In passato qui sul blog abbiamo pubblicato un approfondimento sugli articoli pilastro e sull’importanza di offrire ai nostri utenti contenuti di valore, interessanti, istruttivi che – allo stesso tempo – siano in grado di renderci autorevoli agli occhi del pubblico e di portare traffico al nostro sito o al nostro blog.
Farci trovare dai nostri interlocutori è fondamentale e pubblicare con periodicità contenuti utili e rilevanti per il nostro settore (stando attenti anche a usare le keyword giuste e a inserire link a fonti esterne autorevoli e/o ad altre sezioni del nostro sito o blog) ci aiuta a raggiungere i nostri potenziali clienti.
Il blog aziendale è quindi uno strumento prezioso per attirare e dialogare con utenti, prospect e clienti; tuttavia attirarli o farci trovare (attraverso pubblicità o grazie alla ricerca organica) spesso non è abbastanza: quante volte cercando un’informazione ci imbattiamo nel sito o nel blog di turno che abbandoniamo immediatamente dopo aver trovato la risposta alla nostra domanda?
La questione quindi non è (solo) attirare gli utenti ma anche riuscire a costruire con loro una relazione duratura, “agganciarli”, fare in modo che tornino a farci visita e che non perdano di vista i contenuti che pubblichiamo: come fare?
Un modo è invitarli a seguirci sui nostri canali social: Facebook, Twitter, Instagram, YouTube, LinkedIn, Pinterest, Snapchat, Telegram… sono tutte piattaforme che ci permettono di pubblicare tutta una serie di contenuti (post, testi, immagini, video, gif, etc.) facendoli entrare in maniera più o meno immediata (e più o meno economica) nel raggio di attenzione di chi ci segue.
L’investimento su questi canali richiede attenzione, perché si è letteralmente “in casa di terzi” che nel tempo possono cambiare le regole del gioco: ad esempio Facebook ha progressivamente ridotto la visibilità gratuita di quanto postato dalle pagine delle aziende, diventando a tutti gli effetti un paid media.
Un altro modo per rimanere in contatto diretto con gli utenti è attraverso la newsletter: riuscire a dialogare direttamente con loro, attraverso messaggi recapitati nella casella di posta di chi si iscrive può essere un modo davvero efficace (seppur con certi limiti, che vedremo più avanti) di stare in contatto con i nostri interlocutori.
Piattaforma di invio mail: quale utilizzare?
Per mandare una newsletter abbiamo ovviamente bisogno di una piattaforma di invio mail che ci permetta di preparare un template, creare una campagna e mandarla ai destinatari che si sono iscritti a nostra mailing list.
Basta dare una rapida occhiata online per rendersi conto che gli strumenti a nostra disposizione sono tantissimi, sia gratis che a pagamento: tra i sistemi più famosi troviamo Mailchimp e Mailup.
Per scegliere la piattaforma che fa al caso nostro dobbiamo prenderci del tempo e fare qualche ricerca online: dopo aver preparato una selezione di 5 o 6 che ci sembrano compatibili con ciò che cerchiamo passiamo a conoscerle nel dettaglio una ad una, con lo scopo di decidere qual è lo strumento che più si adatta alle nostre esigenze.
Se, dopo qualche invio, dovessimo vedere che la piattaforma non funziona come ci aspettavamo possiamo sempre scegliere un’alternativa tra i tantissimi strumenti a disposizione.
Come raccogliere gli indirizzi dei destinatari?
Prendere tutti gli indirizzi mail delle persone e/o aziende che hanno avuto a che fare con noi negli ultimi anni può essere certo utile per fare volume, ma non aiuterà la nostra strategia di email marketing (oltre a essere una pratica che pone certe questioni legate alla privacy).
Dobbiamo essere sicuri di mandare la nostra newsletter solo a chi è davvero interessato a leggerla e dobbiamo far sapere agli utenti che, dandoci il loro indirizzo mail, riceveranno periodicamente la nostra newsletter (per questo la nostra strategia di email marketing deve prevedere necessariamente una privacy policy per il trattamento dei dati personali).
Come raccogliamo gli indirizzi dei destinatari? Come facciamo in modo che chi vuole ricevere le nostre mail si iscriva alla nostra mailing list?
- Possiamo inserire un richiamo nel blog o nella pagina web con un form di iscrizione (evitiamo finestre pop up che si aprono nascondendo il contenuto della pagina: meglio gli Exit Intent Popup che sfruttano una tecnologia in grado di capire quando l’utente sta per abbandonare la pagina e, prima che lo faccia, gli propongono un’azione – in questo caso può essere appunto l’iscriversi alla newsletter)
- Dare un incentivo in cambio dell’iscrizione alla newsletter: un ebook gratuito, uno sconto, un periodo di prova gratis, accesso a contenuti esclusivi…
- Quando invitiamo gli utenti a iscriversi siamo chiari e trasparenti riguardo a cosa offriamo e a cosa riceveranno: quali sono i contenuti che troveranno in newsletter, che vantaggi hanno se si iscrivono, ogni quanto la riceveranno, etc.
Attenzione: gli iscritti alla newsletter possono arrivare da moltissimi punti diversi; c’è chi si iscrive dopo aver letto gli articoli del nostro blog perché li trova interessanti, chi si iscrive dopo aver fatto un acquisto perché non vuole perdersi eventuali promozioni, chi lascia il proprio indirizzo perché interessato a ricevere in cambio qualcosa che abbiamo offerto per un determinato periodo (biglietti per un evento, codici sconto, etc.).
Tutte queste persone, quindi, si sono iscritte alla nostra mailing list per motivi diversi e di conseguenza hanno aspettative diverse riguardo a ciò che desiderano ricevere da noi: dobbiamo tenerne conto quando interpretiamo i dati di un invio per valutarne il successo (ne parleremo più avanti).
All’inizio, quando i destinatari sono ancora pochi, possiamo essere un po’ demoralizzati ed avere la sensazione di star investendo tempo e risorse in qualcosa che non sta leggendo praticamente nessuno.
Tuttavia, le prime newsletter sono anche dei veri e propri “laboratori” che ci permettono di capire cosa funziona e cosa no, e sono anche i primi tentativi durante i quali è più possibile commettere tutti quegli errori e quelle distrazioni che – con un po’ di esperienza – non si verificheranno più.
Per questo non è un male che le prime newsletter raggiungano un pubblico limitato: con il tempo avremo modo di migliorare la nostra strategia di email marketing, la nostra conoscenza di chi ci legge e anche le nostre capacità di scrittura e saremo così in grado di offrire un’esperienza migliore ai vecchi ed i nuovi iscritti.
Cosa vogliamo ottenere dalla newsletter?
Perché abbiamo dato la possibilità ai nostri interlocutori di iscriversi alla nostra newsletter?
Per poter continuare a dialogare con loro, con diverse intenzioni, ad esempio:
- mandare offerte, sconti, promozioni
- avviare dei funnel di vendita
- dare visibilità alle nostre iniziative e novità
Prima di comporre ed inviare una newsletter dobbiamo stabilire che cosa desideriamo ottenere dall’interazione con i nostri utenti: ciò che decidiamo influenzerà il contenuto delle nostre mail, la loro cadenza di invio, i destinatari ai quali mandarla ed altri fattori da tenere in considerazione in una strategia di email marketing.
Perché le newsletter nel 2018 (quasi 2019) servono ancora?
Per molti di noi è ormai quasi automatica l’associazione newsletter → SPAM oppure newsletter → strumento del passato.
E’ quindi del tutto lecito chiedersi se alle – soglie del 2019 – le newsletter e l’email marketing funzionino ancora.
La risposta è sì, le newsletter sono ancora una risorsa molto utile per dialogare con i nostri interlocutori; se già abbiamo un blog aziendale, poi, utilizzare le mail per offrire a chi ci segue i contenuti che pubblichiamo periodicamente può essere una mossa vincente (ciò non significa che per poter mandare una newsletter di successo sia imprescindibile avere un blog).
Se da una parte l’email marketing continua a funzionare (e bene) anche oggi, dall’altra è vero che proprio ora – molto più che in passato – sono evidenti alcuni limiti di questo strumento.
Prendiamo, per esempio, il tasso di apertura della newsletter ovvero la percentuale dei destinatari che aprono la mail che mandiamo.
Ora, tutti noi riceviamo una o più newsletter (probabilmente ne riceviamo oltre una decina) e sappiamo che alcune vengono direttamente cestinate senza neanche essere aperte.
Secondo dati recenti il tasso di apertura medio di una newsletter è 18,1% (le mail più aperte sono quelle riguardanti la finanza, a seguire troviamo cause no-profit e retail): ciò significa che oltre l’80% dei nostri destinatari probabilmente non aprirà nemmeno la nostra mail.
Se, però, riusciamo nell’intento di incuriosire il destinatario e portarlo ad aprire la mail dobbiamo essere sicuri di non sprecare questa importante opportunità ed essere quindi in grado di offrire a chi ci legge contenuti di valore, interessanti, che lo coinvolgano.
Possiamo creare una sorta di percorso: proporre la selezione di alcuni post interessanti del nostro blog (uniti da un filo logico), inserire nella mail il rimando a un quiz, il link diretto alla pagina prodotto dove poter approfittare di una promozione…
Come abbiamo detto prima non possiamo pensare che una volta inviata la newsletter alla nostra lista tutti i destinatari poco dopo avranno sotto gli occhi la nostra mail, pronti a cliccare sui link che abbiamo inserito: solo una (più o meno) limitata percentuale di utenti si prenderà la briga di aprire e leggere la mail, ma non per questo non vale la pena investire tempo e risorse in questo strumento di comunicazione.
Ogni quanto inviare una newsletter?
Per quanto possano essere utili le newsletter che riceviamo sappiamo che non è mai piacevole vedere la propria casella di posta intasata da un’azienda che invia comunicazioni una dietro l’altra.
Per prima cosa, quindi, ricordiamoci di non esagerare: possiamo mandare la newsletter una volta a settimana o in occasione di eventi particolari come nuove promo, notizie degne di nota, etc.
Anche se come regola abbiamo deciso di mandare la newsletter, per fare un esempio, ogni martedì nulla vieta di posticiparla o anticiparla per comunicare una promo o un evento: possiamo (anzi, dobbiamo) essere flessibili!
E’ ancora più importante è ricordarsi che la cadenza di una newsletter si deve decidere anche in base al tempo e alle risorse che possiamo mettere a disposizione: in alcuni casi anche una mail mensile o bisettimanale andrà benissimo!
Il giorno e l’ora migliori per l’invio
C’è un momento in cui è meglio inviare la newsletter perché ha più possibilità di essere aperta e letta dai nostri utenti?
Dipende, appunto, da chi sono i nostri destinatari: la nostra newsletter si rivolge ad altre aziende? In questo caso è meglio mandarla dal lunedì a venerdì negli orari di ufficio, ancora meglio fare in modo che gli utenti la ricevano alle prime ore del mattino.
Se, invece, i nostri destinatari sono privati è meglio che la ricevano in orario serale o nel fine settimana quando, di solito, non si è al lavoro e si ha più tempo a disposizione.
Ad ogni modo ogni caso specifico ha le proprie particolarità: per essere sicuri sul giorno e l’orario migliore per mandare una newsletter la cosa più saggia da fare è fare diversi tentativi e poi osservare i report (ne parliamo più avanti) per capire quale invio ha funzionato meglio.
Bisogna anche considerare che a volte le piattaforme di invio mail mandano i massaggi un po’ per volta: quindi può essere che una mail che viene inviata alle 9:00 del mattino raggiunga gli ultimi destinatari diverse ore dopo (ad esempio alle 17:00): è un aspetto di cui dobbiamo tenere conto quando esaminiamo i report di una campagna.
Come si misura l’esito di una campagna di invio mail?
Una volta che abbiamo mandato la newsletter è necessario monitorare e comprendere l’andamento della campagna per avere un’idea di cosa funziona e di cosa, invece, non va come ci aspettavamo ed è quindi necessario aggiustare il tiro.
KPI
Gli indici chiave di prestazione (in inglese KPI – Key Performance Indicators) misurano il rendimento di un processo per capire se le le strategie impostate e le tattiche messe in atto stanno dando i risultati sperati o meno e vengono usati anche per stabilire l’andamento delle campagne di email marketing.
Per quanto riguarda l’invio di una newsletter, come abbiamo visto poco fa, i KPI di riferimento sono il tasso di apertura (o open rate, quindi la percentuale di utenti che aprono la mail dopo averla ricevuta) e il click-trough rate (o il tasso di clic, ovvero la percentuale di persone che cliccano sui link all’interno della mail).
In ogni caso, ci possono essere anche KPI legati ad azioni che fanno riferimento a campagne specifiche: se inviamo un quiz, quante persone hanno partecipato? Sono di più o di meno rispetto a quelle che hanno partecipato ai quiz inviati in passato?
Se all’interno della newsletter inseriamo una Call to Action per scaricare un ebook gratuito, quante persone hanno effettuato il download?
Un altro KPI che tende a preoccupare moltissimo è l’unsubscribe rate, ovvero il tasso di disiscrizione che indica la percentuale di utenti che hanno deciso di non ricevere più la nostra newsletter e hanno quindi rimosso il loro indirizzo dalla lista dei destinatari.
E’ normale che ad ogni invio una parte di utenti si disiscriva ed è ancora più normale che mano a mano che i nostri iscritti crescono come numero, anche il numero di disiscrizioni aumenti: è inevitabile ed è inutile ossessionarsi.
E’ comprensibile che dopo essersi sforzati a scrivere una newsletter ed averci speso tempo ed energie ci si senta frustrati nel vedere che alcune persone sono così poco interessate a ciò che abbiamo da dire che preferiscono smettere di ricevere le nostre mail.
Pensiamoci un attimo: se stiamo facendo un buon lavoro (se quindi stiamo mandando email periodiche utili e informative) le persone che si disiscrivono sono utenti che non sono realmente interessati a ciò che abbiamo da dire o a ciò che abbiamo da offrire; che non siano più parte della nostra lista di destinatari non fa quindi molta differenza.
Report
E’ dopo il primo invio (o meglio, dopo i primi invii) che possiamo cominciare ad avere un’idea di cosa funziona e cosa – invece – non sta dando i risultati sperati.
Il modo migliore per saperlo è controllare i report delle varie campagne: il report infatti è proprio un resoconto in cui possiamo trovare tutti i dettagli per capire com’è andato l’invio di una determinata newsletter (un po’ come fa Insights con le nostre pagine Facebook – o i post che sponsorizziamo ).
I dati forniti sull’andamento di una certa campagna possono cambiare a seconda della piattaforma di invio email che utilizziamo ma, in linea di massima, sono:
- tasso d’apertura della mail
- email consegnate con successo ed email rimbalzate (quindi non recapitate a causa di indirizzo errato, casella piena, altri motivi)
- email inoltrate ad altri destinatari
- tasso di clic
- tasso d’apertura e i clic nell’arco delle 24 ore successive all’invio
- link più cliccati
- zona geografica a cui appartengono le persone che hanno aperto la mail
- iscritti che più spesso aprono le nostre mail
- iscritti che si disiscrivono
All’interno delle maggiori piattaforme di invio email (a cui daremo una rapida occhiata più avanti) ci sono strumenti che paragonano i risultati della nostra newsletter con i risultati medi ottenuti dalle newsletter di altre realtà che fanno parte del nostro stesso settore.
Grazie a questo confronto possiamo avere un’idea generale dell’andamento delle nostre campagne: se i nostri risultati sono allineati con la media del settore, se dobbiamo rivedere la nostra strategia perché non sta fruttando quanto potrebbe o se – invece – siamo particolarmente bravi e quindi siamo sulla strada giusta.
Pochi ma buoni: pulire la lista dei destinatari
Il tasso di apertura non è solo un dato che può farci capire se è il caso di cambiare gli oggetti delle nostre mail e renderli più interessanti o di frenare un po’ il ritmo di invio, ma risulta ultile anche perché molti software di invio mail a pagamento basano la loro tariffa sul numero di mail inviate, indipendentemente dalla loro apertura.
Che senso ha continuare a pagare per una serie di destinatari che non aprono mai la nostra newsletter e sono ancora iscritti alla lista solo perché non ci dedicano neanche il tempo di aprire la mail per disiscriversi?
In questi casi può essere utile segmentare gli utenti in base all’ultima apertura e mandare una comunicazione a tutti coloro che non hanno aperto la nostra newsletter nell’ultimo periodo di tempo (che possiamo decidere noi) mandando un messaggio del tipo “abbiamo visto che dall’ultima volta che hai letto una nostra newsletter è passato tanto tempo: clicca qui se vuoi continuare a ricevere le nostre comunicazioni, altrimenti ti cancelleremo dalla nostra mailing list”.
Quest’ultima mail deve avere un oggetto molto chiaro (altrimenti anche questa verrà cestinata senza nemmeno essere aperta).
Continuare a mandare mail a chi non vuole avere nulla a che fare con noi non è solo inutile dal punto di vista di una strategia di email marketing, ma è anche rischioso: aumentano infatti le possibilità di farci segnalare come spam.
In conclusione
Non possiamo negare che per tanti di noi la parola newsletter ha assunto quasi un accezione negativa: ci fa subito pensare a una mail che non desideriamo ricevere ma che ci troviamo (insieme a tante altre) nella casella di posta elettronica con l’intenzione di venderci qualcosa.
E’ più che probabile che la maggior parte delle newsletter che riceviamo non ci piacciano e che non ci diano nessun valore: per questo potremmo pensare che le nostre newsletter farebbero la stessa fine e quindi farci desistere da prendere in considerazione di creare una strategia di email marketing.
In realtà le email fastidiose, quelle che cestiniamo senza neanche aprire, sono quelle comunicazioni che non ci interessano perché non sono rilevanti con la nostra situazione o i nostri bisogni.
Infatti a fronte di moltissime newsletter che vengono cestinate senza pietà ce ne sarà di certo almeno una che apriamo sempre e che abbiamo sempre piacere a leggere perché troviamo utile o divertente: può essere di un blog di cucina, di musica, di marketing online o di gattini, il punto è che se vediamo valore in quel contenuto, avremo voglia di leggerlo.
Quando decidiamo di cominciare una strategia di email marketing pensiamo: possiamo essere utili e/o piacevoli per gli altri come lo è questo servizio che periodicamente mi manda email che leggo così volentieri?
Sì, se ci concentriamo al massimo nell’offrire valore a chi ci legge, anche se all’inizio dovessero essere solo una manciata di persone: pensiamo che per una piccola azienda anche due o tre clienti in più possono fare la differenza!
Per essere utili per i destinatari che ricevono le nostre mail dobbiamo pensare a cosa può essere interessante per il nostro pubblico di riferimento, e non cos’è interessante per noi (a meno che le due cose non coincidano perché il nostro profilo combacia con quello del nostro pubblico di riferimento).
Una volta impostata la newsletter abbiamo già aperto un canale di dialogo con i nostri interlocutori (clienti acquisiti o potenziali): possiamo sfruttare ancora meglio questo canale se già abbiamo un blog che aggiorniamo in maniera costante e che possiamo sottoporre direttamente all’attenzione dei nostri utenti mandando in maniera periodica una selezione degli ultimi articoli (o di quelli “evergreen” più interessanti legati a quel determinato periodo).
Se riusciamo a creare una newsletter che sia utile o piacevole per i nostri utenti dialogando con loro e condividendo spunti, riflessioni e informazioni rilevanti con periodicità una strategia di email marketing può davvero essere un alleato prezioso per la crescita della nostra azienda.