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Fabbriche di emozioni vs storytelling multimediale, chi vince la tua attenzione? Spoiler: resistere è inutile!

Stella Fumagalli

Tempo di lettura: 10′

Fabbriche di emozioni e long story: è guerra?
Fabbriche di emozioni e long story: è guerra?

Qualche settimana fa abbiamo parlato di content marketing, ovvero quella tecnica, parte dell’inbound marketing, che permette di generare traffico attraverso la creazione di contenuti di qualità, siano questi testi, foto o video.

Il volume dei contenuti presenti in rete è attualmente enorme e destinato a crescere sempre di più, per questo organizzare e catalogare le informazioni disponibili online diventa una necessità.

Per soddisfare questo bisogno viene in nostro aiuto la content curation (siamo sempre nell’ambito del content marketing, di cui fa parte) ossia l’arte di selezionare, organizzare e mettere insieme contenuti di valore diversi ma pertinenti ad uno stesso argomento, con l’obiettivo di facilitare la fruizione delle informazioni che troviamo su internet.

Ogni minuto vengono caricate su YouTube 100 ore di video Statistiche ufficiali di YouTube – dicembre 2013

Siti come Viral Nova, UpWorthy, Buzzfeed e Distractify (per citarne solo alcuni) sono maestri indiscussi di questa tecnica e hanno portato il concetto di content curation fino all’estremo. Sono nomi che non vi dicono niente? Invece dovrebbero, e ora vi spieghiamo il perché.

Le "fabbriche di emozioni" cercano di attirare la nostra attenzione attraverso titoli efficaci
Le “fabbriche di emozioni” cercano di attirare la nostra attenzione attraverso titoli efficaci

Se diamo un’occhiata alle home page dei siti web che abbiamo appena citato, salta subito all’occhio che si tratta di vere e proprie “fabbriche di emozioni” che sfornano ogni giorno decine di storie divertenti, commoventi, simpatiche ma anche controverse e ripugnanti, con lo stesso obiettivo comune: attirare la nostra attenzione in pochi secondi.

In che modo è possibile catturare l’attenzione di chi legge in così poco tempo? Con un titolo costruito ad hoc che faccia leva sulle nostre emozioni e sulla nostra curiosità. Infatti chi collabora con questi siti arriva a scrivere oltre dieci titoli diversi per una stessa storia, per poi sottoporli ad un numero ristretto di lettori e scegliere quello più “irresistibile”.

 

These 28 People Failed So Hard That You’ll Cringe. These Get Better And Better… LOL.

A Python Meets A Crocodile. And After Seeing What Happened, I’m Never Going Outside Again.
E’ anche vero che poi, nella maggior parte dei casi, oltre al titolo c’è ben poco: queste storie sono perlopiù gallerie di immagini, gif o video, e spesso il testo scritto non è nemmeno presente (e non ne sentiamo la mancanza).

Un titolo efficace può fare la differenza tra una semplice storia ed un contenuto virale

Questo modo di proporre le informazioni in maniera frammentata è una delle particolarità delle realtà che stiamo prendendo in esame: servire i contenuti sotto forma di “bocconcini” li rende rapidamente fruibili e particolarmente adatti ad essere condivisi sui social network, Facebook primo fra tutti.

Diventare virali per alcuni di questi contenuti è questione di poche ore, collezionando migliaia di condivisioni (anche se siamo sicuri che saranno in tanti quelli ad aver cliccato su “share” senza nemmeno aprire il link!): Ma perché sentiamo la necessità di condividere queste storie?

Condividere determinati contenuti appaga il bisogno di esprimere il nostro senso di appartenenza
Condividere determinati contenuti appaga il bisogno di esprimere il nostro senso di appartenenza

Da che mondo è mondo gli essere umani, in quanto animali sociali, hanno sempre avuto il bisogno di sentirsi parte di un gruppo; sembra quindi fisiologico che nella società attuale, sempre più individualista, l’esigenza di avere un background comune venga avvertita ancora più intensamente.

Se nel passato i membri di uno stesso gruppo manifestavano questo senso di appartenenza guardando gli stessi film o leggendo gli stessi libri, oggi lo si fa condividendo determinati contenuti sui social network.

Le necessità sono le stesse del passato, cambiano gli strumenti che abbiamo a disposizione per soddisfarle

Le “fabbriche di emozioni” soddisfano un bisogno (quello appunto di emozionare, interessare, incuriosire, etc.) che ci accomuna tutti ma, allo stesso modo, lo amplificano: a chi non è mai capitato di soffermarsi a leggere una storia, da lì intercettarne un’altra e ritrovarsi un’ora dopo con un’indigestione di contenuti virali, dai video di gattini alle storie strappalacrime?

Probabilmente sarà capitato a tutti noi: è proprio il non avere un target di pubblico specifico il punto di forza di questi siti che arrivano ad ottenere volumi di traffico da capogiro e, di conseguenza, finanziamenti a sei zeri.

Buzzfeed ha ottenuto finanziamenti per oltre 46 milioni di dollari

In pochi mesi il fondatore di Viral Nova ha guadagnato milioni di dollari
In pochi mesi il fondatore di Viral Nova ha guadagnato milioni di dollari

46 milioni di dollari. Wow. Anche Viral Nova si è rivelata una miniera d’oro ma, mentre Buzzfeed (che possiamo considerare la “prima” fabbrica di emozioni e collabora con testate dell’importanza di New York Time e New Yorker) è un colosso che conta su uno staff di circa 130 persone, Viral Nova sta in piedi grazie ad un solo uomo: proprio così, un sito che vale milioni di dollari gestito solo ed unicamente da colui che l’ha fondato (e che adesso sta pensando di venderlo).

Ci soffermiamo su questi dati perché facilmente si commette l’errore di pensare a queste realtà come a un hobby per ragazzini coltivato nel tempo perso. Ovviamente non vi è nulla di più lontano dalla realtà dato che i volumi di traffico di queste pagine sono maggiori di quelli di siti come l’Huffington Post o il New York Times!

Il successo di questi siti ci porta ad una domanda: il loro proporre i contenuti in maniera frammentata (che sta cambiando non solo la maniera di fruire le informazioni online, ma anche il nostro modo di pensare) rappresenta il futuro della comunicazione online?

Secondo noi la risposta è no ed il motivo è semplice: se da una parte le “fabbriche di emozioni” stanno ottenendo enorme successo, parallelamente sta crescendo in maniera rapidissima il fenomeno opposto (anche se non mancano i punti in comune), ovvero quello delle long story.

Snow Fall del New York Times è un esempio di long story virale
Snow Fall del New York Times è un esempio di long story virale

Si tende ad attribuire il primo caso di long story allo Snow Fall del New York Times ma iniziano a girare esempi anche in Italia, tra cui quello de La Stampa, ed è un fenomeno destinato ad espandersi sempre più velocemente.

Quali sono le principali caratteristiche di questa tecnica di digital storytelling?

•    la lunghezza, che dev’essere pari o superiore alle 5.000 parole circa;
•    l’utilizzo di un layout in parallasse in cui sia il testo che le immagini utilizzino l’intera estensione della pagina;
•    la presenza non solo di testo ma anche di foto, video, grafici e richiami interattivi a post di Facebook, tweets, etc., per un vero e proprio mashup di contenuti.

Lo snowfalling prende il suo nome da un reportage del New York Times diventato così popolare che è passato ad indicare questa tecnica

E’ evidente che si tratta di una modalità di vivere le informazioni in rete diametralmente opposta a quella delle “fabbriche di emozioni”; quest’ultima è di certo più popolare e di più facile fruibilità, ma le long story sono comunque estremamente apprezzate dal pubblico e anch’esse collezionano senza fatica il loro bel numero di condivisioni sui social network.

Long story e “fabbriche di emozioni”: guerra aperta? Assolutamente no, sono due modalità differenti di proporre contenuti che, inoltre, puntano a soddisfare necessità diverse: leggere una long story è un po’ l’equivalente di guardarsi un film ed appaga il nostro desiderio di immergerci in una storia, assaporarla, dedicarci del tempo, esserne totalmente rapiti.

Le fabbriche di emozioni soddisfano un’esigenza meno “profonda”, ma comunque fondamentale: quella di leggerezza, di frivolezza se vogliamo, il poter disporre di intrattenimento immediato e di rapida fruizione.

Long story e fabbriche di emozioni non si contrappongono perché soddisfano bisogni diversi

Non vogliamo dare giudizi di valore o determinare quali siano i contenuti più o meno meritevoli di attenzione o rispetto: stiamo parlando da una parte del nostro bisogno di leggerezza e dall’altra della nostra esigenza di impegno e serietà, due componenti necessarie per mantenere il giusto equilibrio ed a cui va dato il giusto peso.

Come dentro ad ognuno di noi, è abbastanza naturale che in rete ci sia spazio per tutto: i “fenomeni”  di cui abbiamo scritto sono entrambi segno dei tempi, con la loro crescita vengono a  crearsi nuove economie che richiedono nuove competenze e segnano ancora di più il distacco con il passato.

Per editori, giornalisti e tutte quelle figure che fanno dello scrivere e pubblicare contenuti il proprio mestiere ma che sono ancora ancorati alle modalità più “tradizionali”, prendere atto di queste nuove realtà è il primo passo per non esserne travolti ma, anzi, trovarvi spazio nella propria offerta al mercato.