ;)

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