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Smartphone, carte di credito e di debito: i POS mobili per tutti diventano realtà!

Alberto Giacobone

Tempo di lettura: 10′

La tecnologia per i pagamenti in mobilità inizia ad esserci ed essere abbastanza diffusa, ma la sua adozione reale è ancora estremamente limitata.
La tecnologia per i pagamenti in mobilità inizia ad esserci ed essere abbastanza diffusa, ma la sua adozione reale è ancora estremamente limitata.

Di ritorno da un recente viaggio in quel di Roma, mi sono trovato senza contanti nel portafoglio, con una montagna di valigie che rendevano qualsiasi spostamento complicato e con la necessità di prendere un taxi. Ah, giusto per inciso, pioveva.

Recuperato il taxi, ho subito chiesto al tassista se accettava pagamenti con bancomat o carta di credito: lo sguardo che ho ricevuto non è stato dei più simpatici, ma la risposta è stata affermativa.

Al momento di pagare, uno scatolotto di dimensioni piuttosto ragguardevoli è stato tirato fuori dal cruscotto, dove giaceva imbustato e presumibilmente raramente impiegato.

Credo che questa esperienza sia rappresentativa di quello che oggi è una “normalità”: la tecnologia per i pagamenti in mobilità inizia ad esserci ed essere abbastanza diffusa, ma la sua adozione reale è ancora estremamente limitata.

Se infatti in buona parte del Bel Paese ci siamo ormai abituati a pagare con carte di debito (il classico Bancomat) e carte di credito quando facciamo shopping o andiamo al ristorante, per altre occasioni non ci aspettiamo di avere la possibilità di pagare con moneta elettronica.

Quanti ad esempio si aspettano la possibilità di farlo in occasione di un mercatino domenicale oppure ad una pesca di beneficenza?

In realtà, con il decreto “Misure urgenti per l’innovazione e la crescita: agenzia digitale e startup” approvato il 4 ottobre 2012 dal Consiglio dei Ministri (e subito rinominato “DL Crescita”), dal 2014 le cose dovrebbero cambiare, in virtù dell’articolo 15:

Utilizzo della moneta elettronica (art. 15). – “I soggetti che effettuano attività di vendita di prodotti e di prestazione di servizi, anche professionali, saranno tenuti, dal 1 gennaio 2014, ad accettare pagamenti con carta di debito (ad esempio, bancomat). Con decreti ministeriali (ministero dello Sviluppo economico di concerto con il ministero dell’Economia e delle Finanze) verranno disciplinati gli importi minimi, le modalità e i termini, anche in relazione ai soggetti interessati dall’attuazione della disposizione. I pagamenti elettronici potranno essere eventualmente effettuati anche tramite tecnologie mobili.”

La direzione impostata dalla norma è molto chiara: più moneta elettronica, meno contante, con tutti i vantaggi del caso.

In attesa del dettaglio della disciplina, è importante sottolineare come si stiano rapidamente affacciando sul mercato operatori che fanno da “attivatori” degli scenari delineati dalla norma, che li rendono cioè possibili.

Se negli Stati Uniti il gorilla della situazione è la società Square (fondata da Jack Dorsey, personaggio pubblico e già fondatore di Twitter), i primi a muoversi con vigore sul fronte europeo sono i tedeschi di payleven, attivi anche in Italia con una filiale dedicata.

Square
Square

A prima vista è impossibile non notare la somiglianza tra le due realtà, al punto che molti considerano payleven un clone di Square. Del resto, alle spalle di questa azienda ci sono i noti fratelli Samwer: tra i loro successi, CityDeal (“clone” di Groupon poi venduto a Groupon stesso), Zalando (“clone” di Zappos e protagonista dell’ecommerce europeo) e molte altre aziende web.

Il modus operandi è evidentemente seriale, ma non per questo da sminuire: a tutti gli effetti payleven colma un buco significativo e lo fa adattando un’idea di business al contesto del vecchio continente.

Ne abbiamo parlato con Alberto Adorini, amministratore delegato di payleven in Italia, ed ha voluto sottolineare che “payleven si contraddistingue per tre elementi chiave: un mercato che va creato, una parte software che deve essere semplice ed intuitva ed una componente hardware che supporti tutti i tipi di carte. Se le prime due sono cose alle quali i Samwer sono abituati, la componente hardware è una prima assoluta: sul mercato non esistevano soluzioni soddisfacenti e la tecnologia di Square non può funzionare in Europa.”

Come funziona quindi il sistema proposto da payleven?

Grazie ad un adattatore da collegare ad un qualsiasi smartphone (per ora con sistema operativo iOS o Android, i più diffusi), è possibile leggere la striscia ed il chip della carte di debito e di credito dei principali circuiti e condurre delle transazioni vere e proprie, come se si stesse impiegando un POS.

payleven
payleven

Payleven propone una formula commerciale che non prevede alcun costo fisso. Il lettore (a breve di tipo “Chip&Pin”) viene messo a disposizione in maniera completamente gratuita, mentre su ogni pagamento l’azienda trattiene due importi: una percentuale, pari al 2,9% del transato ed una quota fissa, pari a 9 centesimi. Molto interessante la soglia di pagamento minimo, pari a solo 1 euro.

In termini assoluti, queste percentuali sono elevate rispetto ad altre situazioni di mercato (dove ad esempio la percentuale sul transato arriva ad essere pari allo 0,8%), ma bisogna considerare che spesso sono associate a canoni mensili o altri costi, del tutto assenti nella proposta al mercato di payleven.

Se questo tipo di offerta al mercato ci può sembrare discostarsi poco da quello che già oggi è lo scenario reso possibile dai POS mobili, come quello in uso sul taxi su cui sono salito a Roma, in realtà si aprono notevoli prospettive.

Se ad esempio fosse ciascuno di noi ad avere un dispositivo simile? Potremmo ad esempio usare la carta di credito sul nostro dispositivo per inviare il pagamento al destinatario, un po’ come se ne stessimo digitando i dati sul nostro computer di casa.

Con il tasso di diffusione degli smartphone in Italia e la crescente copertura del territorio con reti dati accessibili in mobilità, i numeri per questo tipo di cambiamento ci sono.

Inoltre, anche senza arrivare a questo estremo, grazie all’offerta di payleven è molto più facile per qualsiasi esercente, abituale oppure occasionale, mettersi nelle condizioni di accettare pagamenti elettronici, anche per un numero esiguo di transazioni.

Superato il limite tecnico, grazie a questa ma anche ad altre aziende, come l’italiana JUSP e le molte altre che si stanno attrezzando, il vero scoglio da superare è legato alla cultura. Se la norma dal 2014 ci permetterà di pretendere (in determinati casi) di pagare senza contanti, il percorso verso una piena accettazione di forme di pagamento elettronico in qualsiasi ambito del nostro quotidiano è ancora lungo e tortuoso.

Jusp
Jusp

Basta pensare che a volte sono gli stessi amministratori locali, nel 2012, a favorire il perpretarsi della circolazione di soldi in forma cartacea: un esempio per tutti è il recente lancio del Napo, da parte del Comune di Napoli, come forma di pagamento alternativa per incentivare il commercio locale del centro e contrastare la crescente preferenza dei consumatori per le realtà della grande distribuzione organizzata. Si tratta di vere e proprie banconote cartacee, iniettate nel sistema economico locale in base a criteri “etici”, destinate a circolare insieme all’Euro.

Carta versus Bit: i due mondi sono in netta contrapposizione e se del primo conosciamo ormai in ogni dettaglio pregi e difetti, del secondo dobbiamo ancora prendere piena consapevolezza, prestando la massima attenzione agli inevitabili “incidenti” di gioventù di sistemi complessi.

Del resto, è recente la notizia di come il “blackout alcolico” di un singolo operatore di borsa abbia fatto schizzare verso l’alto il prezzo del petrolio: un segnale di grande vulnerabilità di un sistema pur collaudato come quello borsistico.

Rischi ed opportunità quindi, da valutare nella certezza di un cambiamento reso possibile dalla tecnologia e sempre più tangibile nel quotidiano di tutti noi.

 

(Immagine iniziale presa da creditcardforum.com)