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Accessibilità digitale: definizione, obblighi di legge (in Italia e in Europa) e perché non è solo questione di disabilità

Stella Fumagalli

Tempo di lettura: 8′

Tempo fa abbiamo dedicato un approfondimento al linguaggio inclusivo, riferendoci a quello di genere ma specificando che l’inclusione, in realtà, va parecchio al di là delle scelte linguistiche e di genere.

L’inclusione infatti tiene in considerazione la presenza di minoranze che di solito non sono rappresentate (o non lo sono abbastanza o lo sono in modo stereotipato): possono essere le donne, il collettivo omosessuale o transessuale, particolari etnie o persone disabili.

Accessibilità digitale: non solo disabilità

Quando si parla di persone disabili il termine più utilizzato è “accessibilità”, e in questo approfondimento ci concentreremo sull’accessibilità digitale, ovvero (utilizzando la definizione dell’Agenzia per l’Italia Digitale) “la capacità dei sistemi informatici di erogare servizi e fornire informazioni fruibili, senza discriminazioni, anche da parte di coloro che a causa di disabilità necessitano di tecnologie assistive o configurazioni particolari.

In realtà pensare che un prodotto digitale accessibile aiuti solo le persone con disabilità è fuorviante; l’accessibilità aiuta tutte le persone con una determinata condizione, sia questa momentanea/ambientale oppure permanente.

Facciamo un esempio concreto: se sviluppiamo un’interfaccia fruibile con l’utilizzo di una sola mano, chi stiamo aiutando?

  • le persone con un arto superiore immobilizzato o mancante (disabilità)
  • le persone con mobilità limitata (disabilità)
  • le persone che stanno utilizzando l’interfaccia con una mano mentre hanno l’altra impegnata con altro, ad esempio una tazza di tè che stanno sorseggiando (condizione momentanea/ambientale)

Altro esempio: perché mettere i sottotitoli ai video è importante?

  • perché così anche chi ha problemi di udito (disabilità) può fruire meglio del contenuto
  • perché sono un aiuto per le persone straniere che capiscono meglio la lingua vedendola scritta invece che parlata (difficoltà momentanea o anche permanente, ma non disabilità)
  • perché aiutano chi sta guardando il video in un contesto in cui non è possibile tenere l’audio acceso (condizione momentanea/ambientale)

Certamente, per tutte le persone che soffrono di qualche tipo di disabilità, la presenza di soluzioni accessibili ha un impatto molto maggiore, che fa la differenza nel rapporto che hanno con i prodotti digitali e, si può dire, con il mondo.

La questione non va sottovalutata: nel nostro Paese, nel 2019, le persone con disabilità – ovvero che soffrono a causa di problemi di salute e/o di gravi limitazioni che impediscono loro di svolgere attività abituali – erano 3 milioni e 150 mila (il 5,2% della popolazione).

Sempre secondo i dati ISTAT 2021 nel nostro Paese le persone non vedenti sono quasi 109.000; i dati per le persone audiolese sono meno recenti ma si parla di circa 7 milioni di italiani con ipoacusia.

Accessibilità digitale in Italia: dalla “Legge Stanca” all’obbligo per le aziende private

Cosa fa l’Italia per incentivare l’accessibilità digitale?

In Italia vige la “Legge Stanca” (Legge n.4 del 2004) che determina le linee guida sull’accessibilità per i siti web dei Comuni, delle Città, delle ASL e AUSL, oltre che di tutte le altre Pubbliche Amministrazioni.

È solo dal 2020 però che le Pubbliche Amministrazioni sono obbligate a pubblicare gli obiettivi di accessibilità del proprio sito web e aggiornarli ogni anno.

Nel 2022 poi sono entrate in vigore ulteriori novità: il decreto legge n.76 del 16 giugno 2020 ha introdotto il medesimo obbligo anche per le aziende private, con un fatturato medio maggiore di 500 milioni di euro negli ultimi 3 anni, di adeguarsi alle stesse normative in atto per gli enti pubblici.

Le aziende con queste caratteristiche hanno tempo per mettersi in regola fino al 2025: quell’anno i requisiti di accessibilità saranno obbligatori per i prodotti digitali (e sempre dal 2025 l’obbligo sarà esteso anche a tutti gli operatori economici).

Questo vuol dire che mentre dal 2022 (2020 per le PA) è obbligatorio pubblicare la dichiarazione di accessibilità (sebbene non ci sia una lista di requisiti obbligatori da rispettare), dal 2025 invece ci saranno tutta una serie di requisiti che bisognerà soddisfare per essere in regola.

Per le aziende private che offrono servizi al pubblico attraverso siti web o applicazioni mobili (sempre con fatturato medio 500+M negli ultimi 3 anni) il 2022 è stato il primo anno con l’obbligo di presentazione (entro il 5 novembre) della dichiarazione di accessibilità (mentre per le Pubbliche Amministrazioni la data limite era il 23 settembre, dal 2023 la scadenza del 23 settembre sarà valida sia per amministrazioni pubbliche che per i soggetti privati).

Ma che cos’è la dichiarazione di accessibilità? Si tratta dello strumento attraverso il quale viene reso pubblico lo stato di accessibilità di ogni sito web e applicazione mobile di cui sono titolari.

Dal 2023 la scadenza del 23 settembre sarà valida sia per amministrazioni pubbliche che per i soggetti privati.

In ogni sito web, la dichiarazione di accessibilità deve essere posta nel piede di pagina con apposito collegamento, mentre per le app deve essere riportata la URL all’interno delle informazioni generali presenti nello store da cui si effettua il download e nel sito web del soggetto erogatore.

Cosa succede se le aziende non dovessero essere a norma con i requisiti di accessibilità? Nel caso in cui l’Agenzia per l’Italia Digitale dovesse rilevare eventuali violazioni, le sanzioni previste potrebbero arrivare fino al 5% del fatturato.

Accessibilità digitale in Europa: lo European Accessibility Act

Oltre alle leggi italiane in tema di accessibilità arrivano anche norme a livello europeo con la legge europea sull’accessibilità (European Accessibility Act – direttiva EU 2019/882 del 17 aprile 2019), una direttiva – recepita in Italia con il D. Lgs 82 del 27 maggio 2022 – che mira a migliorare il funzionamento del mercato interno dei prodotti e dei servizi accessibili, eliminando le barriere create da norme divergenti negli Stati membri.

Fonte immagine: https://ec.europa.eu/social/main.jsp?langId=en&catId=1202&furtherNews=yes&newsId=10316

Gli obiettivi dell’Accessibility Act (che entrerà in vigore a giugno del 2025) sono:

  • stabilire norme comuni sull’accessibilità nell’UE
  • facilitare il commercio transfrontaliero
  • offrire maggiori opportunità di mercato per prodotti e servizi accessibili
  • offrire un maggior numero di prodotti e servizi accessibili a prezzi più competitivi
  • eliminare le barriere nell’accesso ai trasporti, all’istruzione e al mercato del lavoro aperto
  • aumentare il numero di posti di lavoro disponibili dove sono richieste competenze in materia di accessibilità

L’European Accessibility Act riguarderà:

  • computer e sistemi operativi
  • bancomat, macchine per l’emissione di biglietti e per il check-in
  • smartphone
  • apparecchiature televisive relative ai servizi di televisione digitale
  • servizi di telefonia e relative apparecchiature
  • accesso a servizi di media audiovisivi come la trasmissione televisiva e relative apparecchiature di consumo
  • servizi relativi al trasporto aereo, in autobus, per ferrovia e per via navigabile di passeggeri
  • servizi bancari
  • libri elettronici
  • commercio elettronico

Quali sono i requisiti che deve avere un prodotto digitale per essere considerato accessibile?

In Italia le linee guida sull’accessibilità sono stabilite dall’Agenzia per l’Italia Digitale mentre a livello internazionale vige il Web Content Accessibility Guidelines (WCAG) international standard.

Tornando all’Italia e alla Legge Stanca, l’articolo 3 bis dice che:

«2. Sono accessibili i servizi realizzati tramite sistemi informatici, inclusi i siti web e le applicazioni mobili, che presentano i seguenti requisiti:

a) accessibilità al contenuto del servizio da parte dell’utente;
b) fruibilità delle informazioni offerte, caratterizzata da:

  1) facilità e semplicità d’uso, assicurando, fra l’altro, che le azioni da compiere per ottenere servizi e informazioni siano sempre uniformi tra loro;

  2) efficienza nell’uso, assicurando, fra l’altro, la separazione tra contenuto, presentazione e modalità di funzionamento delle interfacce, nonché la possibilità di rendere disponibile l’informazione attraverso differenti canali sensoriali;

  3) efficacia nell’uso e rispondenza alle esigenze dell’utente, assicurando, fra l’altro, che le azioni da compiere per ottenere in modo corretto servizi e informazioni siano indipendenti dal dispositivo utilizzato per l’accesso;

  4) soddisfazione nell’uso, assicurando, fra l’altro, l’accesso al servizio e all’informazione senza ingiustificati disagi o vincoli per l’utente.»

Ci sono altri fattori però da tenere in considerazione per rendere accessibile un prodotto digitale, ad esempio la competenza linguistica di chi lo fruirà.

Un’interfaccia deve avere un linguaggio comprensibile (accessibile) per tutte le persone, non solo per chi ha un livello di istruzione alto: quindi, anche qui, la scelta delle parole è una questione fondamentale (pensiamo all’uso degli inglesismi, che sarebbero del tutto da evitare quando la lingua che stiamo utilizzando ha una parola “autoctona” che si può utilizzare a vantaggio di chi l’inglese non lo sa).

Accanto alle questioni linguistiche ci sono anche quelle culturali: pensiamo ad esempio alla popolazione cinese, abituata a una lingua che richiede uno sforzo cognitivo importante, che non si fa particolari problemi di fronte ad interfacce digitali in cui le informazioni sovrabbondano.

Home page di iFeng/FengHuang (www.ifeng.com), gruppo di emittenti televisive con sede a Hong Kong che gestisce un sito web sempre più popolare e rivolto principalmente alla Cina continentale

Riproporre la stessa interfaccia con gli stessi elementi in Occidente – dove di solito si preferiscono interfacce visuali più semplici, con meno carico di informazioni – vorrebbe dire mettere in seria difficoltà le persone che troverebbero l’interfaccia estremamente confusionaria e difficile da usare.

Ancora, alcuni studi sembrano suggerire che determinati font possono essere più difficili da leggere per chi soffre di dislessia: quindi anche la scelta di come presentare graficamente il testo dovrebbe tenere in considerazione la facilità di lettura anche da parte delle persone che potrebbero avere disturbi della lettura, dell’apprendimento o disturbi cognitivi.

Come sapere se un prodotto digitale è accessibile?

Esistono determinati strumenti il cui scopo è proprio valutare il livello di accessibilità di un prodotto, aiutando a capire cosa va bene e cosa si può (si deve) migliorare.

Un esempio è MAUVE++ Multiguideline Accessibility and Usability Validation Environment, strumento sviluppato dall’Istituto di Scienza e Tecnologie dell’Informazione “Alessandro Faedo” del Consiglio Nazionale delle Ricerche, ma altri strumenti sono elencati in questa pagina.

Perché l’accessibilità è importante per tutta la società, e non solo per le persone con disabilità?

Il progresso di una società e di un Paese (e delle persone ci vivono) si misura anche attraverso:

  • il rispetto nei confronti delle altre persone (soprattutto quelle più vulnerabili)
  • la volontà di rendere la vita altrui più facile
  • ciò che viene effettivamente fatto per raggiungere questo obiettivo

Pensiamo al fumo passivo in Italia: il 10 gennaio 2005 entrava in vigore la legge 3/2003 (art. 51: “tutela della salute dei non fumatori”) che vieta il fumo nei luoghi pubblici chiusi; prima di quella data era normale che si fumasse in bar e discoteche, anche affollati.

A distanza di quasi 20 anni, per la maggior parte delle persone che fumano non accendersi una sigaretta al chiuso e in presenza di altre persone non è solo un obbligo di legge da rispettare ma è una dimostrazione di rispetto ed educazione (ci rendiamo conto che il fumo passivo è dannoso e non vogliamo esporre le altre persone a questo rischio).

Allo stesso modo l’accessibilità digitale non porta un vantaggio solo a chi utilizza un prodotto digitale, ma anche a chi lo offre.

Un prodotto facile da usare, senza ostacoli né barriere ci aiuta a far arrivare un maggior numero di persone al risultato che desideriamo in meno tempo e con minor sforzo: è una dimostrazione di rispetto nei riguardi di chi visita un sito web o usa un’applicazione e, allo stesso tempo, migliora la nostra capacità di dialogare con il mercato e ottenere riscontri economici.

In Axura abbiamo iniziato a occuparci di accessibilità molti anni fa: il nostro percorso in rete, iniziato nel 2002, già nel 2004 ha preso in considerazione questo aspetto, come si può vedere da una ricostruzione archiviata su un popolare archivio online (il link potrebbe non funzionare). Negli anni purtroppo non sempre abbiamo avuto modo di tenere la barra dritta, con delle scelte che a volte ci hanno allontanato dalle attenzioni necessarie per proporre siti ed esperienze accessibili.

In questo inizio 2023 stiamo rimediando, partendo proprio da questo blog e – speriamo presto – anche con il nostro sito aziendale, rafforzando le nostre competenze per aiutare anche i nostri clienti a portare in rete esperienze digitali accessibili. I vantaggi, come abbiamo visto, sono tanti. Quanti? Beh, provate a leggere questo decalogo (se il link funziona, non sempre è consultabile): quando l’abbiamo scritto correva l’anno 2004!