Tempo fa abbiamo pubblicato un approfondimento in cui parlavamo dello storydoing aziendale e della differenza con lo storytelling, ma anche del rapporto che lega queste due pratiche.
Per rinfrescare velocemente questi concetti, è importante sapere che:
- Storytelling: raccontare storie che permettano al brand di avvicinarsi al suo pubblico
- Storydoing: realizzare una serie di iniziative che possano incarnare e rendere concreti i valori di una azienda e il suo storytelling
In altre parole potremmo parlare dell’equivalente del dire (storytelling) e del fare (storydoing).
Tuttavia si tratta di due pratiche che hanno bisogno l’una dell’altra:
- se facciamo storytelling senza storydoing: il risultato, spesso, è una comunicazione vuota; se tra i miei valori c’è l’inclusione ma poi non metto in pratica nessuna azione concreta per promuoverla, che senso ha? Si perde il valore di qualcosa che finisce per rimanere solo sulla carta
- se facciamo storydoing senza storytelling: un albero che cade nel bosco fa davvero rumore se non c’è nessuno nei dintorni ad ascoltarlo? Chi lo saprà mai? Ha importanza che sia accaduto? Spesso chi evita di raccontare lo fa seguendo l’adagio “la beneficenza si fa ma non si dice”. Quando si tratta di aziende, però, le azioni che vengono realizzate e promosse per il bene delle persone o del pianeta vanno raccontate eccome, anche per amplificarne l’effetto, coinvolgendo altri e portando maggior beneficio alla causa sostenuta.
Chi già si racconta, quindi, può rendere la sua comunicazione e il rapporto con il pubblico ancora più efficace e credibile mettendo in pratica alcuni dei valori che dichiara propri.
Prima di farlo, però, è necessario che l’azienda abbia chiari i valori che vuole dichiarare all’esterno e che desidera concretizzare con le proprie azioni; quali sono i valori del brand? In che modo sono legati all’azienda? Perché sono importanti?
Sebbene, infatti, qualsiasi azione che si traduca in un miglioramento per le persone o per il pianeta sia importante e preziosa, è utile che le aziende puntino ad iniziative capaci di promuovere i valori sui quali hanno deciso di costruire il proprio business in modo da dare un’immagine coerente di se stesse.
Per questo motivo abbiamo scelto 9 aziende, alcune italiane e altre straniere, che hanno effettivamente messo in pratica alcuni dei valori che hanno dichiarato attraverso progetti, iniziative, azioni, scelte a cui ispirarsi; per alcuni di questi esempi abbiamo preso spunto da una interessante lezione di Giuseppe Mayer sulla piattaforma Carriere.it all’interno del corso “Come costruire un’identità di marca a prova di digitale”.
Andiamo a vedere questi esempi uno per uno!
1) Buffer e la trasparenza
Buffer è un’applicazione per la gestione degli account social.
Tra i valori dell’azienda – ben spiegati in questa sezione del sito ufficiale – troviamo “Default to transparency” con questa descrizione:
As individuals, we view transparency as a lifestyle of authenticity and honesty.
As a team, we view transparency as an effective way to work remotely and establish a culture of trust.
As a company, we view transparency as a tool to help others.
We share early in the decision process to avoid “big revelations.”
We strive to make all communication clear and avoid making assumptions.
Come Buffer rende concreto questo valore di trasparenza? Lo fa in una maniera quasi “estrema” (si parla infatti di “radical transparency”), ovvero pubblicando sul proprio sito web gli stipendi di tutti i suoi dipendenti, dichiarando i criteri attraverso i quali le retribuzioni vengono calcolate.
Questa “trasparenza radicale” permette all’azienda rafforzare la sua credibilità nei confronti del pubblico mentre garantisce anche un’altra serie di valori, ad esempio la parità di retribuzione tra lavoratrici e lavoratori, purtroppo non sempre scontata.
2) LEGO, caring & learning
Tempo fa LEGO ha voluto sottolineare il suo impegno per promuovere l’inclusione e la diversità attraverso varie iniziative: in particolare, LEGO ha voluto plasmare nei suoi mattoncini la realtà e la società che circondano i bambini, e nelle collezioni LEGO nel 2016 è apparso il primo personaggio in sedia a rotelle.
Inoltre, grazie al progetto “Future Builders”, LEGO ha dato la possibilità per la Giornata Internazionale dei diritti della donna di ricreare una pubblicità iconica dell’azienda attraverso un software che permette di caricare la foto di una bambina con una creazione LEGO e aggiungendo poi le scritte e il logo come nell’annuncio originale.
In aggiunta, LEGO sta collaborando con UN Women per fare in modo che l’azienda possa offrire un ambiente lavorativo più inclusivo e paritario.
Se andiamo a sbirciare tra i valori di LEGO, quali sono quelli che vengono meglio incarnati da queste due iniziative?
Caring
Caring is about our desire to make a positive difference in the lives of children, for our colleagues, our partners, and the world we live in. Doing that little extra, not because we have to – but because it feels right and because we care.
Learning
Learning is about being curious, experimenting and collaborating – expanding our thinking and doing, helping us develop new insights and new skills. We learn through play by putting things together, taking them apart and putting them together in different ways. Building, un-building, rebuilding, thereby creating new things and developing new ways of thinking about ourselves, and the world.
3) Pantene (P&G) e il motore di ricerca inclusivo
Pantene è un brand di prodotti per capelli che appartiene al gruppo Procter & Gamble (P&G): per questo esempio, quindi, abbiamo fatto direttamente riferimento ai valori dichiarati da P&G tra i quali troviamo “parità di genere”.
Nella descrizione di questo valore, come prima frase troviamo “At P&G, we’re focused on three areas where we can have the greatest impact. First, we’re leveraging our significant voice in advertising and media to tackle gender bias.”
Il gender bias è quel “pregiudizio” che ci porta a prediligere un genere rispetto a un altro (nella nostra società, e in tante altre, quello maschile rispetto a quello femminile).
Anche le risposte fornite dai motori di ricerca sono influenzate da alcuni bias: se cerchiamo su Google “migliori pittori” i risultati sono tutti uomini; se cerchiamo “capelli perfetti” e andiamo su Google immagini le foto rappresentano tutte donne bianche.
Se cerchiamo “scolaretta” vedremo una serie di immagini ipersessualizzate.
Come fa Pantene per cercare di concretizzare il suo obiettivo di diminuire i bias? Ha creato un’estensione per Google Chrome: S.H.E. (acronimo di Search Human Equalizer).
Installando questa estensione, quando facciamo una ricerca su Google Chrome otterremo risultati più fedeli alla realtà e più inclusivi: cercando “capelli perfetti” troveremo donne di tutte le etnie, alla ricerca “scolaretta” corrisponderanno foto di vere ragazzine in età scolare e così via.
4) Tommy Hilfiger e la linea di vestiti ADAPTIVE per persone diversamente abili
Parliamo adesso di Tommy Hilfiger, casa di moda parte del gruppo PHV; anche per questo esempio, quindi, abbiamo cercato tra i valori di PHV tra i quali appare “inclusione e diversità”; tra i testi che troviamo sulla pagina web vediamo:
“Every individual is valued.
Every voice is heard.”
“We are committed to representing the wide- ranging diversity of our consumers in our marketing and advertising while delivering a great experience in our stores, our products and across the industry through partnership and collaborations.” (Accanto a questa frase c’è l’immagine di una ragazza in sedia a rotelle”).
Il modo in cui il gruppo – attraverso il brand Tommy Hilfiger – ha concretizzato questo valore è molto bello: Tommy ha creato ADAPTIVE, una linea di abbigliamento sviluppata in collaborazione con le persone diversamente abili e i loro caregiver in modo tale da poter realizzare vestiti che rendessero il momento di vestirsi più facile, sia per le persone diversamente abili sia per coloro che se ne prendono cura.
Il risultato è una linea di abbigliamento che comprende cerniere che si allacciano con una mano sola, bottoni magnetici, pantaloni con accessori extra per poterli indossare con facilità e molto altro.
Attraverso ADAPTIVE la moda da esclusiva diventa inclusiva.
5) IKEA e il font del configuratore per divani
Nel 2019 Ikea ha lanciato VALLENTUNA, un configuratore online per divani molto avanzato che permette di progettare il sofà desiderato in base alle proprie esigenze.
Come spesso accade nell’era di internet, uno strumento pensato per un proposito diventa famoso per tutt’altro motivo: questa è stata anche la sorte di VALLENTUNA che ha spopolato sul web grazie alla fantasia degli utenti che si sono scatenati nelle creazioni più strane, trasformando i sofà in tetris, pupazzi, labirinti e anche lettere dell’alfabeto.
IKEA ha deciso di sfruttare l’hype del momento e ha creato SOFFA SANS, ovvero (per dirlo con le parole di IKEA) “the world’s comfiest font. Inspired by our customers’ use of VALLENTUNA planner. Its modular form and relaxed letter-spacing make it one of the most versatile. Also available in life-size.”
Proprio così, un font fatto di divani!
Ora, un’iniziativa del genere è davvero in grado di incarnare un valore? A nostro parere, sì.
Tra i valori che IKEA dichiara c’è “Different with a meaning: we are not like other companies and we don’t want to be. We like to question existing solutions, think in unconventional ways, experiment and dare to make mistakes – always for a good reason.”
In questo caso IKEA è stata capace di ascoltare e interagire nel modo giusto (seppur non convenzionale) con i propri interlocutori, dimostrando di non essere un’azienda “monolitica” e sterile di fronte a qualsiasi tipo di “contaminazione”.
Un’azienda in un caso analogo (utilizzo improprio di uno strumento messo a disposizione dei clienti) avrebbe potuto disabilitare lo strumento o limitarne le potenzialità; per IKEA, invece, questo impiego del configuratore è stato uno stimolo che l’azienda ha recepito, assecondato e fatto proprio ma senza prendersene il merito (dichiarano infatti che il font è “ispirato all’uso che i clienti hanno fatto del configuratore”).
Tra i valori di IKEA ce n’è un altro che, secondo noi, l’azienda ha incarnato molto bene di recente: “Caring for people and planet”; infatti, sebbene il suo catalogo fosse ormai un simbolo e consapevole del fatto che ogni anni milioni di persone attendessero con ansia di avere fra le mani e sfogliare la nuova edizione, l’azienda nel 2020 – dopo 70 anni – ha deciso di smettere di stamparlo su carta ma di renderlo disponibile solo online.
6) Flowe e la crescita personale
Lo slogan di Flowe è “Il conto che ti aiuta a sviluppare il tuo potenziale prendendosi cura del Pianeta”, si tratta infatti di un conto con carta che punta sulla sostenibilità, ed è anche un progetto tutto italiano.
Un altro dei suoi obiettivi è anche un valore: aiutare i clienti nella crescita personale nel loro rapporto con il denaro.
Cosa fa Flowe per riuscirci?
Attraverso una serie di contenuti disponibili sulla sua pagina web (tra cui anche Movement, una serie con pillole di saggezza), l’azienda invita i propri clienti alla maturità, alla crescita e alla consapevolezza.
7) Esselunga e la campagna “Una bottiglia è PET sempre”
Un’altra delle aziende italiane di cui abbiamo deciso di parlare è Esselunga: un brand amatissimo laddove presente con i suoi super e ipermercati, particolarmente apprezzato anche per le sue iniziative.
Quelle legate all’ambiente sono numerose ma vogliamo concentrarci su quella che riguarda gli eco-compattatori di bottiglie PET per spiegare come questa catena della grande distribuzione abbia concretizzato il suo valore “innovazione: crediamo che il talento sia la capacità di immaginare il futuro. Rispondiamo alle sfide con coraggio, garantendo velocità e concretezza nel realizzare le nostre idee”.
Gli ecocompattatori di Esselunga fanno parte della campagna “Una bottiglia è PET sempre”, in collaborazione con Coripet (consorzio volontario per riciclo del PET) ed è un invito a raccogliere in modo corretto le bottiglie ad uso alimentare in PET in modo da avviarle al riciclo attraverso la filiera italiana del “bottle to bottle” producendo rPET, PET riciclato idoneo al contatto alimentare.
Per questo proposito Esselunga ha dotato 9 dei suoi punti vendita (questo è il numero al momento in cui scriviamo) di punti di riciclo in cui smaltire le bottiglie PET: una volta smaltito un numero minimo di bottiglie abbiamo diritto a un buono sconto da utilizzare nel supermercato per l’acquisto di prodotti.
Avevamo parlato nel dettaglio di questa bella iniziativa anche sul blog del nostro portale Ultimoprezzo.com.
8) NEN, un brand che nasce grazie allo storydoing
Per chi ancora non conoscesse NEN, si tratta di un fornitore di luce e gas con alcune caratteristiche che lo contraddistinguono rispetto alla concorrenza:
- look & feel del sito internet fresco e informale
- comunicazione chiara, diretta, spesso divertente e quasi colloquiale (mai irrispettosa)
- trasparenza
- energia 100% green (quando possibile)
- impegno nel rendere consapevoli gli utenti riguardo all’importanza di un consumo responsabile di energia, anche – ma non solo – a loro vantaggio
NEN nasce grazie allo storydoing: fornisce energia 100% rinnovabile, senza alternative.
L’unica eccezione è il gas: come ben spiegato sul loro sito, infatti, “Il gas è un combustibile fossile e come tale inquina, anche se molto meno del petrolio e del carbone. Visto che non esiste un “gas rinnovabile”, compensiamo le emissioni di tutti i nostri clienti finanziando progetti di responsabilità sociale d’impresa, in collaborazione con LifeGate.”
L’azienda ha quindi cercato un modo per abbattere le (inevitabili) emissioni di CO2 legate all’utilizzo del gas e, per farlo, acquista e annulla certificati “carbon offset”, cioè crediti generati da progetti di efficienza energetica che pareggiano le emissioni causate dal 100% del gas venduto e da vendere; questo avviene, appunto, in collaborazione con LifeGate, la società che più di tutte le altre ha promosso la sostenibilità ambientale in Italia.
Un’altra azione concreta portata avanti da NEN, in maniera simile a quanto abbiamo già spiegato per Flowe, è dare ai propri clienti gli strumenti necessari per capire da dove nascono i consumi di casa propria: in questo modo ci sta aiutando a capire come consumare meno e, di conseguenza, spendere meno.
Un fornitore di energia che si impegna a educare i clienti in modo tale che possano consumare meno e quindi spendere meno sebbene questo significhi meno soldi per loro?
Sì, NEN lo fa e anche questo è storydoing.
9) Maire Tecnimont e l’integrità
“Integrità”: quante volte troviamo questo valore dichiarato nei siti web aziendali?
Tantissime, e spesso le definizioni sono piuttosto fantasiose.
Secondo il dizionario Treccani, tra le accezioni di integrità c’è “In senso morale, l’essere integro, incorrotto; onestà, rettitudine assoluta”.
Tra tutte le aziende che si dichiarano “integre”, quante avranno realmente messo in atto azioni concrete per dimostrarlo, ad esempio attivando seri programmi di whistleblowing per proteggere i propri dipendenti che vogliono segnalare illeciti all’interno dell’azienda?
In Italia infatti la Legge 179/2017 del 30/11/2017 a tutela dei dipendenti prevede nelle aziende vi sia “almeno un canale alternativo di segnalazione idoneo a garantire, con modalità informatiche, la riservatezza dell’identità del segnalante” (attraverso la Direttiva Europea n. 1937/2019 è stato introdotto l’obbligo per Enti Pubblici e aziende con almeno 50 dipendenti di attivare programmi di whistleblowing).
Tra quelle che l’hanno fatto c’è Maire Tecnimont, gruppo appartenente al settore dell’ingegneria e dell’energia, che nel suo codice etico dichiara quanto segue: “Le attività del Gruppo e le relazioni di quest’ultimo con i Destinatari e i terzi in genere devono essere improntate alla legalità, integrità, correttezza, trasparenza e lealtà.”
Maire Tecnimont figura tra le aziende che hanno adottato il il whistleblowing di ISWEB non solo adempiendo a un obbligo di legge ma concretizzando la volontà di creare un ambiente dove situazioni contrarie al valore dichiarato vengono più facilmente intercettate e risolte.
Storydoing: solo per i “big”?
Tutti gli esempi che abbiamo visto in questo approfondimento appartengono ad aziende molto grandi, tuttavia lo storydoing non è appannaggio solo delle multinazionali, anzi: anche le realtà più piccole possono trovare un modo di concretizzare i propri valori attraverso iniziative che non per forza devono essere eclatanti.
Chi per mestiere cucina pizze, piatto povero dalla tradizione millenaria e quindi per sua natura “di tutti”, può ad esempio mettere a disposizione la sua cucina e le sue competenze a persone con disabilità cognitive, creando momenti formativi utili e positivi.
Un’azienda che ha tra i suoi valori l’incentivare il lavoro in squadra può sostenere un team locale di uno sport di gruppo, coinvolgendo attivamente il suo personale nell’iniziativa.
Ancora, un’azienda che ha tra i suoi valori l’eccellenza può prevedere delle borse di studio per le studentesse e gli studenti particolarmente meritevoli in un percorso scolastico, magari in qualche modo correlato all’attività dell’azienda.
La “dimensione” dell’azione non conta più di tanto (anche se deve essere proporzionata rispetto alle dimensioni e alle possibilità dell’azienda), quello che conta è la volontà di costruire prima di raccontare e di farlo in maniera coerente con i valori dichiarati.