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Storytelling aziendale, l’importanza di raccontare una storia memorabile e consigli pratici per farlo!

Stella Fumagalli

Tempo di lettura: 10′

Non è la prima volta che scriviamo di storytelling: già nel 2014 avevamo dedicato un approfondimento allo storytelling multimediale in contrapposizione alle “fabbriche di emozioni” (ovvero tutti i siti stile Buzzfeed) mentre più di recente – a ottobre del 2017 – avevamo pubblicato una riflessione sullo storytelling aziendale come dialogo tra imprese e persone.

Cosa c’è da dire ancora sullo storytelling? Qual è il motivo che ci porta a scriverne oggi?

Vogliamo parlare di come realizzare uno storytelling efficace che sappia creare una connessione con il nostro pubblico e che renda utile e memorabile ciò che scriviamo.

Ma prima, rinfreschiamoci la memoria: perché è importante (saper) raccontare una storia?

Perché lo storytelling è importante?

Qual è lo scopo di raccontare una storia? L’obiettivo è creare una connessione “umana” tra chi racconta e chi legge in modo tale che il nostro pubblico possa identificarsi con ciò che raccontiamo (e, nel caso di un’azienda, anche con ciò che siamo e che facciamo).

Per un’azienda le storie possono essere utili anche per fare in modo che i propri interlocutori diano un senso alle loro decisioni di acquisto: pensiamo a una persona che vuole comprare un prodotto e sceglie proprio il nostro non necessariamente perché qualitativamente sia migliore di quello della concorrenza ma perché – per come l’abbiamo raccontato – si è sentita in sintonia con la nostra azienda e i nostri valori.

Infatti è nella natura umana cercare un gruppo al quale appartenere, con cui sentirci identificati: le storie danno alle persone i mezzi e gli strumenti per farlo, oltre a permettere alle aziende di allinearsi con i propri interlocutori.

Come raccontare la storia di un’azienda?

Cominciamo a dire come NON raccontarla: uno degli errori più comuni che commettono le aziende quando scrivono la loro storia è raccontare una serie di fatti che si susseguono cronologicamente.

Mettiamoci nei panni di un utente che arriva sul nostro sito per la prima volta: una serie avvenimenti “pratici” e autoreferenziali quanto può farlo avvicinare a noi, a farlo sentire identificato con il nostro brand? Probabilmente poco.

Il punto sta nel raccontare non solo cosa si sta facendo ma anche (anzi, soprattutto) perché lo stiamo facendo: cosa ci ha portato a intraprendere questo percorso? Perché abbiamo deciso di dedicarci a un settore? Come ci proponiamo di migliorare la vita dei nostri clienti?

L’obiettivo è riuscire a raccontarsi in un modo che possa essere interessante per gli utenti e che sappia anche suscitare le loro emozioni (divertimento, tristezza, gioia, etc.).

Sono proprio le emozioni a rendere una storia davvero memorabile, sono i sentimenti che creano quella connessione speciale tra brand e pubblico: per questo raccontare la storia di un’azienda mettendo in risalto solo i traguardi raggiunti e parlando di quanto si è bravi serve a poco se non si riesce a fare appello ai valori dei nostri interlocutori.

Come rendere una storia memorabile?

Per prima cosa dobbiamo essere certi di inserirla nel giusto contesto e, per poterlo fare, dobbiamo essere autentici e consistenti (ne parleremo più avanti).

Simon Sinek durante un TED Talk ha detto che “le persone non comprano ciò che fai, ma comprano il perché lo fai”, un concetto sul quale ha poi scritto anche un libro “Start With Why: How Great Leaders Inspire Everyone To Take Action” (che trovate in questa pagina di Amazon con il referral del nostro Ultimoprezzo.com).

Gli esseri umani più che prodotti o servizi vogliono quindi comprare esperienze: sono alla continua ricerca di identificazione, di un gruppo di cui si possano sentire parte; per questo per un’azienda è fondamentale sapersi raccontare in modo che gli utenti si sentano identificati con il brand e i suoi valori.

Il libro di Simon Sinek che abbiamo menzionato prima si chiama “Start with why”, ovvero “inizia dal perché” e fa riferimento alla teoria del Golden Circle (il “circolo dorato”), ovvero un sistema che aiuta a costruire una storia in modo tale che sia memorabile per gli utenti. Come?

Immaginiamoci tre cerchi concentrici:

  1. nel cerchio più interno (quello di partenza) c’è il “why”, il perché: perché facciamo ciò che facciamo?
  2. nel cerchio intermedio (il secondo step) c’è il “how”, il come: ciò che facciamo come aiuta le persone?
  3. nel cerchio più esterno (l’ultimo) c’è il “what”, il cosa: cosa facciamo?

Può sembrare un percorso scontato, ma pensateci bene: se doveste raccontare la storia della vostra azienda, non vi verrebbe forse da cominciare dicendo qual è il prodotto o il servizio che offrite?

Il “cosa” è invece l’ultimo passaggio del Golden Circle: iniziare con il “perché” e proseguire con il “come” è importante perché questi due passaggi fanno leva sulle emozioni e i comportamenti umani; di conseguenza vengono ricordati più facilmente del “cosa” che fa riferimento alla parte più logica, più pragmatica e meno emotiva.

Una struttura del genere la si può trovare, per esempio, nella pagina “Chi siamo” del nostro cliente ProntoPannolino: solo dopo aver spiegato l’esperienza dei due fondatori e il perché hanno sentito il bisogno di creare un servizio per aiutare gli altri genitori si passa a parlare di ciò che realmente è possibile acquistare sul sito.

Quali sono gli elementi essenziali di una storia?

Abbiamo già detto che una storia dev’essere inserita nel giusto contesto; oltre a questo, non possono mancare:

  • uno o vari personaggi
  • un conflitto o problema
  • una soluzione al conflitto

I personaggi

I personaggi (o il personaggio) fanno in modo che la storia possa svolgersi e che gli utenti abbiano modo di identificarsi con qualcuno: per questo è importantissimo che la storia che raccontiamo giri intorno a problemi/situazioni/bisogni che il nostro pubblico di riferimento vive con frequenza o anche occasionalmente.

Se riusciamo a fare in modo che un potenziale cliente si senta identificato le chance che decida di acquistare il nostro prodotto o il nostro servizio saranno maggiori.

Quando c’è un personaggio, c’è un punto di vista dal quale la storia dev’essere raccontata: non ce n’è uno più giusto dell’altro, la scelta deve ricadere sul punto di vista che si adatta in maniera migliore a ciò che stiamo raccontando e a chi lo stiamo raccontando.

Una storia raccontata in prima persona trasforma il narratore nel personaggio principale: dà la sensazione che la storia sia una sorta di “confessione” di un’esperienza personale e aumenta il senso di autorevolezza (è un punto di vista che, per questo, si usa molto quando chi racconta è una personalità conosciuta).

In una storia narrata in seconda persona i personaggi sono gli utenti che ci leggono ed è quindi necessario conoscere benissimo chi sono i nostri interlocutori (quali sono i loro problemi/bisogni/interessi/valori/sfide) e raccontare la storia con empatia.

La terza persona, infine, si usa spesso per raccontare case study che riguardano clienti già esistenti.

Idealmente sarebbe meglio non passare da un punto di vista a un altro ma decidere quale usare e rimanere coerenti con quella scelta; tuttavia è meglio valutare caso per caso perché potrebbero esserci delle eccezioni.

Conflitto o problema

Il problema o conflitto è fondamentale in una storia: se manca questo elemento la storia non sta in piedi ed è proprio grazie al conflitto che il personaggio (con il quale gli utenti si identificano) cresce, impara e trova una soluzione al problema iniziale.

Il conflitto dev’essere un problema tipico del nostro pubblico di riferimento, ma deve anche aggiustarsi alle varie fasi del customer journey in cui un potenziale cliente potrebbe trovarsi: per questo motivo è necessario creare contenuti ad hoc per ogni fase e per ogni tipo di interlocutore.

Pensiamo, per esempio, a Google e ai suoi strumenti di Google Suite: nel racconto dell’azienda da una parte vengono trasmessi i vantaggi di utilizzare in un team di lavoro una soluzione Cloud dove tutti collaborano (e si rivolge quindi al cliente che sta valutando se passare al Cloud), dall’altra vengono forniti consigli pratici per usare al meglio gli strumenti che Google a disposizione.

In entrambi i casi l’obiettivo è il far lavorare meglio le persone, riuscire a renderle più veloci, avere quindi più tempo per sé stessi, essere in grado di trovare un equilibrio tra vita lavorativa e vita privata: tutti questi obiettivi hanno un ruolo centrale nella narrativa d’insieme di Google.

Soluzione

Se c’è un problema dev’esserci una soluzione: chi ci legge vuole sapere come andrà a finire la storia.

La soluzione svolge diverse funzioni:

  • tira le fila del racconto
  • invita gli utenti a compiere l’azione che desideriamo
  • ulteriore contesto alla storia
  • la arricchisce di emozioni (quale reazione vogliamo causare negli utenti: gioia? Divertimento? Tristezza? Pietà? Non c’è bisogno che la soluzione della storia sia un finale felice)

Probabilmente a molti sembrerà strano che – in ambito commerciale – una storia voglia causare “tristezza” nel lettore: pensiamo però a un’azienda che ha molto a cuore una causa sociale, ad esempio la malnutrizione infantile nel mondo.

L’azienda in questione rende partecipe il suo impegno per questa causa raccontandola al suo pubblico (ma anche ai suoi dipendenti, collaboratori, fornitori, etc.): in questo caso non c’è una soluzione definitiva al problema, ma l’azienda può trasmettere il messaggio che, collaborando e lottando insieme, si può aiutare nel fare la differenza (magari dando l’esempio facendo delle donazioni al raggiungimento di determinate soglie di vendita, etc.).

Vista la potenza di questo strumento, noi ci auspichiamo che venga utilizzato per proporre delle soluzioni “reali” al problema (non “acqua sporca”); avere la consapevolezza di quanto sia potente però ci aiuta anche ad attivare delle barriere quando siamo dall’altra parte, ovvero quando la storia viene raccontata a noi.

La soluzione deve far apparire il conflitto come un problema che esiste ma che non è impossibile risolvere: così facendo possiamo raccontare mentre insegniamo agli utenti.

Autenticità e consistenza

Non si limitano solo ai contenuti che produciamo: se attraverso ciò che raccontiamo diamo come messaggio che il nostro brand si basa su una serie di valori come la tolleranza e il rispetto per il prossimo poi questa filosofia deve rispecchiarsi dappertutto; non possiamo quindi rispondere agli utenti sui social mancando di rispetto o in maniera intollerante (ci auspichiamo che non venga mai fatto a prescindere dai valori che dichiariamo).

Fonte immagine: https://bit.ly/2LwVyt7

Per essere autentici e consistenti nei confronti del pubblico dobbiamo conoscere bene i nostri interlocutori: se siamo una casa di moda e il pubblico a cui ci rivolgiamo è particolarmente attento ai diritti degli animali non possiamo dichiararci sostenitori PETA se anche uno solo dei nostri capi o accessori è confezionato con pelli di animale.

E’ recente il caso di Papa John’s Pizza, una delle maggiori catena di pizzerie statunitensi: accusato di aver usato una parola razzista durante una teleconferenza, nonostante le pubbliche scuse il fondatore John Schnatter si è visto costretto a dare le dimissione “per il bene” del brand; è evidente quindi che quando un rappresentante dell’azienda fa una dichiarazione (nel bene o nel male) nella percezione degli utenti è come se quella dichiarazione venisse dall’azienda stessa (e per questo è fondamentale avere una social media policy), come se fosse una pubblica dichiarazione dei suoi valori.

Senza arrivare ai vertici di un’azienda, vi ricordate del caso del dipendente di Burger King che aveva postato su 4Chan una sua foto con i piedi nell’insalata che avrebbe servito ai clienti?

Questo scherzetto è costato il posto di lavoro a tre dipendenti di Burger King: nonostante l’azienda si sia attivata subito con l’azione disciplinare nei confronti dei colpevoli non ci ha fatto proprio una bella figura; per questo è fondamentale che un’azienda condivida la propria social media policy con tutti, compresi dipendenti, collaboratori esterni e fornitori.

Storytelling efficace = successo assicurato?

Lo storytelling è solo uno degli aspetti che costruiscono l’azienda; se fatto bene è un grande alleato ma anche tutti gli altri ingranaggi devono funzionare correttamente affinché il meccanismo non si inghippi.

Uno storytelling efficace non è abbastanza se non individuiamo il giusto pubblico per il nostro prodotto, se la customer experience non è all’altezza, se il costo non è adeguato nel rapporto con la concorrenza, se la distribuzione non tiene il passo, etc.

Ricordiamo poi che – per quanto efficace possa essere il nostro storytelling – ci sarà sempre una parte di pubblico a cui non interesserà particolarmente ciò che abbiamo da raccontare poiché si concentrerà solo sul prezzo del prodotto, senza tenere in considerazione ciò che sta dietro a quel prezzo (è più basso perché l’azienda costringe i propri dipendenti a lavorare in condizioni pietose? Perché usa processi produttivi a basso costo ma altamente inquinanti? Etc.).

Ultimi consigli

Nello scrivere una storia può essere utile lasciare il titolo, l’introduzione e la chiusa come elementi finali: diventa molto più facile scriverli quando abbiamo già sotto gli occhi la storia finita!

Una volta finita la storia, rileggiamola attentamente:

  • ci sono refusi o errori grammaticali da sistemare?
  • il punto di vista è uno solo? (O se sono di più è voluto perché è utile ai fini della storia?)
  • ci sono parti superflue che non apportano nessun valore alla storia e che potremmo eliminare rendendola meno lunga e più scorrevole?
  • siamo stati chiari, coerenti e autentici?
  • abbiamo comunicato i nostri valori al nostro pubblico?

I valori di un’azienda sono ormai fondamentali per trovare una connessione con i propri interlocutori: basti pensare che il 72% dei millenial e degli Z generation sono dispositi a pagare di più per prodotti o servizi che si impegnano contro il cambio climatico o il sociale (contro solo un 51% dei baby boomers).

Ma come sapere cosa sta a cuore ai nostri utenti? Come comunicare i nostri valori e metterli in pratica affinché non rimangano solo dichiarazioni sulla carta?

Ne parleremo a breve in un approfondimento dedicato alla brand identity e ai valori che le aziende comunicano al mercato!