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I primi partner Google AdSense certificati in Italia

Alberto Giacobone

Tempo di lettura: 15′

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Con Google AdSense, Google prende in carico la gestione di spazi pubblicitari di partner selezionati per creare un’esperienza pubblicitaria di qualità.

Questo post inizia con un’ammissione di colpa: lasciar passare 5 mesi dall’ultimo post in un blog aziendale è un errore da non compiere. Se si vuole realmente crescere come impresa, al di là delle vicende e degli impegni di tutti i giorni, non ci si può permettere di lasciare non presidiata così a lungo una risorsa chiave come il blog aziendale.

Do as I say, not as I do”, ovvero il classico “fate quello che dico, non quello che faccio”, è un motto sempre meno credibile e sempre più fastidioso in una realtà in cui le informazioni circolano sempre più rapidamente e, per fortuna, sono sempre più accessibili.

Atto di contrizione e ristrutturazione delle procedure aziendali in merito a parte, sono stati sicuramente mesi intensi e costruttivi.

La novità che anticipiamo nel titolo di questo post è una delle più significative e corrisponde ad un traguardo che rappresenta più un punto di partenza: Axura è il primo partner Google AdSense certificato in Italia ( e tra i primi 10 al mondo!) … vediamo insieme di cosa si tratta! 😉

Per chi lavora nel campo dello sviluppo e promozione di siti internet è davvero difficile non avere avuto a che fare con Google AdWords, il programma di gestione della pubblicità di Google che da solo effettua più del 50% della raccolta di budget pubblicitari a livello mondiale.

Google AdSense è il corrispondente programma di monetizzazione con cui – semplificando – Google prende in carico la gestione di spazi pubblicitari di partner selezionati per mostrare la pubblicità che gli inserzionisti AdWords (insieme ad altri inserzionisti) scelgono di pubblicare.

Per inquadrare Google AdSense, di che numeri stiamo parlando?

Guardando ai dati finanziari di Google, nel 2010 i “costi di acquisizione del traffico” (ovvero soldi principalmente destinati agli editori aderenti al programma Google AdSense) erano di circa 7 miliardi, per arrivare a 11 miliardi solo 2 anni dopo, nel 2012.

11 miliardi di dollari: è più del 10% dei circa 100 miliardi di dollari stimati da Forbes come investimento globale in pubblicità online nel 2012.

Questo “enorme” importo viene corrisposto a centinaia di migliaia di editori, sparsi in quasi tutto il mondo, che trovano in Google AdSense il sistema ideale per far rendere i propri spazi pubblicitari.

I vantaggi sono davvero molti, soprattutto per gli editori più piccoli. Vediamone insieme alcuni:

1. Non serve una figura commerciale dedicata alla raccolta pubblicitaria

Le strutture editoriali più grandi hanno dei reparti aziendali dedicati a questa attività, mentre spesso le più piccole affidano l’incarico a delle concessionarie pubblicitarie che gestiscono gli spazi affidati in cambio di una percentuale sul venduto (spesso attorno al 50% di quanto incassato).

Che si parli di figure interne o esterne all’azienda, i costi per la raccolta pubblicitaria effettuata tramite strumenti tradizionali sono molto elevati ed incidono significativamente su quanto poi resta – al netto – a disposizione dell’editore.

Proprio a fronte di questi costi, se non ci fossero sul mercato alternative rispetto ai metodi tradizionali la raccolta pubblicitaria risulterebbe troppo onerosa e, di conseguenza, insostenibile.

2. Non serve del personale amministrativo dedicato alla gestione degli inserzionisti, dalla fatturazione alla riscossione degli importi pattuiti

Gestire in autonomia la raccolta pubblicitaria significa avere a che fare, potenzialmente, con molti inserzionisti. Ognuno di questi va gestito dal punto di vista contabile e – fattore da non trascurare di questi tempi – dal punto di vista della riscossione del credito.

Tanti contratti, tante fatture, tanti soggetti diversi da cui farsi corrispondere quanto dovuto: il carico per la struttura amministrativa di queste attività è da calcolare adeguatamente e sottrarre al netto percepito.

3. Non serve un amministratore degli spazi pubblicitari, che carichi le campagne pubblicitarie acquistate dagli inserzionisti, ne verifichi il corretto andamento e le rimuova al termine.

Caricare i banner dell’inserzionista (dopo avergli comunicato le caratteristiche degli spazi pubblicitari), coordinarsi con lui nel caso qualcosa non vada bene, seguire l’andamento della campagna pubblicitaria, raccoglierne i dati e metterli a disposizione dell’inserzionista per una corretta valutazione: sono solo le principali attività che vanno seguite da vicino nel momento in cui si vendono direttamente i propri spazi pubblicitari.

Se queste attività vengono seguite da una concessionaria pubblicitaria, tipicamente il loro costo è assorbito nel 50% sopra riportato. Se però la gestione degli spazi è diretta, l’editore dovrà dedicare il tempo di una o più figure (con le giuste competenze) a queste attività e dovrà quindi sottrarne il costo da quanto percepito dall’inserzionista.

Se le varie voci di costo sopra riportate, tipiche di una tradizionale raccolta pubblicitaria, rendevano difficile – se non impossibile – per un piccolo editore proporsi al mercato, figuriamoci il prestare attenzione alla “qualità dell’esperienza pubblicitaria per i visitatori”, problema che anche grandi strutture fanno fatica a risolvere.

La qualità dell’esperienza pubblicitaria è una caratteristica che può essere osservata in relazione a più soggetti, elenchiamoli:

a) Il destinatario

Chi fruisce della pubblicità può dire di aver avuto un’esperienza di qualità se ne trae del valore, sia questo sotto forma di utilità o piacere.

Una pubblicità che mi fa scoprire un’occasione su di un acquisto che stavo per fare e mi aiuta a risparmiare mi è sicuramente utile, e apprezzerò sia la pubblicità sia il “contesto” in cui ne ho fruito.

Ancora: una pubblicità gradevole, anche se distante dal mio interesse specifico, capace di strapparmi un sorriso o un apprezzamento, potrebbe comunque lasciare un segno positivo.

E’ importante sottolineare come la percezione della pubblicità deve sempre essere osservata in relazione al suo contesto: capita con una certa frequenza che alcune pubblicità vengano mostrate in corrispondenza di contenuti che ne rendono la percezione sgradevole, se non addirittura inopportuna; è il caso ad esempio di una pubblicità di una compagnia di crociere a fianco di un articolo in cui si mostra una nave di quella compagnia, incagliata.

b) L’editore

Un editore che presta attenzione alla qualità dell’esperienza pubblicitaria dei visitatori ottiene un triplice vantaggio:

  1. aumenta la qualità percepita della visita, in generale;
  2. può permettersi di tenere una pressione pubblicitaria più alta;
  3. tipicamente, ottiene una resa superiore.

La pubblicità contribuisce in maniera determinante all’identità del prodotto editoriale.

Immaginiamoci una risorsa dedicata al mondo dei grandi profumi, infarcita di pubblicità su profumi dozzinali e a basso costo: la distonia percepita dal visitatore renderà la visita sgradevole e, potendo scegliere, probabilmente quest’ultimo si recherà altrove. Lo stesso rischio lo correrà una risorsa editoriale piena di pubblicità che solo una parte dei visitatori “sente vicina”: se la pressione pubblicitaria si manterrà elevata, i visitatori si allontaneranno.

c) L’inserzionista

Una pubblicità ben fatta e mostrata nel giusto contesto a un destinatario che la ritiene di valore è un ottimo investimento, una vera esperienza pubblicitaria di qualità.

Se questo è l’ideale a cui tendere, non sempre il processo di acquisto porta a questo risultato e spesso l’inserzionista deve accontentarsi di “approssimazioni” che lo allontanano (consapevolmente o meno) dall’ideale.

Di questo “fallimento” abbiamo esperienza – come consumatori – ogni giorno: quante volte vediamo pubblicità che non ci interessano minimamente? Quante volte “percepiamo” la pressione pubblicitaria, restandone infastiditi fino al punto da cercare di evitarla ad esempio attraverso dei software come i cosiddetti “ad blocker”?

Il primo a non desiderare questo risultato è proprio l’inserzionista, che vede il suo investimento pubblicitario non raggiungere l’obiettivo per cui è stato stanziato.

Quello che Google mette a disposizione del mercato con AdSense è un servizio di incontro “domanda e offerta” che eccelle su moltissimi fronti, ed è questa “sostanza” che ne decreta il successo planetario. Vediamone alcuni:

a) Volume di domanda e offerta

Il numero di inserzionisti ed editori che si avvalgono di questa piattaforma è uno dei suoi vantaggi: in questo momento è indubbiamente la piattaforma con il maggior numero di soggetti coinvolti, spazi pubblicitari messi a disposizione e inserzionisti disposti ad investire per ottenerli.

Il mercato è in costante evoluzione e ci sono molte piattaforme che competono per l’intermediazione di spazi pubblicitari: la sfida è sempre aperta per chi innova ed offre valore.

b) Algoritmi di “incontro domanda e offerta”

Quando apriamo una pagina web che contiene degli spazi pubblicitari messi a disposizione di Google AdSense, il sistema di Google nel giro di pochissimi millisecondi determina come “riempire al meglio” quegli spazi. Per farlo, mette in gioco centinaia di variabili: dal contenuto di pagina alla precedente esperienza di visita del visitatore, dal momento della giornata alla posizione geografica e così via.

Si tratta a tutti gli effetti di un meccanismo di RTB, ovvero Real Time Bidding (offerta d’asta in tempo reale), che assicura un’esperienza pubblicitaria di qualità.

L’architettura informatica necessaria per ottenere questo tipo di risultato – senza parlare di potenza di calcolo e qualità della connessione ad internet – è estremamente sofisticata.

La velocità di risposta della piattaforma pubblicitaria è – purtroppo per utenti ed editori – un dato spesso trascurato nella scelta di una piattaforma pubblicitaria, anche se è facile capirne l’importanza.

Google stessa ha chiaramente dichiarato che la velocità di risposta di un sito web è un fattore determinante per il suo posizionamento nei motori ed offre numerosi strumenti per aiutare chi realizza tecnicamente i siti web a migliorare i tempi di risposta. Pochi decimi di secondo possono fare la differenza tra l’essere presenti nella prima pagina di risultati di ricerca per una determinata keyword oppure essere nella seconda o terza pagina.

Quando una concessionaria pubblicitaria o un network di affiliazione prende in carico la gestione di uno spazio pubblicitario, chiede all’editore di mettere del codice nella sua pagina che richiama la piattaforma esterna che fornirà i contenuti da mostrare negli spazi pubblicitari.

Molto (troppo) spesso, queste piattaforme rispondono con tempi lunghi a tal punto da diventare un fattore di penalizzazione nel posizionamento del sito: in pratica l’editore, trascurando questo fattore ed affidando il suo spazio pubblicitario ad esempio ad una concessionaria i cui server rispondono “non sufficientemente in fretta”, sta ottenendo l’effetto di penalizzare il suo sito per il posizionamento naturale nei risultati dei motori di ricerca. Sono ancora molto pochi gli editori consapevoli di questo problema, su cui – nell’interesse dell’intera industria pubblicitaria e dell’esperienza di visita degli utenti – sarebbe bene accendere i riflettori.

c) Strumenti di gestione degli spazi pubblicitari a disposizione dell’editore

Google ha scelto di investire significativamente nel mettere a disposizione degli editori strumenti di gestione degli spazi pubblicitari particolarmente evoluti: a ben impiegare questi strumenti si possono contrassegnare questi spazi, aggregarli in canali, caricarli dinamicamente e molto altro.

E’ molto importante sottolineare che Google consente in maniera chiara e facilmente gestibile di decidere anche cosa “non mostrare” negli spazi pubblicitari, soprattutto per quanto riguarda categorie più sensibili come possono essere annunci afferenti a gioco d’azzardo, politica, religione, etc.

Nel permettere agli editori di “rinunciare” a mostrare sul proprio sito questo tipo di contenuti, indica anche il potenziale di introiti pubblicitari a cui si sta rinunciando sulla base di indicatori statistici con un buon grado di approssimazione.

Questa “granularità” nella gestione degli spazi pubblicitari (senza parlare della possibilità di non mostrare inserzionisti specifici) mette l’editore al timone di una politica pubblicitaria che rientra tra gli impegni a cui ogni editore non dovrebbe rinunciare.

d) Strumenti di reportistica e analisi

Quanto “rende” il mio spazio pubblicitario? Averlo spostato da sinistra a destra nella pagina lo fa rendere di più o di meno?

Queste – insieme a molte altre – sono domande a cui gli strumenti di reportistica e analisi messi a disposizione da Google possono dare risposta nel giro di “ore”, quasi in tempo reale: molte informazioni, subito disponibili, per permettere di valutare le scelte effettuate (posizione degli spazi, loro caratteristiche, etc.) ed intervenire se lo si ritiene opportuno.

Oltre ad avere un accesso diretto a queste informazioni, tramite API particolarmente ricche è possibile estrarle ed integrarle in applicativi esterni.

E’ davvero difficile trovare questo livello di accesso e trasparenza in altre piattaforme e servizi ed ancora oggi molti editori si trovano a “valutare” dei report mensili sulla resa dei propri spazi pubblicitari in formato “foglio elettronico”, un metodo che offre risultati molto limitati.

Se si mettono insieme i diversi punti di eccellenza (e quelli elencati sono solo alcuni) di Google AdSense ci si rende conto del “salto in avanti” che questa realtà ha fatto fare al mercato dell’intermediazione pubblicitaria, anche in termini di  “trasparenza” e “verificabilità” dell’impiego delle risorse pubblicitarie.

Torneremo a parlare di Google AdSense nelle prossime settimane, per raccontarne più nel dettaglio alcuni aspetti: nel frattempo, per chi è interessato ad approfondire i nostri servizi in qualità di partner certificati Google AdSense, abbiamo realizzato un apposito sito http://adsense.axura.com/ 😉