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Comunicare per crescere: le aziende e le notizie che non vengono scritte

Alberto Giacobone

Tempo di lettura: 5′

Le aziende italiane hanno una scarsa propensione a comunicare e condividere il proprio percorso d'impresa
Le aziende italiane hanno una scarsa propensione a comunicare e condividere il proprio percorso d’impresa

E’ online il nuovo sito“: a voler fare una statistica tra le notizie pubblicate dalle PMI italiane sui loro siti, questo titolo (in una delle sue possibili declinazioni) vincerebbe a mani basse su tutti gli altri. Il motivo? E’ presto detto: in molti casi si tratta dell’unica notizia pubblicata sul sito, troppo spesso per anni e anni.

E’ così che si esce dalla crisi?

Chi propone la realizzazione di siti internet alle aziende, non manca ormai quasi mai di mettere a disposizione un’area notizie dove, attraverso facili strumenti gestionali, il titolare dell’attività o chi per lui può rendere pubbliche le novità aziendali.

Peccato che, il più delle volte, la prima notizia viene scritta da chi ha predisposto il sito (di solito una figura con formazione “tecnica”) e rimane poi abbandonata a sè stessa, senza che seguano nel giro di poco altre novità, lasciando l’area notizie quasi completamente vuota e totalmente incapace di svolgere il compito per cui era stata progettata.

Chi è senza peccato scagli la prima pietra: gli impegni quotidiani, i mille pensieri, le priorità e… Il tempo passa. Ecco così che l’area notizie del sito rimane “orfana” anche per lunghi o lunghissimi periodi, anche se nel frattempo l’azienda continua la sua vita: si evolve, cresce o si snellisce, si apre a nuovi mercati, si muove in scenari che mutano e tutto il resto del quotidiano di  ogni azienda.

In Italia abbiamo un tessuto di piccole (spesso micro) e medie imprese ricchissimo, capace di ottenere risultati importanti, spesso di rilievo internazionale, a partire da risorse il più delle volte “insufficienti”, se guardate con i parametri “internazionali”: in molti, da tutto il mondo, ci osservano per queste peculiarità cercando di “carpire” la formula magica.

In mercati però sempre più globali, con le aziende di molti settori che devono per forza guardare all’estero anche solo per sopravvivere, queste nostre “peculiarità”, da sole, non bastano più: le dimensioni “microscopiche” delle nostre imprese non ci consentono di fare le necessarie economie di scala e troppo spesso “reinventiamo la ruota”, disperdendo preziose energie di personale altamente competente in attività collaterali, sottraendole così dal cuore della nostre attività.

Il peccato più grave (in tempi di crescita economica e ancor più in tempo di crisi) è però una scarsa (o meglio scarsissima) propensione a comunicare e condividere il proprio percorso d’impresa, la vita dell’azienda e dei suoi mercati di riferimento.

Se la scusa numero uno per questa mancanza è un sempreverde “non ho tempo”, a ruota segue un “non so cosa scrivere” a parimerito con un “non c’è nulla da dire”.

Questa “disabilità comunicativa” era, per quanto un handicap grave, meno rilevante nel momento in cui le aziende si incontravano e scoprivano nel contesto delle “fiere di settore”, momenti di aggregazione in cui non era raro che le persone con potere decisionale scoprissero nuovi potenziali fornitori.

Oggi però a farla da padrone nella scoperta di nuovi potenziali fornitori è il web, in quanto è diventata un’abitudine diffusa l‘impiego dei motori di ricerca per individuare risposte alle proprie esigenze: dal componente al macchinario, partendo da parole chiave più o meno mirate, vengono cercati (e trovati) attraverso internet.

Non raccontare con regolarità, in italiano ma soprattutto in inglese, quello che realizziamo nelle nostre imprese significa in buona sostanza non essere presenti nei risultati di queste ricerche e anche quando si viene trovati, si rischia di far dubitare chi sta dall’altra parte dello schermo: se l’ultima notizia risale a molti anni addietro, l’azienda è ancora operativa? Mi potrò fidare?

Quante imprese nostrane avrebbero potuto vincere importanti commesse all’estero, grazie alla loro eccellenza produttiva, se solo chi stava cercando quei prodotti e quei servizi attraverso internet le avesse trovate presenti in rete grazie a siti aggiornati?

L’opportunità commerciale si mischia con il tecnicismo: la “freschezza dei contenuti” è da sempre un parametro importante per i motori di ricerca (Google in primis) e anche nei recentissimi aggiornamenti degli algoritmi di ricerca a questo fattore è stato ancora più peso.

Scrivere quindi con impegno e regolarità sul proprio sito internet è un investimento “a rendere”, capace di valorizzare gli altri sforzi compiuti per inseguire la strada dell’eccellenza e di consentire all’azienda di ottenere maggiore attenzione, anche da parte di potenziali acquirenti.

Gli argomenti di cui scrivere sono davvero molti: da quelli più ovvi (novità di servizio e prodotto, partecipazione a fiere, etc.) a quelli meno evidenti (scelte organizzative, scenari di mercato, etc.) ma non per questo meno interessanti. Dalle guide alla scelta alle guide all’impiego, da elenchi di casi di successo a elenchi di “cose da non fare”: si può scrivere molto, senza con questo rinunciare alla dovuta riservatezza su argomenti che lo meritano, come ad esempio dei processi produttivi segreti.

Un caso quasi estremo di “microimpresa” italiana che è cresciuta molto anche grazie alla sua propensione a comunicare e condividere è quello di Balsamiq, un micro sviluppatore di software che nel 2011 ha fatturato circa 5 milioni di dollari, a soli 3 anni dalla sua fondazione da parte di Giacomo (Peldi) Guilizzoni.

In questa azienda “tutti scrivono” e condividono il percorso che l’azienda sta compiendo verso traguardi sempre più importanti, adottando la massima trasparenza anche sugli errori che immancabilmente capita di compiere. La loro visibilità presso il pubblico di professionisti che poi rimane anche il loro più importante bacino di potenziali clienti è altissima, così come la reputazione che hanno saputo costruire negli anni.

Questa scelta strategica ha consentito a Balsamiq inoltre di assicurarsi la collaborazione a tempo pieno di professionisti di spicco, attirati non solo da una retribuzione adeguata ma anche dall’effettiva partecipazione ad un’impresa di cui condividono i valori.

Se quello di Balsamiq è un estremo (a cui aspirare), nel mezzo c’è una concreta possibilità per centinaia di migliaia di imprese che in questo momento non stanno comunicando di iniziare a farlo, facendo scoprire al mercato tutto il loro valore e potenziale.

E’ anche così che si esce dalla crisi.