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Sopravvivere al sovraccarico informativo? L’automazione intelligente ci può aiutare!

Alberto Giacobone

Tempo di lettura: 10′

La tecnologia ci salverà dal sovraccarico informativo?

E’ di questi giorni la notizia estrapolata da un report di 02 (compagnia di telefonia mobile inglese) che l’impiego del telefonino per (appunto) telefonare, è in realtà oggi la quinta funzione più usata, se si considera il tempo consumato dalle persone con questi oggetti. Su di una media di 2 ore di impiego quotidiano, rilevato su di una base statistica pari a 2.000 persone, il tempo dedicato alle telefonate è di “solo” 12 minuti, mentre navigazione su internet, ascolto della musica, impiego di giochi e altre attività si attestano su tempi medi superiori.

Cambiano abitudini e strumenti, con lo smartphone che per più della metà degli intervistati sostituisce la sveglia e per quasi la metà l’orologio da polso. 

Tra gli esempi che si possono fare, è sempre più in declino l’impiego di fotocamere dedicate, con quasi il 40% delle persone che preferiscono usare direttamente lo smartphone per le proprie foto: il successo di applicazioni come Instagram è espressione e allo stesso tempo motore di questo fenomeno.

Non si fanno quindi meno foto, anzi: la produzione di “contenuti” è in crescita vertiginosa e sarà ulteriormente accelerata dalla diffusione di dispositivi ancora più “facili ed immediati” come la categoria degli “smartglasses”, di cui il Project Glass di Google è tra i primi esempi.

A inizio di quest’anno, è stato calcolato che ogni secondo che passa su YouTube vengono caricati video per l’equivalente di un’ora di visualizzazione: il dato, già di suo impressionante, è destinato a salire verso ordini di grandezza di gran lunga superiori nel giro di pochissimi anni.

Questo “sovraccarico informativo“, con tutte le sue conseguenze ansiogene e in qualche caso patogene, è un fenomeno a cui prestare particolare attenzione: lo fa ad esempio Alessandra Farabegoli, nel suo libro “Sopravvivere alle informazioni su internet. Rimedi per l’information overload“, in cui si possono trovare numerosi consigli pratici per non farsi sopraffare.

Considerando un estremo, è già dal 2004 (per alcuni dal 2002) che, partendo dagli Stati Uniti, gira il concetto di “bancarotta digitale” applicata ad esempio alla posta elettronica: si tratta di una vera e propria dichiarazione di bancarotta (ricordiamoci che negli USA è prevista come figura giuridica quella del “fallimento personale”, da noi assente) che il singolo fa nei riguardi della propria posta elettronica, inviando un messaggio a tutti gli interlocutori, in cui si dichiara il messaggio ricevuto come “non letto” e si chiede di rimandarlo, se importante.

Non è infrequente sentire delle persone dichiararsi in forme di avversione, se non di vero e proprio rifiuto nei confronti di questo sovraccarico, spesso trasmigrando il disagio verso “la tecnologia in generale”, vissuta come principale responsabile di questa situazione.

Fuga, bancarotta e rifiuto non sono strade sempre percorribili (anzi) ed è quindi nella maggior parte dei casi fondamentale adottare delle strategie per gestire il proprio quotidiano nel migliore dei modi possibili: fortunatamente, è la stessa tecnologia a venirci in soccorso, spesso con dei “costi” (di energia mentale, tempo e denaro) inferiori alle aspettative e dei risultati in alcuni casi “sorprendenti”.

Prendiamo come esempio il sito IFTTT.com, nato nel 2010: letteralmente la sigla corrisponde alla frase “If This Then That”, ovvero “Se Questo Allora Quello”. Si tratta di un costrutto tipico della programmazione basata su eventi, principio su cui è basato il servizio offerto da questo sito, un vero e proprio equivalente digitale dell’adesivo a nastro (che siamo anche abituati a chiamare Scotch, volgarizzando un marchio di proprietà di 3M).

“Se scatto una foto con il cellulare, fanne il backup in questo deposito”.

“Se la temperatura alle 9:00 di mattina è prevista sotto una certa temperatura, mandami un SMS”.

“Se viene postata una nuova foto con un certo Hashtag su di un certo social network, ripubblicala anche su di un altro”.

Attraverso delle semplici regole (o ricette, come le chiamano quelli di IFTTT), di facile comprensione e creazione anche da parte di chi ha scarsa confidenza con la tecnologia, è possibile attivare degli “automatismi” che ci liberano dal “pensiero” (“devo ricordarmi di fare questa cosa”).

Le cose si fanno ancora più interessanti, grazie ad una collaborazione tra IFTTT e Belkin: attraverso l’integrazione del sistema di IFTTT e appositi sensori in ambito domestico, tutti possono facilmente programmare regole come “mandami un SMS se qualcuno entra in cucina in una certa fascia oraria” o ancora “accendi questo elettrodomestico quando viene inviato un messaggio di posta elettronica contenente un certo messaggio”.

In questa direzione, che poi è quella dell’internet delle cose (“internet of things”) si stanno muovendo in molti: sulla nota piattaforma di finanziamento online Kickstarter sono molti i progetti (uno per tutti quello dei Ninja Blocks) che associano sensori di ogni genere connessi ad internet a sistemi software programmabili.

Sebbene siamo solo agli inizi di quella che è l’era dell’automazione per tutti, si iniziano ad intravedere evoluzioni interessanti: negli esempi che abbiamo appena fatto, sono le singole persone che decidono di attivare degli automatismi a proprio vantaggio. Il passo successivo è legato all’iniziativa di sistemi automatici che, secondo regole di ingaggio delicatissime e tutte da definire, si permetteranno di “portare alla nostra attenzione” delle informazioni.

Un esempio? Se uscendo di casa, con un diluvio in corso, ci dimentichiamo l’ombrello che solitamente prendiamo quando piove, potrebbe venirci suggerito per tempo di prenderlo.

Per arrivare ad avere a nostra disposizione dei veri e propri assistenti personali intelligenti, è necessario uno sviluppo più accentuato di sistemi e software diversi da quelli che siamo abituati a conoscere:  Google ad esempio ha da poco attivato una rete “neurale” composta da 16.000 processori che è stata capace di “autodeterminare” che aspetto avesse un gatto, senza che nessun programmatore glielo insegnasse. Ancora, Intel sta già realizzando dei chip neuromorfici molto più simili per concetto e funzionamento ad un vero e proprio cervello e quindi estremamente più adatti allo sviluppo di intelligenze artificiali.

La potenza di calcolo “intelligente” di questi sistemi, oggi dai costi proibitivi per i più, sarà nel corso dei prossimi anni a nostra disposizione nella vita di tutti i giorni, attraverso meccanismi come l’attuale Siri di Apple e gli equivalenti di altre grandi multinazionali: sarà quindi più facile “farsi aiutare” e filtrare le informazioni in ingresso, impostando delle regole anche direttamente a voce o, ancora, utilizzando semplicemente delle regole preimpostate.

Se la fuga in un’isola deserta non è un’opzione che possiamo prendere seriamente in considerazione, per abituarsi a questo “futuro prossimo” senza venirne travolti può essere d’aiuto (anche come semplice gioco o esercizio) individuare nel proprio quotidiano delle azioni, più o meno ripetitive, che potrebbero trarre beneficio da forme di automazione “virtuale”: dall’attivazione di promemoria (e.g. ricordarsi di cambiare le lenti a contatto ogni X settimane o mesi) alla condivisione di esperienze ( e.g. inviare le foto di una festa in cui è “taggato” un certo bambino ai suoi genitori ) esempi ed occasioni sono tanti.

Proviamoci, potremmo avere delle (si spera piacevoli) sorprese!